Grazia
- Autore: Giulia Alberico
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: SEM
- Anno di pubblicazione: 2017
“Grazia” (SEM, 2017) è il nuovo romanzo che la scrittrice abruzzese Giulia Alberico, nata a San Vito Chietino, dedica “A mia nipote Giulia”.
“Già dalle scale un lieve sentore di Mitsouko parlava di Grazia. Era stato sempre il suo profumo, per decenni, e in paese chiunque poteva sapere se era appena passata in banca o all’ufficio postale, nella cappellina di San Sebastiano o in tintoria, perché la fragranza aleggiava nell’aria per diversi minuti dopo che lei se n’era andata”.
Il celebre profumo di una prestigiosa azienda francese che significa “mistero” in giapponese e simboleggia una femminilità appassionata e misteriosa, proprio come la protagonista del testo, è il custode delle memorie materne di Teresa.
Ora le spoglie terrene di Grazia giacevano nel suo letto, coperte da un vestito in shantung blu notte. Il viso disteso e bello, le caviglie sottili. Tra le mani il rosario, simbolo del fastoso battesimo che la famiglia Savio, nel lontano 1925, aveva organizzato per quell’unica figlia, nata dopo tanti anni del matrimonio tra Francesco Saverio e Floria.
Teresa, appresa la morte della madre era tornata insieme al marito Cesare nella cittadina di provincia che l’aveva vista nascere e crescere. La scomparsa di Grazia, con la quale Teresa non era mai andata d’accordo, riportava alla mente della donna vicende del passato trascorse con la madre lì in quella villa fatiscente, antico retaggio di un mondo che fu. In quella cittadina di mare vi erano tanti villini come quello dei Savio, silenziosi nei mesi invernali e simili ad alveari nelle belle stagioni.
“Avrebbe voluto piangere, dare sfogo a un peso che sentiva in petto, una pietra scura, dura, amara. Ma non riusciva a farlo”.
Ora che la madre non c’era più Teresa si accorgeva di essere
“simile a una barca alla deriva, il suo aspetto stava fatalmente andando verso una mutazione che l’avrebbe sovrapposta, come una lastra impressa, alla donna delle sue origini”.
Inoltre presto Teresa avrebbe scoperto che i beni di famiglia (casa e fondaco venduti, conto in banca in rosso e sul villino un’ipoteca) erano praticamente scomparsi. Cosa si nascondeva dunque dietro quell’idea di grandiosità che era stata impressa a Grazia come un marchio a fuoco?
“Quella era una casa che conservava – e questo era facile constatarlo a occhio nudo anche solo dal numero dei portaritratti – tracce di esistenze, vicende di un tempo in cui Teresa non era nemmeno un pensiero nella mente di quelli che sarebbero stati sua madre e suo padre”.
Forse svuotare il villino era la chiave per scoprire che cosa si era sempre nascosto nell’anima di Grazia, bella come Ava Gardner, la quale
“si era asserragliata per una vita intera dentro una fortezza dove rimuginava su un qualche torto che la vita le aveva inflitto”.
Un malriuscito rapporto tra una madre e una figlia, troppo diverse l’una dall’altra, è al centro del romanzo della brava e sensibile autrice. Giulia Alberico con uno stile introspettivo e lineare consente al lettore di arrivare a conoscere il cuore di due donne che nel corso di un’intera esistenza non sono mai riuscite a trovare un punto di contatto. Una madre ignota, o forse ignorata, una figlia ritrosa e troppo orgogliosa che scopre troppo tardi che una poesia di Emily Dickinson, da lei adorata era anche la preferita di sua mamma.
“Fuorché le piccole misure, Nessuna vita è tonda – Quelle – si affrettano a una sfera. Si esibiscono e muoiono – Le più vaste – crescono lentamente E pendono più tardi – Le Estati delle Esperidi sono lunghe”.
Grazia
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