Il Bambino
- Autore: Massimo Cecchini
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2022
Al suo esordio nella narrativa con Il Bambino (Neri Pozza, 2022), Massimo Cecchini si misura con un tema doloroso e non facile: quello della grave disabilità che irrompe in una normale coppia borghese, nella Roma degli anni Sessanta del ’900. Pietro e Anna Bonaventura sono due ragazzi come tanti: lei viene dalla Calabria, lui romano, fa parte di una nota dinastia di avvocati. La descrizione che ne fa l’autore dice molto dell’attenzione di tipo sociologico, nel quale lo scrittore si cimenta con successo:
“Pietro aveva la mollezza furba generata dal benessere dell’alta borghesia romana. Anna le ambizioni della provincia benestante alla conquista di un futuro mai banale”.
I due si sono sposati quasi per un sorta di dovere sociale, ma la nascita del loro primogenito cambierà totalmente il corso della loro vita. Angelo, poi detto sempre Angelino, anzi, per tutti sempre il Bambino, nasce con un incidente imprevisto che lo condurrà a una drammatica e inguaribile disabilità. Dopo i primi mesi di euforia, infatti, il vero protagonista di questo libro, il Bambino, manifesterà in tutta la sua potenza le difficoltà di ogni tipo che il suo fisico malato mostrerà ai genitori e a tutti quelli che nel tempo si presteranno ad aiutarli in un’impresa che molti, nelle loro stesse famiglie, giudicheranno eroica da un lato, ma anche folle e dissennata da un altro.
Angelino, che non riesce a parlare, ha un’andatura sghemba, la bava alla bocca, una forza fisica non comune, una vista compromessa, una percezione della realtà difficilmente comprensibile a chi gli vive attorno, agli occhi dei suoi genitori che lo amano si propone con la “purezza dei poveri di spirito”. Ben presto per accudire Angelino si assumerà personale adeguato: le due sorelle filippine, Nora e Roselyn, dedicheranno al Bambino gran parte della loro vita e del loro affetto. La notte sarà la parte più complicata nella gestione di questo ragazzo/uomo dall’esistenza gravemente compromessa: per farlo contento infatti Pietro accetterà di accompagnarlo in eterne passeggiate per una Roma notturna e quasi spettrale, accompagnati dalla voce di Mina che Angelino sembra apprezzare, con l’aiuto di volonterosi autisti, l’ultimo dei quali avrà una parte preminente in questa storia drammatica allorché Pietro e Anna verranno a mancare.
Il Bambino invece, a cui era stata preconizzata una morte precoce, si dimostrerà sanissimo, tanto da sopravvivere suo malgrado a ogni difficoltà.
L’atteggiamento del narratore di questa vicenda che ha molti aspetti di verità, appare volontariamente non giudicante: Cecchini racconta, documenta, analizza, spiega, cerca di capire gli atteggiamenti di quanti circondano questa famiglia messa a una durissima prova, senza mai dare giudizi morali o moralistici. Angelino si dà violenti colpi alle tempie, che vengono incerottate e protette, mentre il padre, le due badanti filippine, gli tengono stretta la mano per non farlo colpire: un gesto d’amore che dura per anni, senza che un segno di stanchezza, di rabbia, di esasperazione compaia nei loro comportamenti.
I Bonaventura dilapideranno il loro ingente patrimonio, Pietro smetterà la sua attività professionale, non parteciperà alla vita del circolo romano di ricchi benpensanti a cui era iscritto sin da giovanissimo, Anna prosciugherà totalmente le sue energie intellettuali e le sua aspirazioni di insegnante di inglese.
Un finale triste, quello di questa famiglia, anche se nelle ultime pagine del tutto inedito per le conseguenze che la vita di Angelino aveva avuto anche nell’esistenza di chi se ne era occupato con dedizione.
Massimo Cecchini si misura con una lingua potente, perché la storia che ha voluto raccontare lo richiedeva; senza retorica o pietismo, senza sconti agli aspetti più insospettabili del quotidiano fisiologico di un invalido, l’autore ci accompagna nei meandri della psiche dei suoi genitori, che si piegano consapevolmente a ogni sacrificio, rifiutano il ricovero del figlio, per loro un eterno Bambino da amare, mettendo alla prova la sensibilità e la coscienza anche di noi lettori e spettatori di un tale destino. Non sono dei missionari i Bonaventura, e lo scrittore chiede che non siano dimenticati, proponendo, come esergo al suo romanzo, una citazione calviniana dal celebre romanzo La giornata di uno scrutatore ambientato al famigerato Cottolengo. Un bel libro, intenso per le emozioni che suscita, notevole per la qualità della scrittura, significativo per la testimonianza di cui si fa carico.
Il bambino
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