Gli Addii
- Autore: Juan Carlos Onetti
- Categoria: Narrativa Straniera
Juan Carlos Onetti è considerato uno dei maggiori scrittori latino-americani e sicuramente uno di quelli che più ha contribuito alla nascita della moderna letteratura latinoamericana. Gli addii è un romanzo breve, quasi a metà strada tra un racconto e un romanzo, prendendo, come dice Antonio Muñoz Molina, dal primo il rigore costruttivo, dal secondo il volo di immaginazione.
La storia non è ben definita ed è presentata così come la vede, percepisce e sente il proprietario di un negozio dove alcuni avventori vanno a bere. Per cui il lettore la percepirà allo stesso modo, a spizzichi e bocconi, che provengono dalle supposizioni e dai pettegolezzi degli avventori e dalle intuizioni del proprietario stesso che è anche la voce narrante della storia.
Una storia che narra di un famoso atleta di basket che a causa di una malattia è costretto a ritirarsi in una piccola cittadina per le cure necessarie. Due donne sembrano popolare la sua vita, una più matura l’altra più giovane. Due rivali? Questo e altri aspetti della vita del cestista sono alla base dei pettegolezzi dell’infermiere e della cameriera e che arrivano alle orecchie del proprietario del negozio. Una vita che tutto è fuorché chiara, ma che lascia intuire una tragedia di fondo.
Onetti con il suo fatalismo, una certa psicologia e un certo pessimismo mette in scena l’incapacità dell’uomo di opporsi al destino. Poche le scelte che gli sono accordate e forse è proprio di quella scelta che il giocatore di basket è in cerca. Intrappolato in una condizione che non ha scelto, lascia fare al fato e a tutte le persone che gli ruotano intorno senza mai intervenire per decidere della sua vita. L’uomo sembra trovarsi senza punti di riferimento e Onetti ne dà pochissimi anche al lettore che non sa identificare la città così come i vari luoghi così come i personaggi stessi che nella stragrande maggioranza dei casi non hanno nome né un volto preciso.
Riporto solo poche righe che danno il senso dell’opera:
Continuai a vederla e ancora la ricordo così: superba e supplicante, non paziente, ma priva della comprensione della pazienza, con gli occhi bassi, capace di generare con il suo sorriso l’appetito sufficiente per continuare a vivere, per raccontare a qualcuno, con un moto delle palpebre, con un atteggiarsi della testa, che questa disgrazia non aveva importanza, che le disgrazie servivano solo a segnare delle date, a separare e rendere intellegibili il principio e la fine delle numerose vite che percorriamo e viviamo.
Gli addii
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