I Magi e la loro stella
- Autore: Antonio Panaino
- Genere: Religioni
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2012
Nelle Sacre Scritture vi è un unico riferimento ai Magi, in Matteo 2, 1-12:
Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: "Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo". All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero:
"A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele".
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo".
Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
Anche solo l’idea di scrivere un libro su queste figure partendo da così poche parole non può che apparire ardita, eppure vi è chi c’è riuscito: il professor Antonio Panaino, docente di iranistica all’Università di Bologna, che nel 2012, per le edizioni San Paolo, ha pubblicato il saggio I Magi e la loro stella. Storia, scienza e teologia di un racconto evangelico, un’opera che ha fatto molto parlare e che è stata largamente apprezzata.
Leggendo questo libro si ha una sensazione particolare e di primo acchito si è portati a pensare: "Come può aver scritto tanto basandosi solo su qualche riga?", ma poi si finisce per ammettere: "Caspita, che riflessioni argute! In effetti... qui e qui sembra aver ragione."
Innanzitutto va premesso che i Magi e il loro omaggio al Salvatore hanno un significato fondamentale, rappresentano i popoli "pagani" che circondavano gli ebrei e incarnano l’apertura di tutte le genti al Vangelo, accogliendo con il cuore la buona novella della salvezza. La loro adorazione di Gesù come Figlio di Dio e Salvatore del mondo sottolinea un aspetto centrale: i pagani possono riconoscere Cristo solo volgendo lo sguardo al popolo ebraico e accogliendo la promessa messianica contenuta nell’Antico Testamento. Questo gesto suggerisce una profonda continuità tra l’Antica e la Nuova Alleanza, mostrando che la salvezza è destinata a tutti ma passa attraverso il compimento delle promesse fatte al popolo d’Israele.
In secondo luogo è evidente che i Magi quindi non erano tre e Matteo non li chiama mai "re"; questi elementi sono stati aggiunti in seguito da nuove narrazioni. Certo, Magi è plurale ed erano sicuramente più di uno, ma il numero non è precisato. Quanto alla loro "nobilitazione", ha contribuito il decimo versetto del Salmo 72 (71):
I re di Tarsis e delle isole portino tributi,
i re di Saba e di Seba offrano doni.
E Tertulliano, per farsi comprendere dai suoi contemporanei, spiegò che i Magi (casta sacerdotale persiana) erano considerati quasi dei re (Contro Marcione 3, 13). Matteo afferma che i Magi vennero dall’Oriente, senza specificare da dove, ma aggiunge che adorarono Gesù prostrandosi e questo, in effetti, presso i persiani era l’atto supremo di riconoscimento di potere e gloria (estraneo ai greci, come ci ricordano le proteste che Alessandro Magno ricevette dai suoi soldati quando gli impose di adottare nei suoi confronti tale prassi). Ed è questa la prospettiva – la pista zoroastriana – che Panaino analizza, senza la pretesa di offrire risposte ma riuscendo comunque a illuminare con domande stimolanti.
Nella sua indagine, prende ad esempio in considerazione altri brani delle scritture:
Se nella traduzione greca dei Settanta la presenza e la figura dei mágoi non è affatto lusinghiera, essa è comunque meno imbarazzante di quel che concerne i magi negli Atti degli Apostoli. Qui il termine mágos ricorre solo in due occasioni, entrambe in contesti negativi. Il primo caso è quello dell’episodio di Simon mago (Atti 8, 9-25), figura ben nota alla tradizione cristiana per avere cercato di comprare dall’apostolo Pietro il potere di disporre dello Spirito Santo. Si tratta di una figura storicamente complessa, legata al pensiero gnostico, che però viene liquidata come uno "stregone" o un "mentitore", e perciò definita "mago" nell’accezione peggiore del termine. Il secondo caso è quello di Bar-Iesus Elymas di Cipro (Atti 13, 6-11) anch’egli esplicitamente chiamato mágos, e che Paolo non stenta a definire "figlio del diavolo".
Ma poi esamina anche le fonti successive, come i vangeli apocrifi o altri racconti posteriori, che hanno contribuito a costruire l’immaginario dei "Re Magi".
In definitiva, il risultato è forse meno "divulgativo" di quanto l’autore si aspettasse, c’è da riconoscerlo, ma indubbiamente affascinante e coinvolgente. Ed è un’ottima lettura da iniziare aspettando il Natale.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I Magi e la loro stella
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