

L’industria dell’Olocausto. Lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei
- Autore: Norman G. Finkelstein
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
L’industria dell’Olocausto. Lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei di Norman G. Finkelstein (Meltemi, 2024, trad. di Daria Restani) è un libro che ha sollevato questioni scomode e una grande quantità di polemiche, anche feroci. Le tesi principali sostenute dall’autore, docente universitario a New York, ebreo americano e figlio di sopravvissuti allo sterminio, è che la narrazione dell’Olocausto sia stata, a partire dal 1967, uno strumento ideologico per far apparire Israele come una nazione-vittima per scopi politici e finanziari.
A me sembra che l’Olocausto venga venduto, più che insegnato.
Gli indennizzi chiesti alla Germania e alle banche svizzere servono per arricchire una casta e non per risarcire le vittime. L’autore ritiene inoltre che la memoria dell’Olocausto sia fortemente deformata dall’ideologia e dagli interessi. Israele e gli Ebrei, secondo questa prospettiva, si comportano in modo da sfruttare il ricordo dello sterminio di cui sono stati protagonisti: chi si oppone alle politiche di Israele è sovente accusato di antisemitismo e l’Olocausto è diventato una specie di industria.
Le fonti citate sono soprattutto libri di storici americani e israeliani, articoli di giornali e documenti di organizzazioni ebraiche.
L’attuale campagna dell’industria dell’Olocausto per estorcere denaro all’Europa in nome delle vittime bisognose ha ridotto la statura morale del loro martirio a quella di un casinò di Montecarlo.
Secondo Finkelstein, Israele ha gonfiato il numero dei morti per poter chiedere più risarcimenti e utilizza l’Olocausto per giustificare parte delle sue politiche e ottenere sostegno internazionale.
Com’era prevedibile, il libro ha scatenato una serie di reazioni sia positive che negative, a volte estremamente dure, sia a livello politico che sociale e anche accademico, soprattutto in Israele e negli USA. Le accuse al libro vanno dalla sua non autorevolezza alla minimizzazione e banalizzazione della sofferenza, fino alle accuse di antisemitismo. Molti pareri favorevoli si sono concentrati soprattutto sul merito del libro di aver messo in luce un problema che richiede riflessioni profonde.
Se il mondo vuole vedere morti gli ebrei, c’è davvero da stupirsi del fatto che essi siano vivi e che, diversamente dalla maggior parte dell’umanità, non stiano proprio morendo di fame.
I temi esaminati non sono nuovi perché su di essi esiste una vasta letteratura, insieme a un confronto dialettico e democratico. Tuttavia questo è un libro duro, a tratti persino sgradevole eppure quasi necessario, non perché Finkelstein abbia ragione su tutto ciò che dice, ma se non altro per aver sollevato un certo interesse internazionale su problemi estremamente delicati soprattutto in Francia, Gran Bretagna e in Germania, dove ha scalato le classifiche delle vendite.

L'industria dell'Olocausto. Lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei
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