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Recensioni di libri

La densità del vuoto di Matteo Piergigli

Samuele editore, 2019 - Piergigli esprime una condizione ontologica dell’essere Uno. L’Uno deve diventare, o meglio esprimersi come molteplice, per conoscersi in ogni sua sfaccettatura e possibilità creativa, “al di là delle maschere”.

Graziella Atzori Pubblicato il 07-09-2020

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La densità del vuoto

La densità del vuoto

  • Autore: Matteo Piergigli
  • Categoria: Poesia
  • Anno di pubblicazione: 2019

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Già nel titolo La densità del vuoto, silloge di Matteo Piergigli (Samuele editore, 2019, p. 88) con prefazione di Francesco Sassetto, pensiamo alla straziante dualità della vita. Straziante perché tutti vorremmo raggiungere un ideale, quasi sempre negato e reso vuoto dal suo opposto, finito tra ciò che è estinto spesso incompiuto, da riciclare, da ricordare:

“Frugando tra i rifiuti nel giardino / riscopro brandelli di passato / avvolti in stracci intrisi d’olio. / Amori esausti, occhi prosciugati / da vite diventate inutili. Bocche / affamate da un gelo senza scampo. / Il compostaggio degli uomini / non finisce mai.”

Resta il ricordo (splendido quello del padre, ricordo del suo dopobarba in cui si addensa l’intera figura) che, insieme all’inevitabile dualismo dell’esistere, appare tema portante di versi secchi, essenziali, illuminati da metafore.
Il vuoto, il non senso dei giorni, o la ricerca di senso, le “cose rotte”, i “brandelli”, sono incomunicabilità, e qui non si può dimenticare la grande lezione cinematografica di Antonioni. Anche Piergigli è cinematografico perché ricco di istantanee in tutte le sezioni del libro, è immaginifico senza essere lussureggiante, senza iperboli né intensità forzate, ma umilmente intense:

"Osservo le crepe / dell’intonaco scrostato / e cerco il senso delle cose rotte / che il tempo ricompone”

Eppure, eppure... anche nel vuoto esiste l’osservatore per dirlo, esiste il poeta che puntualmente canta per sé e per chiunque:

"Come va? / Non riesco più a dormire / Fuori i semafori cambiano colore / il Brent sale, le strade restano sfondate”

E anche:

“Ho finito i baci di scorta / c’è vuoto appeso negli scaffali / del vuoto a perdere dei giorni”

Amarissimo il tono, con la constatazione quieta dell’inevitabile, del non mutabile, eppure dicibile come riscatto. Quel vuoto è un “noi”. Ed è denso di vita, sebbene spezzata. Denso di “amore che non scade”. Le figure ritratte nella sezione Personae ("persona" è maschera in greco, sottolinea giustamente Sassetto) sono un momento corale, una non può essere separata dalla seguente. Le vediamo sfilare una dietro l’altra, ma le percepiamo come un unicum. Il sogno serpeggia nelle loro esistenze e le collega, così come accade nella nostra esistenza:

"Michela al Mirage / serve sorrisi a colazione, / anche a pranzo e cena / c’è chi ordina un sorriso / appena condiviso e lei / sorride sempre e sogna / sogna sulla pelle”

Il sogno è il contraltare pieno del vuoto esistenziale. Inevitabile sorge una domanda: perché la nostra vicenda umana è tanto svuotata di senso, saccheggiata? Perché il suo residuo finisce in ceste di biancheria-ricordi tanto simili all’immondezzaio o al “compostaggio”? La domanda invisibile aleggia nei versi come un fantasma. Alla fine Anna, la prostituta magnifica degna delle puttane di De Andrè - rivestite di poesia come Anna è rivestita anche quando “ammaina le mutande / quelle bianche con i topolini” - alla fine Anna “riempie il vuoto con il vuoto”. Verso criptico ma anche decisivo per sondare a fondo la poetica dell’autore, illuminante! Forse qui Piergigli risponde alla domanda non posta. Siamo soli e “vuoti” perché la dignità dell’uomo, al di là di ogni discorso sociologico epocale (che pure avrebbe la sua validità, il dio denaro dei monopoli distrugge ogni legame...) chiede, esige la solitudine. È la solitudine dell’Io, scritto con la maiuscola, che Borges ratifica in quasi tutta la sua opera, e in modo che dà la vertigine, specie nella poesia dedicata a Susana Bombal, che termina con “E al di là delle maschere e dei miti, / l’anima, che è sola”.

Piergigli esprime una condizione ontologica dell’essere Uno. L’Uno deve diventare, o meglio esprimersi come molteplice, per conoscersi in ogni sua sfaccettatura e possibilità creativa, “al di là delle maschere”. Ma lo stato solitario, oltre che la propria interezza e unicità, rivela paradossalmente anche la mutilazione e la perdita di quanto nell’attimo resta in ombra, inconscio potremmo dire.
A questa bella raccolta si addice la misteriosa formula del buddhismo zen: “Il pieno è vuoto, il vuoto è pieno”. Il poeta la ripete ben due volte nelle ultime poesie, ed è sempre Anna, la “profetessa” novella Iside, che lo esperisce per tutti noi, la donna rivelatrice di un segreto che si svela, e nasconde, vivendo.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La densità del vuoto

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