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Recensioni di libri

L’accordo. Era l’estate del 1979 di Paolo Scardanelli

Carbonio editore, 2020 - La letteratura sugli anni Settanta potrebbe avere individuato in Paolo Scardanelli il suo nuovo cantore: il cantore più irredento, non pedissequo. E icastico.

Mario Bonanno
Mario Bonanno Pubblicato il 29-09-2020
L'accordo. Era l'estate del 1979

L’accordo. Era l’estate del 1979

  • Autore: Paolo Scardanelli
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Carbonio editore
  • Anno di pubblicazione: 2020

Il 1979 è stato l’anno degli ultimi fuochi. Per le strade qualcuno combatte ancora, ma senza vero slancio ideale: asseconda quasi una coazione a ripetere, fine a se stessa. Dopo l’omicidio a freddo di Aldo Moro, in Italia niente è più lo stesso e come prima. Sgravarsi del peso dell’impegno politico diventa il diktat di un decennio al crepuscolo: gli anni Settanta striminziscono in un grado zero fatto di individualismo, miopia, e rincorsa a surrogati di benessere.
Alle pagine 16 e 17 del solido esordio narrativo di Paolo Scardanelli, L’accordo. Era l’estate del 1979 (Carbonio editore, 2020), è descritto un bilancio in cui è possibile riconoscersi:

“Era il tempo della mediocre Juventus impiegatizia dei dopolavoristi in ciabatte e calze bianche spugnose. Dei Luciano lama spernacchiati, dei compagni che sbagliavano, del né con, né con, di Cristo in croce per i suoi peccati, non per i nostri […] di Joyce sopravvalutato, della fallaci simbolo della sinistra, di Nixon e delle sue porcherie. Della grigia lana delle giacche di Napolitano e Berlinguer, di Moro agnello sacrificale, del folle desiderio di trascendenza delle BR, dei malintesi e degli errori […] di maestri che sbagliavano in buona fede (Deleuze and Grattari) e di falsi profeti che c’hanno costruito la loro fortuna sulla buonafede credulona di tanti di noi, assetati d’oltre senza coscienza. Ribelli senza una causa, in buona sostanza. Un errore necessario. Così fortificante per chi ci ha costruito il proprio futuro. Così terribilmente desolante per chi ha perso la fede e chi la vita in quegli anni. Una disperazione che fortifica per chi ha avuto la fortuna, come il sottoscritto, di passare incolume attraverso quel cerchio di fuoco. Affettuoso onore a chi c’ha lasciato speranze in quel tunnel incandescente. Legge di natura, sentenzierà qualcuno; vuol dire che era destino, qualcun altro; vuol dire che se la sono cercata, qualcuno ancora. Per me sono fratelli nella notte, quando tutti i gatti sono grigi”.

Attraverso passaggi narrativi di questo tipo, la letteratura sugli anni Settanta potrebbe avere individuato in Paolo Scardanelli il suo nuovo cantore: il cantore più irredento. Non pedissequo. E icastico.
Le parti descrittive e le parti interiori del romanzo funzionano in quanto ibridate di un lirismo capace di sporcarsi con la strada. L’epos della battaglia (intima e politica) si estingue nei richiami chiaroscurali dei distacchi, della crisi e del ripensamento. I dialoghi, in certi casi, funzionano meno: un peccato veniale su cui si soprassiede dato il tenore complessivo delle pagine.

Ambientato allo scavallare dei poderosi anni Settanta, L’accordo è ancora, ma in primo luogo, un romanzo sui sensi lati della perdita e di rinascita, in grado al contempo di misurarsi con altri e diversi aspetti collaterali: il tempo, le fedi, l’abisso, la famiglia, la rabbia, l’amicizia, i conti che non tornano, gli amori che si perdono, le felicità che durano un attimo. Se la vede persino con l’Etna-luogo dello spirito, simulacro di un assoluto perennemente assediato dal non senso in agguato. Un resoconto denso di transiti esistenziali; sconsolato ma senza piagnistei, attestato all’abbrivio della fine dei sogni e dei bruschi risvegli.

“Dio perché tutto doveva precipitare?” (pag. 158).

L’aforisma che Martin Heidegger dedica alla descrizione del sentimento di angoscia mi sembra riassumere, in ultimo, la tonalità sottotraccia a questa lettura impietosa e nel contempo struggente:

"L’angoscia è quella tonalità emotiva eminente dell’esserci che ci mostra il mondo in una determinata prospettiva, precisamente in quella per cui il mondo stesso dilegua nel non-senso e si apre la percezione del nulla: l’angoscia è quello stato emotivo che apre la comprensione del niente".

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’accordo. Era l’estate del 1979

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