

Gramsci il fascista. Storia di Mario, il fratello di Antonio
- Autore: Massimo Lunardelli
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
Antonio Gramsci aveva un fratello in camicia nera. “Questa non la sapevo” potrebbero dire tutti, ma una pubblicazione della casa editrice indipendente Tralerighe Libri di Lucca, Gramsci il fascista. Storia di Mario, il fratello di Antonio (dicembre 2020, 184 pagine), ha portato alla luce un profilo che fa piazza pulita delle negazioni e appropriazioni contrapposte: la rimozione rossa e l’esaltazione nera della memoria del Gramsci minore. Merito degli studi di Massimo Lunardelli, bibliotecario a Cagliari, nato a Torino nel 1961, già giornalista, conduttore radiofonico e autore di libri e documentari.
È al suo triennio di ricerche e alle sue fonti (archivi di Stato e militari, saggistica, stampa dell’epoca) che si deve la “sverniciatura” di due mitizzazioni ideologiche agli antipodi l’una dall’altra, ma ugualmente inesatte. Un lavoro che racconta la vita di Mario Gramsci (1893-1945) e rende onore alla sua storia a lungo ignorata, “fatta di contraddizioni, errori ed incagli”, afferma Lunardelli. Una vicenda, tuttavia, immeritevole del buio fatto calare sul Gramsci nero impresentabile, condannato all’oblio perché non macchiasse la memoria rossa di Antonio, martire politico del regime mussoliniano, ma allo stesso tempo ben lontana dalla rumorosa fascistizzazione del fratello “anticomunista” del padre del comunismo italiano.
Nino posato e taciturno, Mario irrequieto e chiassoso, “l’allegria di casa” a detta della comune sorella Teresina: è indubbiamente una testimonianza attendibile del carattere di due fratelli separati da due anni d’età. Distorte, invece, entrambe le letture del Gramsci fascista, riassunte a modo suo da Giuseppe Niccolai, in una rubrica sul Secolo d’Italia, il quotidiano Movimento Sociale Italiano, partito di estrema destra di cui il parlamentare pisano è stato tra i fondatori.
Scriveva che Antonio Gramsci, “il santone del Pci”, aveva avuto un fratello ch’era stato federale del Fascio a Varese subito dopo la marcia su Roma, valoroso combattente in Abissinia e Africa Settentrionale, prigioniero degli Alleati in Australia, dove si rifiutò di collaborare e venne confinato tra i fascisti irriducibili. Rientrato dalla prigionia molto malato, anzi moribondo, si spense a soli 52 anni, morendo “mussoliniano convinto”. Niccolai aggiungeva che “il Pci aveva provveduto a farne sparire lettere, scritti e persino il ricordo”.
Scriverà di nuovo di Mario Gramsci nei primi del 1981, stesso giornale e rubrica, polemizzando con la Rai che stava per mandare in onda uno sceneggiato in quattro puntate sulla vita di Antonio Gramsci, nel quale non veniva sfiorata l’esistenza del fratello fascista (a suo dire “censurata”).
Antonio Gramsci sugli altari delle celebrazioni ufficiali, della saggistica e della cronaca, il fratello nero invece nell’ombra, indecoroso secondo un’imbarazzata narrazione di parte ma rivendicato da quella opposta, che lo “piangeva” ucciso una seconda volta nella memoria e nella storia, dopo la morte causata dalla prigionia alla quale l’avevano costretto i “liberatori”.
Lunardelli contesta l’una e l’altra delle opposte esasperazioni, illustrando gli atti interessanti che ha rinvenuto, capaci di documentare fatti oggettivi ed evidenziare tutte le forzature.
Leggendo il lavoro di un ricercatore motivato e il libro di una casa editrice instancabile nella proposta di contributi storici insoliti e originali, si ottiene chiarezza - sostenuta da documenti certi - su verità che non solo vengono date per scontate ma possono perfino sembrare plausibili: l’oblio comunista, la rivendicazione fascista.
Errori storici, secondo Massimo. Nega che la figura di Mario Gramsci sia stata tombata dai comunisti, visto che per trovare tracce gli è bastato cercarle. Nessuno ha fatto sparire niente. Ci sono altre carte, inoltre, risalenti alla prigionia, che smentiscono la vulgata del fratello irriducibile fascista del Gramsci pilastro dell’antifascismo. “Eresie storiche”, per dirla con Lunardelli, che non trovano riscontri in nessun documento, mentre basta consultare gli archivi giusti per farsi un’idea più vicina alla realtà.
Non faremo anticipazioni, perché questa storia è anche un giallo e come tale non va detto troppo, altrimenti si renderebbe superfluo leggere il volume.
Ci si limiterà a rendere conto che a chiarire questa coinvolgente vicenda provvedono documenti conservati nei National Archives of Australia, sulla detenzione nei campi per prigionieri di guerra e il verbale della Commissione italiana che interrogava gli ufficiali al rientro dalla prigionia. Per quanto riguarda gli episodi che videro Mario protagonista nella guerra d’Etiopia, alla quale partecipò volontario, la fonte è il fondo Ellero nella biblioteca del Dipartimento di storia dell’Università di Bologna.
Rimpatriato nel 1945, morì qualche settimana dopo, per il tifo contratto sulla nave di ritorno.

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