Martin Heidegger è stato uno dei più importanti filosofi di origine tedesca e il maggior esponente dell’esistenzialismo fenomenologico e ontologico pur rifiutando sempre questa etichetta. Le opere di Heidegger costituiscono sia una delle più ricche che una delle più problematiche testimonianze del pensiero novecentesco; ancora oggi Heidegger rimane un pensatore ambivalente, scomodo e di cui risulta davvero complicato trovare un’interpretazione di pensiero unitaria.
Scopriamo insieme il pensiero, le opere e quella che è stata la vita di Heidegger.
Martin Heidegger: la vita
Martin Heidegger nasce il 26 settembre 1889 a Masskirch, in Germania. Le sue origini sono modeste e la famiglia è cattolica; Martin sviluppa un forte senso di appartenenza alla minoranza cattolica tedesca, accompagnata da un forte desiderio di riscatto nazionalista e antimodernista. Tutto questo segna profondamente la formazione giovanile del filosofo, rigidamente religiosa e che lo porta ad essere, per un breve periodo, un novizio gesuita. La situazione cambia nel 1911, quando avviene il suo primo allontanamento dalla chiesa per una crisi di tipo psico-fisico. Questa crisi, che lo allontana dal pensiero teologico, coincide con l’inizio dei suoi studi logico-filosofici a Friburgo.
In questo momento Heidegger entra in contatto con l’opera di Husserl “Idee per una fenomenologia pura”. Una volta laureato con una dissertazione su "La dottrina del giudizio nello psicologismo", nel 1918 Heidegger diventa libero docente di filosofia all’università di Friburgo con una tesi intitolata “La dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto", trovandosi a lavorare come assistente di Husserl. In poco tempo Heidegger diventa come una sorta di “figlio spirituale” per l’uomo.
Intanto, storicamente, la Germania viene sconfitta e umiliata dalle potenze occidentali tramite le sanzioni del trattato di Versaille. Il cammino verso il tragico epilogo hitleriano è già tracciato, tra crisi economiche e crisi politiche. Nel mentre Heidegger prosegue la sua brillante e precoce carriera accademica ottenendo un prestigioso incarico all’università di Marburgo; nel 1927 pubblica il suo capolavoro “Essere e tempo”, testo con cui viene consacrata la sua fama a livello internazionale e viene innalzato al livello dei più grandi filosofi del Novecento.
Nel 1928 ottiene la cattedra che era stata di Husserl, il suo maestro, continuando ad avere successo e a produrre molte delle sue più importanti opere: "Che cos’è metafisica?" e "Sull’essenza del fondamento" (1929), "Lezioni platoniche sulla verità" (1930).
Arriva il 1932, anno in cui Adolf Hitler viene nominato cancelliere dopo il suo trionfo politico: comincia il periodo dominato dalla sola ideologia nazista.
Cosa pensa Heidegger di Hitler? In un primo momento egli scambia quel fervore nazionalista come un segno di ripresa della Germania e di tutto l’Occidente, scegliendo di dichiararsi favorevole al nazismo.
Nel 1933 Heidegger diventa rettore dell’univeristà di Friburgo, dove tiene un discorso di inizio anno che è diventato, col tempo, uno dei più inquietanti testi del Novecento, frutto dell’errore personale e dei drammi di Heidegger. Nel discorso in questione viene dato un giudizio positivo dell’ideologia nazista, inquadrata non tanto come modo di pensare razzista ma come portatrice di nuove energie.
In quegli anni Heidegger si avvicina alle opere del poeta Hölderlin, da cui trae poi ispirazione per la sua svolta filosofica.
Le autorità naziste non apprezzano questa nuova impostazione, cominciando a nutrire dei sospetti sull’operato di Heidegger, tanto che già nel 1934 Heidegger viene forzato a dimettersi dal rettorato per divergenze e sospetti, venendo in seguito emarginato.
Tutta questa storia costerà molto caro al filosofo: egli perde infatti l’amicizia di tutti i maggiori rappresentanti della cultura tedesca dell’epoca, compresi i filosofi Hannah Arendt e Karl Jaspers.
Fino al momento in cui comincia la Seconda guerra mondiale Heidegger continua a scrivere e insegnare, pubblicando in questi anni "L’origine dell’opera d’arte" (1936), "Dell’evento" (1937) e "Sul concetto e sull’essenza della physis in Aristotele" (1939).
