

Il mostro di Firenze. Ultimo atto
- Autore: Alessandro Cecioni, Gianluca Monastra
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Nutrimenti
- Anno di pubblicazione: 2018
Qualche toscano spiritoso lo chiamava “Cicci, il mostro di Scandicci”, ma c’è poco da scherzare, perché la sua è una storia infinita, senza una verità da cinquant’anni. Il 21 agosto 1968 il primo duplice delitto, a Signa, vicino al cimitero, dove due amanti s’erano appartati. L’8 settembre 1985, a San Casciano, nel Bosco degli Scopeti, la pistola Beretta cal. 22 e il coltello hanno ucciso l’ultima di otto coppie in diciassette anni. Sono intervenute tante sentenze, ma non è stata scritta la parola fine su questo mistero italiano, sostengono i cronisti Alessandro Cecioni e Gianluca Monastra, nella nuova edizione ampliata di un libro inchiesta, “Il mostro di Firenze. Ultimo atto”, pubblicato a luglio 2018 da Nutrimenti, Roma (232 pagine 13.60 euro), sedici anni dopo la prima uscita, rispetto alla quale offrono un aggiornamento che tiene conto degli sviluppi più recenti.
Per questi, tanti, troppi omicidi in un’area ristretta intorno a Firenze, si sono susseguiti verdetti, svolte, colpi di scena, perfino pronunciamenti definitivi della Corte di Cassazione penale, ma manca sempre qualcosa, l’ultima pagina, come lamenta la mamma del franco georgiano Jean-Michel Kraveichvili, dalla Francia. Veniva dalla cittadina di Montbeliard, nella Borgogna Franca Contea, il compagno di Nadine Mauriot, l’ultima coppietta di vittime massacrata, nella piazzola in Val di Pesa.
I due giornalisti colgono l’ansia di certezze della signora Kraveichvili e degli altri genitori e congiunti, alcuni ormai ultraottantenni, caduti nell’incubo di una vicenda drammatica di cui subiscono ancora le più dolorose sofferenze. Perché nella brutta storia del mostro di Firenze ci sono i colpevoli, certo, ma anche le vittime, tuttora in attesa di una giustizia senza ombre. E con loro, hanno diritto a sapere i parenti, gli amici, gli stessi inquirenti e investigatori, che sono tantissimi e dall’inchiesta interminabile sul mostro sono rimasti segnati, non sono più gli stessi.
Non lo sono, non potrebbero esserlo i Kraveichvili, tanto lontani dall’Italia. Nel 2010, scossi dal vuoto di notizie, chiesero aiuto ad uno degli amici più cari di Jean-Michel in età giovanile. Di famiglia siciliana, emigrata in Franca Contea, Salvatore Maugerì (con l’accento sulla “i”, alla francese), è sociologo nell’Università di Orleans. Avverte la febbrile esigenza della famiglia e riconosce il loro diritto di sapere tutto. Accetta di diventare il tramite con chi conduce le indagini in Italia.
Salvatore prende tutte le informazioni possibili a distanza, stabilisce contatti con l’avvocato Vieri Adriani, legale di parte civile nel processo, riesce a favorire un incontro dei familiari con i poliziotti italiani, a Ventimiglia. E qui restano sorpresi dell’insistenza degli investigatori sull’appartenenza di Nadine e Jean-Michel a sette esoteriche, sulle frequentazioni di riti satanici. I francesi cadono dalle nuvole, a loro non risulta nulla, i due ragazzi non avevano a che fare con niente del genere.
A questo punto il caos diventa una vera ossessione per Maugerì. Approfondisce ulteriormente le indagini e si rende conto che nelle ricostruzioni ufficiali ci sono troppi passaggi a vuoto. Scrive libri, rilascia interviste, firma esposti, incontra magistrati. La sua missione è arrivare alla verità ed è la materia di questo libro.
Quella dei riti satanici è stata una delle piste battute e abbandonate, al pari del cerchio magico dei mandanti o del singolo committente dei feticci (il pube asportato ad alcune ragazze). Prima ancora c’era stata la pista sarda, i Vinci, i Mele, imparentati con la prima donna uccisa nel 1968. Nell’occasione, comparve la Beretta 22 Long Rifle, che tornerà negli altri omicidi, individuata grazie alla buona memoria di un sottufficiale dei Carabinieri.
In questa storia c’è Pietro Pacciani, che esce assolto in appello ma sarebbe stato condannato insieme ai “compagni di merende”, se non fosse morto nel febbraio 1998, in circostanze che lasciano comunque qualche dubbio.
E ci sono i condannati (il postino Vanni, su tutti), gli prosciolti, i dimenticati. Non mancano cadaveri eccellenti, come quello del gastroenterologo Francesco Narducci, bello, ricco, di famiglia bene perugina, annegato nel lago Trasimeno, dopo essere entrato nell’inchiesta. Sul corpo riesumato dalla sepoltura, tracce di strangolamento, ma ci si rese conto che non era di certo quello annerito e in stato di avanzata decomposizione presentato ai medici dopo il ritrovamento in acqua e prima del funerale.
Quanta gente! Ognuno con tanti misteri, non esclusi gli inquirenti e compresi i giornalisti, come Mario Spezi, “l’inviato in galera” per depistaggio (assolto nel 2016).
Maugerì e i due autori lasciano in realtà una pista aperta. Ha un nome e un cognome, quello di un ex legionario, Giampiero Vigilanti, 88 anni. L’avvocato Adriani lo collega a Pacciani, con cui a Vicchio “andava punto d’accordo”, non si amavano, insomma.
È questo Vigilanti ad avere denunciato il furto di una pistola: Beretta 22 Long Rifle... solo nel 2013.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il mostro di Firenze. Ultimo atto
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