Kimera
- Autore: Lorella Fontanelli
- Genere: Fantascienza
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2021
Daewon: anno 2071, città-Stato che comprende tutta la penisola coreana. Prendete la Corea dei nostri giorni, cancellate la divisione tra Nord e Sud e pensate a un unico, sconfinato abitato, tra città aerea, città bassa, aree rurali e isole. È una megalopoli infinita, dallo Stretto di Busan a Sud fino alla Cina e alla Russia, a nord. 90 milioni di abitanti all’anagrafe, un solo municipio, articolato in dodici quadranti amministrativi, estesi come grandi province.
Se riuscite a immaginare Daewon da soli, siete pronti a entrare nel nuovo romanzo di Lorella Fontanelli, Kimera. Altrimenti, dovrà venirvi in soccorso la cartina in avvio del volume, dato dalle stampe da Epika Edizioni nel settembre 2021 (393 pagine). È la casa editrice di Castello di Serravalle, a Valsamoggia (Bologna), fondata, diretta e amata come una sua creatura da Lorella, che a sua volta ha scritto e pubblicato col marchio che ha per simbolo un elmo da guerriero greco-corinzio crestato di rosso anche il romanzo storico Dominus lucis nel 2017; l’eno-gastronomico-geografico Valsamoggia. Persone e luoghi vini e gastronomia, nel 2018; il fantathriller Mondo senza peccato nel 2020, oltre alla trilogia epica dei Signori della valle e al trittico fantascientifico “Renaissance”.
Con Kimera è tornata alla science fiction ed è un gran bel leggere, perché la Signora delle lettere scrive bene, fluido, facile e adora il genere, un amore di gioventù, certamente. Lo ama e lo fa amare in questa storia del futuro prossimo, che riporta alle atmosfere suggestive ma irreali (ce lo auguriamo caldamente) della fantascienza classica, in particolare di un domani di fantasia che sembra nascere dalle ceneri del nostro presente e del probabilmente ancora più eco-malandato avvenire.
Nel romanzo, il mondo di Daewon nasce dai guasti del Trentennio. La realtà mega-metropolitana si è andata sviluppando di pari passo con la Normalizzazione universale, che ha messo fine a tutti i conflitti, sociali, politici, religiosi, etnici. Perché tutti sono uguali: “tutti cosmopoliti”. Non si poteva fare diversamente, mano a mano che la Terra si riprendeva da quattro pandemie globali, dal collasso dell’ecosistema ambientale e dall’emergenza rivolte-terrorismo. Un periodo tragico per il genere umano, il più drammatico della storia. Virus implacabili, l’innalzamento dei mari provocato dallo scioglimento dei ghiacci polari. Piogge catastrofiche, inondazioni, enormi frane e due devastanti monsoni inframezzati da una gravissima siccità. Il default degli Stati, messi in ginocchio da quei fenomeni, aveva generato povertà e scatenato disordini e guerriglia.
Dopo trent’anni di stop economico e tecnologico, quando la Normalizzazione aveva indicato una via d’uscita, l’umanità aveva trovato normale aggregarsi in grandi comunità urbane, che avevano preso a estendersi sempre di più, inglobando le rovine delle città preesistenti.
La miseria aveva agito come una livella: se n’era usciti necessariamente tutti uguali e senza confini, ideologici, geografici, di razza, di provenienza.
In Corea, la divisione del 38° parallelo è diventata un ricordo, per quanto bruciante. Nessuno voleva chiamare più il territorio con un nome che evocava divaricazioni e Deawon si era diffuso spontaneamente, quasi da solo, a indicare una città-stato sconfinata, abitata da uguali. Qualche scoria è rimasta nel segreto delle coscienze, ma ufficialmente la società è riuscita a uniformare razze, generi, orientamenti religiosi e sessuali, lasciando come unico valore pregiudiziale il denaro, che dopotutto può risultare il meno ipocrita.
Sono rimasti i ceti sociali, in ragione del conto in banca: molto ricchi, classe media, gente comune. La differenza la fanno l’istruzione e l’assistenza sanitaria. Una è condizionata da quanto si possa pagare l’istruzione dei figli. Dall’altra dipende l’aspettativa di vita, direttamente proporzionale alle cure che si possono sostenere, in base alla possibilità di affrontarne le spese.
Insomma, è questo lo scenario del mondo del futuro di Lorena Fontanelli, nemmeno a lungo termine. Sfidiamo chiunque a restare indifferente e a non voler sapere cosa succederà nel racconto dell’editrice-scrittrice della Città Metropolitana di Bologna. Ma quanta differenza tra i tetti rossi della “dotta” e “grassa” Felsina e la megalopoli post catastrofe mondiale!
Si fa appena in tempo ad aggiungere che ovviamente il romanzo ha una trama molto ampia e che piuttosto che anticipare male è meglio non anticipare niente, rimandando alla sintesi dell’abstract, che si può reperire facilmente in rete.
D’altra parte, cosa dire di personaggi che non sono affatto controfigure da fiction di viventi, ma soggetti complessi, pieni di sfaccettature, fatti crescere amorevolmente dall’autrice, anche se l’aggettivo amorevole non sembra il più adatto, in una vicenda di tecnologie robotiche, illuminata da luci fredde e lampi di violenza.
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