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Recensioni di libri

Giocare col fuoco. Storie dal campionato perduto del 1944 di Marco Ballestracci

Mattioli 1885, 2021 – Il massimo torneo di calcio di Serie A 1943-44 è stato disputato in forma del tutto irrituale, in un’Italia divisa dalla guerra e con gli Alleati che avanzavano verso il territorio della Repubblica Sociale fascista.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 26-12-2021
Giocare col fuoco. Storie dal campionato perduto del 1944

Giocare col fuoco. Storie dal campionato perduto del 1944

  • Autore: Marco Ballestracci
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Saggistica
  • Anno di pubblicazione: 2021

La FIGC non ha mai riconosciuto il campionato di calcio di massima serie 1943-44. Eppure, è stato disputato, sebbene in forma del tutto particolare e con diverse deroghe alle norme sul tesseramento dei giocatori. Tutto raccontato con rigore storico degli eventi e verosimiglianza delle vicende dei protagonisti, in un lavoro recente del giornalista di sport ed esperto di ciclismo Marco Ballestracci, Giocare col fuoco. Storie del campionato perduto del 1944, pubblicato ad aprile per le edizioni Mattioli 1885 di Fidenza (291 pagine). Non è un romanzo, ma ci si avvicina tanto. Si tratta della ricostruzione, solo in piccola parte fantasiosa ma storicamente fondata, di come quegli eventi si sono sviluppati nella realtà.

Su suggerimento dell’autore, due volte vincitore del Premio Selezione Bancarella con libri di ciclopedale, nel 2009 e nel 2013, va ribadito che pensieri e azioni dei personaggi si avvicinano molto al vero, calati in un contesto di vicende autentiche. Di sport, calcio in particolare. Di squadre e giocatori. Di fascisti e nazisti, italiani e tedeschi. Il dramma dell’occupazione nella seconda parte della guerra 1940-45 in Italia e la resistenza partigiana contro il nazifascismo.

Ballestracci, al quale va riconosciuto d’avere portato a termine un lavoro straordinario, confezionando un racconto leggibile e molto spesso avvincente, va detto ch’è nato in Svizzera, a Neuchatel, nel 1962 e vive a Castelfranco Veneto. Laureato in economia alla Ca’ Foscari di Venezia, cantante e armonicista blues impegnato in diversi festival, ha iniziato a fare lo speaker e giornalista a Radio Padova, nel circuito Popolare Network, collaborando assiduamente anche con numerose testate tra Ticino e Veneto.

Ci guarderemo dal rivelare la formazione vincitrice della finale del campionato, giocata sul prato dell’Arena di Milano il 16 luglio 1944, dal momento che Giancarlo riassume gli antefatti solo in una postfazione storica. Sulle prime, contava di collocarla in avvio del libro, ha deciso poi di accodarla, per non anticipare dettagli e rovinare i colpi di scena, “che sono l’essenziale della narrazione”.

Dopo l’8 settembre 1943 e l’armistizio con gli Alleati che aveva voltato le spalle alla Germania, Hitler avrebbe deportato l’intero popolo italiano. Non potendolo fare, ovviamente, aveva favorito la creazione del governo repubblicano fantoccio affidato a Mussolini, fatto liberare dalla detenzione al Gran Sasso. La sede della RSI fascista era sul Garda lombardo, a Salò, ma i Ministeri erano sparpagliati in tutto il Nord. A Venezia, città gioiello che gli anglo-americani evitavano di bombardare, si erano raccolte le strutture della cultura, compreso il Cinevillaggio che sostituiva la romana Cinecittà, troppo vicina all’area dei combattimenti nel Sud Italia, minacciato dall’avanzata alleata.

Il Dicastero della cultura popolare faceva capo al ministro Mezzasoma, scettico sulle sorti della RSI e del Reich, ma convinto di dover intrattenere italiani, restituendo una parvenza di vita normale, nonostante i disastri della guerra. Questo, attraverso lo spettacolo, il cinema, le discipline sportive.
Decise di puntare sul calcio, dal momento che lo sport nazionale di allora, il ciclismo, era incompatibile col dominio dell’aria in mano alle aviazioni alleate. L’Italia era ancora campione del mondo dal 1938 e le partite si tenevano in un terreno di gioco circoscritto. L’allarme aereo avrebbe consentito a spettatori e calciatori di mettersi al riparo in tempo.

All’architetto Ettore Rossi, che già dirigeva il Coni, venne affidato il compito da neo commissario della FIGC (la Federazione Italiana Giuoco Calcio), di far disputare un campionato nonostante le oggettive limitazioni. Erano quelle poste dalla guerra, dalla sede geografica delle formazioni rispetto al fronte e dall’indisponibilità di giocatori militari o residenti nelle regioni già liberate dagli Alleati.

Parteciparono squadre dei territori della RSI e il giorno in cui il torneo venne indetto, il 27 novembre 1943, l’Italia era tagliata in due dalla linea Gustav, che da Ortona raggiungeva il Tirreno alla foce del Garigliano, passando per Cassino. Niente da fare quindi per le società del Sud. Quelle del Centro rinunciarono, mano a mano che il fronte si spostava verso Nord.

Impossibile disputare incontri a girone unico: il torneo cominciò con eliminatorie zonali, poi interregionali, per concludersi con una finale a quattro che avrebbe assegnato il titolo di campione d’Italia alla vincitrice del quadrangolare.
Solo per quel campionato, non vennero considerati i cartellini di appartenenza e si consentì ai calciatori di tesserarsi provvisoriamente con le formazioni di sede più vicina e logisticamente accessibile. Il centravanti della Nazionale Silvio Piola, in forza alla Lazio, andò a rafforzare il già competitivo Torino di Loik, Gabetto, Ossola, Valentino Mazzola. Le società si impegnarono a rendere i propri giocatori “risorse indispensabili allo sforzo bellico”: Torino e Juventus li fecero assumere dalla Fiat, i Vigili del Fuoco di La Spezia li arruolarono come pompieri.
Tutto lascia immaginare un facile successo dei fortissimi granata del presidente Novo e di capitan Mazzola...

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Giocare col fuoco. Storie dal campionato perduto del 1944

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