Nel 1945 Heidegger è sottoposto a interrogatorio dalla commissione di epurazione dei vincitori della guerra e, in seguito a questa indagine, gli viene impedito di insegnare fino al 1949. Alcuni ufficiali francesi con interessi di tipo filosofico, nel mentre, lo contattano per proporgli un progetto di incontro con Sartre, che contribuirà moltissimo a riabilitare il collega tedesco a livello internazionale.
Il progetto dei due filosofi fallisce, ma si instaura un rapporto fatto di scambi epistolari fino a che Heidegger non scriverà la famosa “Lettera sull’umanesimo”, opera nella quale prende le distanze dall’esistenzialismo che si sta diffondendo in tutta Europa. La corrente esistenzialista continua a vedere in lui, almeno nella parte iniziale del suo pensieri, un importante rappresentante.
L’interpretazione prevalente del pensiero di Heidegger tra le due guerre parla di un erede dell’esistenzialismo religioso di Kierkegaard, ma nella sua “Lettera sull’umanesimo” Heidegger respinge tutto questo bollandolo come un fraintendimento delle intenzioni finali del suo operato.
I problemi più grandi nell’interpretare la filosofia di Heidegger emergono soprattutto nell’ultimo periodo del suo operato, derivato dagli studi successivi a “Lettera sull’umanesimo”, che si sostanzia in saggi brevi, dialoghi e conferenze che lasciano perdere la struttura e la lunghezza dei testi filosofici. L’ultima fase del pensiero di Heidegger, quindi, è la più complessa e provocatoria tanto che sono i suoi stessi allievi a prendere le distanze da quel suo modo di dire “ineffabile” e che “avrebbe perduto il terreno sotto i piedi” parlando di luoghi impercorribili del pensiero umano.
Heidegger muore a Friburgo di Brisgovia, Germania, il 26 maggio 1976, a 86 anni.
Opere di Martin Heidegger
Ecco elencate tutte le opere di Heidegger:
- Dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto (1915)
- Per la determinazione delle filosofia (1919)
- Fenomenologia della vita religiosa (1919–20)
- Ontologia. Ermeneutica dell’effettività (1923)
- Il concetto di tempo (1924)
- Prolegomeni alla storia del concetto di tempo (1925)
- Essere e tempo (1927)
- Che cos’è metafisica? (1929)
- Kant e il problema della metafisica (1929)
- L’essenza del fondamento (1929)
- Concetti fondamentali della metafisica. Mondo-Finitezza-Solitudine (1929)
- L’origine dell’opera d’arte (1935–36)
- Hölderlin e l’essenza della poesia (1936)
- Contributi alla filosofia. Sull’evento (1936–38)
- La storia dell’Essere (1938–40)
- La dottrina platonica della verità (1942)
- L’essenza della verità. Sul mito della caverna e sul "Teeteto" (1943)
- L’essenza del nichilismo (1946–48)
- Lettera sull’"umanismo" (1947)
- Sentieri interrotti (1950)
- Il linguaggio (1950)
- Introduzione alla metafisica (1953)
- La questione della tecnica (1953)
- Saggi e discorsi (1954)
- Che cosa significa pensare? (1954)
- Il principio di ragione (1957)
- Identità e differenza (1957)
- L’abbandono (1959)
- In cammino verso il linguaggio (1959)
- Nietzsche (1961)
- Tempo e essere (1962)
- La tesi di Kant sull’essere (1963)
- Ormai solo un dio ci può salvare (1966)[158]
- Segnavia (1967)
- Il trattato di Schelling sull’essenza della libertà umana (1971)
- Quattro seminari (1977)
Pensiero di Heidegger
Il pensiero di Heidegger ha avuto una fortissima influenza sul pensiero filosofico occidentale, compreso quello italiano (Vattimo). Tutta la filosofia occidentale, anche quella parte che si oppone all’irrazionalismo ermeneutico heideggeriano, deve considerare l’enorme personalità di questo filosofo e tutto il suo operato.
Heidegger, quindi, è stato il più grande esistenzialista contemporaneo, influenzato dal suo maestro Husserl, al quale dedica la sua opera “Essere e Tempo”, rimasta incompiuta. In un primo momento il pensiero di Heidegger è rivolto a un’indagine esistenzialistica per determinare il senso dell’essere in generale; lo scopo del suo pensiero è quello di costruire un’ontologia che arrivi a determinare in maniera esaustiva il senso dell’essere.
