

Poesia tra le più celebri di Charles Baudelaire, Il serpente che danza mostra tutta la modernità di questo poeta che scelse di incamminarsi per le vie di un inferno metropolitano, desideroso di cogliere lì quei fiori che ne mostrano tutta la bellezza. Sono fiori che crescono lontani dal perbenismo e dalle convenzioni, si nascondono nel peccato, nei vizi, nelle perversioni, nelle ossessioni anche, e Jeanne Duval è forse il più conturbante di essi.
La chiamava la Venere Nera Baudelaire, per il colore della sua pelle, la conobbe quando faceva la ballerina al Théȃtre de la Porte Saint-Antoine e ne rimase folgorato: la loro relazione burrascosa si trascinò per gli ultimi vent’anni della vita del poeta, tra liti, abbandoni, ritorni e incomprensioni, che rendevano questa donna fatale la fonte delle sofferenze più lancinanti e del piacere più vivo.
Il serpente che danza è una lirica tutta intrisa di erotismo: il poeta ci descrive la giovane ballerina creola con toni languidi e parole suadenti, ce ne fa percorrere le curve e i tratti, rivela il suo potere narcotico, proprio come una potente droga dal quale il poeta dipende.
In questo inno alla bellezza e alla femminilità Baudelaire canta tutta l’ambivalenza di questa donna fatale, dalla sensualità provocante e dall’anima impenetrabile. Anche il serpente richiamato nel titolo del componimento è un’immagine della stessa Jeanne: sinuoso e ipnotico, questo rettile condensa in sé tutti i caratteri della donna amata: simboleggia il male e il peccato, è malvagio e tentatore, foriero di piacere e allo stesso tempo di pericolo.
Nell’edizione definitiva de I fiori del male, del 1861, Il serpente che danza trova posto nella prima delle sei sezioni che compongono la raccolta, Spleen et idéal, con il numero XXVIII: scopriamo, allora, insieme, il testo, la traduzione, il significato e lo stile di questo componimento di Charles Baudelaire.
Le serpent qui danse di Charles Baudelaire: il testo originale francese
Que j’aime voir, chère indolente,
De ton corps si beau,
Comme une étoffe vacillante,
Miroiter la peau!Sur ta chevelure profonde
Aux âcres parfums,
Mer odorante et vagabonde
Aux flots bleus et bruns,Comme un navire qui s’éveille
Au vent du matin,
Mon âme rêveuse appareille
Pour un ciel lointain.Tes yeux où rien ne se révèle
De doux ni d’amer,
Sont deux bijoux froids où se mêlent
L’or avec le fer.A te voir marcher en cadence,
Belle d’abandon,
On dirait un serpent qui danse
Au bout d’un bâton.Sous le fardeau de ta paresse
Ta tête d’enfant
Se balance avec la mollesse
D’un jeune éléphant,Et ton corps se penche et s’allonge
Comme un fin vaisseau
Qui roule bord sur bord et plonge
Ses vergues dans l’eau.Comme un flot grossi par la fonte
Des glaciers grondants,
Quand l’eau de ta bouche remonte
Au bord de tes dents,Je crois boire un vin de bohême,
Amer et vainqueur,
Un ciel liquide qui parsème
D’étoiles mon cœur!
Il serpente che danza di Baudelaire: la traduzione italiana
Quanto mi piace vedere, cara indolente,
Del tuo corpo così bello,
Come una stoffa ondeggiante
Scintillare la pelle!Sulla tua chioma profonda,
Dagli acri profumi,
Mare odoroso e vagabondo,
Dai flutti azzurri e bruni,Come una nave che si sveglia
Al vento del mattino,
La mia anima sognante salpa
Per un cielo lontano.I tuoi occhi che nulla rivelano
Di dolce o di amaro,
Sono due gioielli freddi dove si fondono
L’oro con il ferro.A vederti procedere ritmicamente,
Bella d’abbandono,
Ti si direbbe un serpente che danza
In cima a un bastone.Sotto il fardello della tua pigrizia
Il tuo capo di fanciulla
Dondola con la mollezza
D’un giovane elefante.E il tuo corpo si piega e s’allunga
Come una bella nave
Che bordeggia e tuffa
I suoi pennoni nell’acqua.Come una marea ingrossata dallo sciogliersi
Di ghiacciai grondanti,
Quando l’acqua della tua bocca risale
All’orlo dei tuoi denti,Mi sembra di bere un vino di Boemia
Amaro e vittorioso,
Un cielo liquido che semina
Di stelle il mio cuore!
Analisi e significato de Il serpente che danza di Charles Baudelaire
Nel complesso Il serpente che danza è un eccellente esempio della tecnica del blasone: un piccolo componimento in versi che descrive in modo dettagliato un oggetto, più frequentemente, come in questo caso, un corpo femminile. L’intento di Baudelaire è quello di omaggiare la fisicità di Jeanne Duval con questa poesia che prima ne considera i tratti generali, per poi indagarne alcuni elementi specifici e tornare, infine, a un conclusivo sguardo d’insieme.
Fin dai primi versi è evidente l’intimità (“j’aime”, “chere” v. 1) con la quale l’io lirico si rivolge a un tu lirico che possiamo identificare con la ballerina che aveva stregato il cuore del poeta: siamo di fronte a una scoperta dichiarazione d’amore che esalta la bellezza del corpo, qui ancora distante, e la pelle ambrata e scintillante, che tradisce la nudità della giovane, che nella sua noncuranza è paragonata a un tessuto ondeggiante (v. 3).
