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Recensioni di libri

I bambini pensano grande di Franco Lorenzoni

Sellerio, 2014 - Piccoli filosofi gli alunni di Franco Lorenzoni ma soprattutto piccoli scienziati e inventori in erba, alle prese con fettucce e bastoni che gli permetteranno di misurare le ombre create dal sole, per comprendere le proporzioni.

Simone Casavecchia
Simone Casavecchia Pubblicato il 07-03-2018

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I bambini pensano grande

I bambini pensano grande

  • Autore: Franco Lorenzoni
  • Genere: Scuola
  • Categoria: Saggistica
  • Casa editrice: Sellerio

Quante sorprese troviamo in questo libro che il maestro Franco Lorenzoni ha deciso di scrivere per raccontare un anno trascorso con i bambini di una quinta elementare di Giove, un piccolo centro dell’Umbria che accoglie nelle aule della sua scuola un microcosmo dove talvolta la semplicità dei pensieri è spiazzante. Nella voce viva di questi bambini, nelle loro domande, nelle loro ipotesi c’è una lucidità, una profondità inaspettata, una curiosità che a volte non ho potuto fare a meno di invidiare.

"I bambini pensano grande”, lo dice il sottotitolo, è la storia di un’avventura pedagogica, la storia che un maestro d’esperienza, impegnato da anni nel Movimento di Cooperazione Educativa e in un’esperimento altrettanto affascinante - quello della Casa Laboratorio di Cenci, ad Amelia, dove gli insegnanti imparano ad insegnare - ha deciso di mettere nero su bianco convinto che ascoltando le parole, le emozioni e i ragionamenti dei suoi alunni si trovasse di fronte a scoperte preziose,

“che ci aiutano ad andare verso la sostanza delle cose e verso l’origine più remota del nostro pensare il mondo”.

Un racconto che nasce dalla convinzione che spesso ai bambini

“non è concesso il diritto di riconoscere la qualità dei propri pensieri e rendersi conto della loro profondità”

un racconto che diventa necessario, allora, perché frutto del desiderio di

“affermare con forza che i bambini devono essere ascoltati, perché (...) sono capaci di nitidezza e autenticità rare, che credo faccia bene a tutti incontrare”.

Alle cose stesse si potrebbe parafrasare, con un adagio della fenomenologia, e in questa che a prima vista sembra la cronaca di un anno di scuola di filosofia ce n’è davvero molta più di quanto ci si aspetterebbe, tenendo conto che è un libro dove i protagonisti sono bambini delle primarie.

L’ascolto per Franco Lorenzoni è il messaggio - lo abbiamo detto sopra - ma anche il medium o, meglio, il metodo: questo maestro che nel libro confessa anche di sentirsi, almeno a volte, irruento e incapace di contenere le reazioni più incontrollate di alcuni dei suoi bambini, in realtà ci mette di fronte a un paziente e instancabile esercizio maieutico. Ha registrato le conversazioni nate dai suoi alunni - “un buon metodo per dare valore alle loro parole”, dice -, le ha trascritte per restituirci la loro voce e i loro argomenti, per mostrarci senza alcun filtro quanto acume e quanta vivacità si nasconde nei loro pensieri, per poi avvicinarvisi lento, come in una moviola, con uno sguardo capace di descriverne tutta la complessità e di raccontare i dubbi, gli interrogativi, le possibilità di cui ogni giorno si nutre il suo mestiere.

Ecco allora i bambini alle prese con il disegno, la prima forma di racconto quando si va a scuola, dove scoprono le figure geometriche; ecco Ylenia, Marianna, Mattia, Francesca, Matteo e gli altri che insieme al loro maestro cercano, in quello che è un pensiero condiviso, di dare forma a concetti come la rivoluzione, lo zero, la dittatura.
Alla disarmante chiarezza dei bambini, fanno da contraltare le istantanee di una vita dedicata alla grande avventura dell’educazione: bellissimo, ad esempio, il ricordo che Franco Lorenzoni ci regala di Nora Giacobini, una delle fondatrici del Movimento di Cooperazione Educativa in Italia. Come insegnare? Come farlo? Come far entrare i bambini nelle vicende della storia? Partire dai materiali, rompere la lontananza, con una manovra di avvicinamento che ingaggi un corpo a corpo intimo: ecco perché Nora Giacobini un giorno decise di fare a pezzi il “Simposio” di Platone in classe, affidando a ognuno dei suoi alunni una pagina del dialogo, perché se ne appropriassero, perché

“la cultura è una cosa viva (...) si costruisce in una relazione intensa e personale, che poi si è in grado di condividere con gli altri”.

Proprio questa relazione fisica e personale è uno degli elementi da cui la scuola non può prescindere: piccoli filosofi, sì, gli alunni di Franco Lorenzoni, ma soprattutto piccoli scienziati e inventori in erba, con le mani nella creta che non dovrebbe mai mancare in classe, alle prese con fettucce e bastoni che gli permetteranno di misurare le ombre create dal sole, per riuscire a comprendere le proporzioni.

Quanti sforzi fanno questi bambini di fronte alla radice quadrata di 2, quanta curiosità di fronte a La scuola di Atene di Raffaello, che insieme al loro maestro porteranno in scena, alla fine dell’anno: servirà una storia per entrarci dentro, stabilire un canale di comunicazione diretto con i personaggi di quell’affresco e allora Franco Lorenzoni, instancabile, recapiterà a ciascuno dei suoi alunni una lettera firmata da un filosofo, l’espediente giusto per attivare un dialogo con il pensatore che dovranno rappresentare.
La lettura di una favola, di un libro per bambini, come il teatro sono il luogo educativo più efficace per vivere il gioco e la pratica dell’immedesimazione, anche se a Giove, dove vive e lavora Franco Lorenzoni, anche la piazza del paese, complici genitori e un sindaco visionario, può diventare il posto giusto per dare corpo e forma alla fantasia e agli esperimenti dei bambini.
Poco importa, poi, se i primi alunni di quel maestro-nonno, che ormai insegna ai loro figli, sono rimasti in quel piccolo paese, a fare il benzinaio o il panettiere. Quei bambini hanno imparato ad avanzare ipotesi sulle statue e sul sole del mito della caverna di Platone, hanno misurato angoli e compreso che la terra era rotonda già per Eratostene, sono riusciti a portare in scena le domande di Socrate, destando grande stupore negli occhi increduli dei loro genitori.

È proprio questa capacità di stupirsi - la meraviglia, con la quale inizia la “Metafisica” di Aristotele - questa vicinanza all’origine delle cose, il cuore pulsante di una cultura infantile che, per sua natura provvisoria, permane però in parti profonde di ciascuno per tutta la vita.
Proprio questa capacità dei bambini di essere sconfinati e sconfinanti - di scambiare il dettaglio con il tutto, di credere all’incredibile, di non accettare il principio di non contraddizione - mi sembra l’insegnamento più alto che Franco Lorenzoni ci consegna in “I bambini pensano grande”:

“Questa sospensione dell’incredulità è importante, perché è alla base di ogni arte e di ogni possibilità di godere dell’arte. Nella sospensione dell’incredulità, inoltre, sta la radice della possibilità di incontrare ed aprirci ad altri mondi ed anche la tensione, ancor più importante, a non accontentarci di come va il mondo.
Credo che non dovremmo dimenticare mai che di questa sospensione i bambini sono i nostri maestri.
Maestri troppe volte inascoltati”.

I bambini pensano grande. Cronaca di una avventura pedagogica

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I bambini pensano grande

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