La domanda che Heidegger si pone è: che cos’è l’essere? Essa, a sua volta, si articola in ciò che si domanda, ciò a cui è domandato e ciò che si trova domandando. Per ciò che si domanda si intende l’essere stesso, ciò a cui si domanda può essere solo un ente e ciò che si trova domandando è il senso dell’essere. Il problema che si pone l’ontologia è capire quale sia l’ente che deve essere interrogato. Per Heidegger si tratta dell’uomo stesso, poiché ha un primato ontologico su altri essere come piante e animali e che viene chiamato da Heidegger Esserci (Dasein).
Per Heidegger solo interrogando l’Esserci si può arrivare a conoscere l’essere e a trovarne il senso. Il modo di essere dell’Esserci è quella che chiamiamo esistenza. L’esistenza ha svariate caratteristiche per Heidegger, una delle quali è la possibilità di essere: ciò significa che l’esistenza non è una realtà predeterminata o fissa, ma un insieme di possibilità tra le quali ogni uomo deve scegliere. L’esistenza è quindi un progetto, ciò che si progetta e si sceglie di essere. L’esistenza non è mai generale ma sempre singola e individuata, cioè ontica (comprensione che riguarda l’esistenza concreta di ogni singolo uomo).
Per comprendere l’esistenza Heidegger sostiene che si debba assumere un metodo fenomenologico; lo scopo di questo metodo è quello di descrivere in maniera imparziale le strutture esistenziali: le cose vanno descritte così come esse si manifestano, senza alterazioni o aggiunte.
L’uomo è essere-nel-mondo, cioè si prende cura delle cose che gli occorrono facendo progetti; egli progetta la realtà attraverso un insieme di strumenti che sceglie di utilizzare come la penna per scrivere o la casa per ripararsi. Prendersi cura delle cose, per Heidegger, significa assoggettare gli oggetti ai proprio bisogni, vedere le cose in relazione al loro utilizzo.
L’essere-nel-mondo ha anche un rapporto con gli altri umani e, come con le cose, si prende cura anche degli altri esseri umani. Il modo di prendersi cura di un altro essere umano da parte dell’essere-nel-mondo ha due forme: sottrarre agli altri le loro cure oppure aiutarli ad essere liberi di prendersi cura di loro stessi. Nel primo caso si tratta di procurare delle cose alle persone ed è un semplice stare insieme, nel secondo caso si tratta del vero coesistere che consiste nel dare agli altri ciò che serve loro perché siano in grado di prendersi cura della loro persona.
Per Heidegger il linguaggio è lo svelamento dell’essere, ciò tramite cui l’essere prende forma.
Alla base del poter scegliere nella vita, secondo Heidegger, c’è la deiezione, ovvero la caduta dell’essere dell’uomo nel mondo che è parte essenziale dell’essere dell’uomo.
Paura e angoscia sono le emozioni che accompagnano l’uomo nella presa di consapevolezza della deiezione: l’uomo così viene abbandonato ad essere ciò che è, conosce la noia e l’abbandonarsi agli eventi. Ciò nasce proprio dalla precarietà delle scelte e da quella preoccupazione di cui ci riempiamo ma che, in fin dei conti, è vana e inutile.
L’esistenza è quindi possibilità di progettare ciò che sta avanti, ma si tratta comunque di un cadere all’indietro poiché l’uomo non ha potuto, per esempio, scegliere se nascere donna o uomo. Per Heidegger esiste un’esistenza autentica il cui concetto fondamentale è la morte, che per l’uomo non è un termine finale bensì la più incondizionata, certa e insuperabile delle possibilità. Solo riconoscendo la possibilità della morte l’uomo raggiunge il suo essere autentico arrivando a comprendere realmente se stesso.
Quando l’uomo capisce dove si colloca la morte prova angoscia ma di essa non deve avere paura poiché scappare significherebbe vivere una vita inautentica. L’uomo che sceglie di vivere in modo autentico vive per la morte e sceglie di essere-per-la-morte. Con ciò Heidegger non intende che la morte vada ricercata ma piuttosto che si tratta di una certezza alla quale non possiamo sottrarci: è quella possibilità che rende impossibili le altre possibilità. Colui che vive una vita autentica, quindi, fa le stesse cose che faceva prima ma non se la prende per cose futili perché sa bene quale sia l’atto conclusivo. Questa consapevolezza libera l’essere autentico dall’angoscia, dall’anonimato e dalla noia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Martin Heidegger: vita, opere e pensiero
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