Baudelaire si concentra poi sui capelli della ragazza, simbolo della femminilità, dei quali descrive l’odore pungente (v. 6): fin da questi primi versi, e per tutti quelli successivi, compaiono molti elementi esotici che ben si prestano a descrivere la ragazza meticcia ma che, soprattutto, mostrano come Jeanne con la sua stessa presenza rimandi a un altrove, a una lontananza verso la quale il poeta si muove grazie alle percezioni dei sensi, tutti sollecitati in quest’incontro sensuale.
Lo dimostrano bene le immagini del mare e dei flutti (vv. 7 e 8) che introducono la dimensione del viaggio: grazie a Jeanne il poeta può fuggire verso un luogo indefinito, un mondo di sogno (“sognante” v. 11) come una nave al mattino (vv. 9-10).
Dopo aver portato l’attenzione su di sé e sulla sua fantasticheria Baudelaire torna alla giovane, scrutandone gli occhi, ambigui e inespressivi, che nulla rivelano (v. 13) di quell’anima di cui dovrebbero essere specchio e via d’accesso privilegiata. Nonostante la sfacciata fisicità Jeanne conserva tutto il suo mistero e la sua ambivalenza inafferrabile, come i suoi occhi è oro e ferro, dolce e amaro, una coincidenza degli opposti fascinosa e destabilizzante.
Nella strofa centrale, che richiama il titolo del componimento, il poeta descrive il movimento ipnotico della giovane ballerina: la paragona a un serpente, impiegando un’immagine dal chiaro simbolismo: in molte religioni, infatti, quest’animale è associato al pericolo, alla tentazione, al male stesso. Come il sinuoso rettile anche Jeanne, con i suoi movimenti, invita a un piacere lascivo, incita al peccato.
Anche il capo della fanciulla partecipa a questa danza, dondola come un giovane elefante (vv. 23-24, altra immagine esotica) quasi percepisse la pigrizia come un peso difficile da sostenere.
Nelle strofe finali la vicinanza degli amanti aumenta verso dopo verso e le allusioni sessuali diventano più scoperte ed evidenti: l’attenzione del poeta ritorna sul corpo di Jeanne che si sdraia lasciva e sembra offrirsi al desiderio del poeta (v. 25), grazie alla metafora del mare le membra della donna sono paragonate a una nave che si agita tra i flutti, ne fanno la fonte di una passione travolgente (“marea ingrossata” v. 29), spumeggiante di un piacere (vv. 31-32) che affiora nella bocca, con un riferimento alla saliva che lascia intendere quanto intensi siano i baci tra i due.
Tutto il movimento articolato nei versi precedenti trova il suo climax dell’ultima strofa, dove viene consacrata l’unione dei due amanti, stretti in un orgasmo (“cielo liquido” v. 35) che regala al poeta un’ebbrezza (“bere un vino”, v. 33) estatica e celestiale (“semina di stelle il mio cuore”, vv. 35-36).
Stile e analisi metrica della poesia
Il serpente che danza è un poema eterometrico composto da nove quartine che alternano ottonari e quinquenari, con un preciso schema rimico: AbAb CdCd EfEf GhGh IlIl MnMn OpOp QrQr StSt.
Si tratta di una struttura particolarmente efficace, dal momento che esprime il movimento dei due corpi che, gradualmente, si approssimano l’un l’altro.
Tutto il componimento è contrassegnato da una particolare musicalità grazie ad allitterazioni e assonanze che rendono sul piano sonoro alcuni artifici stilistici:
- la metafora del mare, ad esempio, è sottolineata da parole dove compaiono spesso consonanti labiali (v, b, f, m) che rendono percepibile il movimento dei flutti;
- il campo semantico dei liquidi è espresso mediante vocaboli con una forte allitterazione in l;
- il tema dell’amarezza, funzionale a descrivere l’ambivalenza di Jeanne, della quale, in altri luoghi del componimento, si esalta l’innocenza infantile, è evidenziato da allitterazioni di consonanti dentali (r, d, p, t).
Tutto il poema è immerso in un’atmosfera spiccatamente erotica, marcata attraverso parole che afferiscono al campo semantico del corpo e mediante numerose sinestesie che accrescono la sensualità dell’incontro, chiamando in causa sensi differenti: - “vedere […] stoffa ondeggiante”, “scintillare la pelle”, “gioielli freddi” (vista e tatto);
- “chioma profonda”, “acri profumi” (tatto, gusto e olfatto);
- “ghiacciai grondanti” (tatto e udito).
Tra le figure retoriche più ricorrenti segnaliamo:
- numerosi enjambement che danno forma nei versi a quel movimento ondulatorio e continuo che il poeta vuole esprimere;
- le similitudini efficaci per richiamare, in tutto il componimento, l’elemento marino e quindi la tematica del viaggio;
- le metafore che consentono a Baudelaire di donare profondità ad alcuni elementi come il mare, con il quale allude all’esperienza amorosa, o come il serpente, assimilato alla giovane donna ma che allude, in modo più criptico, anche alla stessa attività poetica, arte del ritmo e del movimento, e luogo della coincidenza di bellezza e male.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il serpente che danza” di Charles Baudelaire: significato e analisi della poesia
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