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Recensioni di libri

Il gatto di Georges Simenon

“Il Gatto” (Adelphi, 2011) è effettivamente una storia di odio. Racconta la vita di due anziani coniugi, Émile e Maguerite, entrambi al secondo matrimonio. L’evento scatenante che darà corpo, forma e densità a questo odio è la morte dell’adorato gatto di Émile, forse avvelenato dalla moglie che non lo poteva soffrire.

Sara Borella Pubblicato il 29-06-2013

10

Il gatto

Il gatto

  • Autore: Georges Simenon
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Casa editrice: Adelphi
  • Anno di pubblicazione: 2011

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Scheda libro su LaFeltrinelli.it
Scheda libro su Libraccio
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“Non ho mai scritto nulla di più crudele.”

Sono queste le parole usate da Simenon per descrivere, durante un’intervista, il suo romanzo appena pubblicato.
“Il Gatto” (Adelphi, 2011) è effettivamente una storia di odio. Racconta la vita di due anziani coniugi, Émile e Maguerite, entrambi al secondo matrimonio. L’opposto l’uno dell’altra, sia fisicamente che caratterialmente, si sono ritrovati a condividere gli ultimi anni della propria vita, forse solo ed unicamente per non restare da soli. La loro profonda diversità però sarà causa di una lotta di nervi quotidiana, di ripicche costanti, sguardi di sottecchi e frecciatine. Ma l’evento scatenante che darà corpo, forma e densità a questo odio è la morte dell’adorato gatto di Émile, forse avvelenato dalla moglie che non lo poteva soffrire.

Quasi tutta la vicenda si svolge tra le mura di casa, in una polverosa claustrofobia, tra silenzi, messaggi lapidari scritti su bigliettini, pasti consumati alla stessa tavola, ma senza condivisione, dove ognuno si prepara il cibo che da solo si è comprato, e che viene conservato sotto chiave, insieme a piatti e pentole.
Per l’intera lunghezza del romanzo non c’è mai un calo o un picco, ma il tutto si svolge con una costante tensione psicologica che riesce quasi a farsi sentire nei nervi del lettore, e che lo tiene incollato alle pagine, una dopo l’altra.
Il linguaggio è semplice, curato, ma anche lento, quasi angosciante, e Simenon lo usa in modo magistrale per limare, smussare e rendere fluido un sentimento come l’odio, che sovente è invece caratterizzato da toni duri, aspri e spigolosi.

Durante lo svolgersi della vicenda, ci si trova a chiedersi dove stia la verità, chi dei due abbia ragione. Non è quello l’importante. Non c’è il giusto da un lato e l’errore dall’altro. Ci si trova a fare i conti con un sentimento ancor meno digeribile dell’amore - o del non amore - con istinti che risiedono in tutti noi, persino in due insospettabili vecchietti, sentimenti laceranti che si palesano quando ci sentiamo persi, feriti e senza più una vera identità. Quando ci sentiamo finiti.

L’odio è senza dubbio un sentimento logorante, per chi lo prova e per chi lo subisce, ma è anche un forte legame che non fa altro che spingere l’uno verso l’altra, rendendo impossibile concepire la propria vita senza l’altra parte.
Non a caso, il romanzo è ambientato in una strada a fondo chiuso, un vicolo cieco, come a dire che dalla vita e dai nostri istinti più profondi non scappi e non hai possibilità di scelta.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il gatto

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