Jack London: uno scrittore amante dell’avventura
Jack London (San Francisco, 12 gennaio 1876 – Glen Ellen, 22 novembre 1916) era uno che non stava mai fermo: assettato di scoperte e di esperienze, anche le più diverse fra loro, viaggiò tanto e spesso in territori inospitali: andò alla ricerca di giacimenti d’oro nel Klondike, sul confine fra Canada e Alaska, dove incappò in disavventure di ogni tipo (si ammalò di scorbuto, tanto per dirne una); come corrispondente si recò in Corea, dove seguì la guerra russo-giapponese, finendo per farsi arrestare più volte dalle autorità nipponiche; più tardi viaggiò e soggiornò nei Mari del Sud e in Australia. Questi numerosi viaggi avrebbero accumulato in lui ricordi preziosi, che sarebbero poi divenuti fonti di ispirazione per i suoi futuri scritti.
Jack London: la natura e la lotta per la vita
La natura, in tutta la sua sconfinata potenza e brutalità, nonché indifferenza ai destini di uomini e bestie, sarebbe diventata col tempo il suo chiodo fisso (insieme alle lotte sociali della nascente classe operaia): spesso nelle sue opere il paesaggio è esso stesso un personaggio, la cui forza sta nel semplice esistere, spesso come ostacolo contro cui deve misurarsi il protagonista di turno.
Che si tratti di scenari innevati, fiumi irruenti o di oceani sterminati, nelle storie di London la natura si rivela spesso matrigna: l’uomo è solo un piccolo essere in balìa di forze primordiali che a stento riesce a controllare e, anche quando ha la meglio, porta per sempre i segni dello scampato pericolo, che si tratti di cicatrici o segni nella mente poco importa. Destino simile tocca agli animali, a cui, a dispetto del loro stato “naturale”, non viene risparmiato nulla: vivere è per chiunque (esseri a quattro zampe compresi) una lotta estenuante e continua, sovente fino all’ultimo respiro. E chi smette di lottare può considerarsi già cadavere.
Il richiamo della foresta: il romanzo di Jack London
Influenzato dal darwinismo, e quindi convinto che in natura sopravviva il più forte, o più precisamente, l’essere che meglio si adatta al suo ambiente, nel 1903 Jack London dà alle stampe il suo primo romanzo di un certo successo, ovvero il celebre Il richiamo della foresta. È la storia del cane Buck, che si ritrova a passare di colpo da un’esistenza tranquilla a una realtà spaventosa, a cui dovrà abituarsi presto: affidato a un addestratore di cani senza scrupoli, conoscerà la “legge della zanna e del bastone”, per la quale viene picchiato con durezza e costretto ad aggregarsi a una muta guidata dal feroce Spitz, per fare il cane da slitta.
Col passare del tempo Buck impara a difendersi dagli altri cani, arrivando a uccidere Spitz e diventare il capo della muta. Dopo varie vicissitudini viene salvato da morte certa dal cercatore d’oro John Thornton, che diviene un suo caro amico. Grazie a quest’ultimo, che è in cerca di una miniera abbandonata ai margini di una foresta, Buck comincia a sentirne il richiamo sempre più forte: è la sua parte lupesca e primordiale che gli ha permesso di sopravvivere fino a quel momento, e che secondo legge di natura non può che essere il suo destino.
La natura nel racconto Una bella bistecca di Jack London
La natura assume il volto beffardo del tempo che passa inesorabile, nel racconto Una bella bistecca: al maturo pugile Tom tocca combattere con un avversario più giovane e forte, potendo contare solo sulla sua lunga esperienza per avere qualche chance di vincere l’incontro, mentre non fa che maledire la miseria in cui è sprofondato, e che l’ha privato della bistecca necessaria ad avere quel briciolo di energia in più che tanto gli tornerebbe utile. Questa volta è l’uomo che deve adattarsi a una condizione sfavorevole, intrappolato nel suo stesso corpo che invecchia.
Il racconto L’amore della vita di Jack London
L’anonimo protagonista del racconto L’amore della vita è un cercatore d’oro ferito e abbandonato dal compagno in mezzo a una terra gelida e desolata. Dovrà subire privazioni sempre più insopportabili pur di sopravvivere: braccato dal freddo, dai lupi e soprattutto dalla fame, dovrà far ricorso fino all’ultimo briciolo di energia per continuare a vivere, facendosi simbolo del vitalismo più esasperato, che rifiuta la morte anche quando sarebbe una liberazione.
Recensione del libro
La lotta per la vita
di Jack London
La natura come ostacolo e come risorsa
Quelli citati sono solo tre esempi della poetica di London, autore che descrive la natura spesso come un ostacolo, se non proprio una trappola, ma a volte anche come risorsa; comunque una realtà onnipresente e onnicomprensiva, da cui niente e nessuno può prescindere. In chiusura, pubblichiamo l’incipit del classico Zanna Bianca (Opportunity Books - collana “I capolavori di Gulliver”; anno di pubblicazione 1995; traduzione di Itala Vivan), illuminante in tal senso:
“Una foresta di abeti scuri si addensava lungo il corso d’acqua ghiacciato. Il vento aveva appena strappato via la bianca crosta di gelo degli alberi, che ora, neri e lugubri, si chinavano quasi a sorreggersi l’uno con l’altro nella luce morente del crepuscolo. Un vasto silenzio regnava sulla terra; la terra stessa era una desolazione, senza vita, immota, così solitaria e fredda da non avere neppure il volto della tristezza. Gravava su di essa l’eco di una risata, ma una risata più atroce di ogni tristezza, una risata senza gioia come il sorriso della sfinge, fredda come il gelo, sinistra come la fatalità. Era la possente, incomunicabile, saggezza dell’eternità che rideva della vanità e della lotta per la vita. Era la Natura Selvaggia del Nord, l’ignota natura primitiva dal cuore di ghiaccio.”
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Jack London: la natura e la lotta per la vita nelle sue opere
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