Fiore di fulmine
- Autore: Vanessa Roggeri
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Garzanti
- Anno di pubblicazione: 2015
Fiore di fulmine (Garzanti, 2015) è il secondo romanzo di Vanessa Roggeri, che compone una storia singolare con protagonista una giovane donna indifesa e indomita, specchio di una Sardegna ancestrale e misteriosa, dopo il successo del bestseller Il cuore selvatico del ginepro (Garzanti, 2013), nel romanzo dedicato “Ai miei lettori, con affetto e gratitudine”. L’autrice “sarda nuragica” è nata e cresciuta a Cagliari.
“Gente di Monte Narba, accorrete! Miracolo! Miracolo! È successo un miracolo! La bambina è resuscitata!”.
Toninu era giunto nella piazza del villaggio minerario proprio mentre il cielo si stava rischiarando. Il becchino recava un carico prezioso, era tempo che tutti vedessero e si stupissero. Ben presto tutti compresero che Toninu non era diventato pazzo, l’uomo tra le braccia non reggeva un cadavere, bensì la figlia viva e vegeta di Antonio Musa, che era stato il falegname della miniera quando il monte era gentile e generoso e “l’argento era uscito a fiumi dalla sua pancia”, e di Luigia Solinas, sarta e ricamatrice dalle mani d’oro. “La prima volta che Nora Musa morì” era il giugno del 1899 e aveva 11 anni. La bambina possedeva il coraggio più scellerato che la gente delle miniera di Monte Narba avesse mai visto. Pelle bianchissima, capelli neri, occhi verdi come le foglie tenere del bosco e mingherlina, Nora aveva lo stesso spirito di “un giovane gatto che cerca guai dietro ogni angolo”, non aveva paura di niente e di nessuno. La temerarietà, dicevano al villaggio, era ciò che gli uomini saggi dovevano evitare se intendevano rimanere vivi e Nora subiva fin troppo l’influenza dei fratelli maggiori, Saturnino, Lazzaro e Pietro, per non essere definita quanto meno temeraria o scellerata. Cinque mesi prima, un grave lutto aveva colpito la famiglia Musa: Antonio infilatosi a più di duecento metri di profondità per armare un nuovo tratto di galleria con travi e putrelle di legno, non ne era più uscito vivo. “La montagna lo aveva inghiottito vivo”. Il lutto aveva smagrito Luigia, che ora per mantenere se stessa e i figli, lavorava come cernitrice alla laveria che stava allo sbocco della galleria Su Malloni. Alla fine della giornata Luigia si guardava le mani, ora rammollite dall’acqua e ferite dalle pietre acuminate e le sembravano mani sconosciute, le dita di qualcun’altra e non più le sue, quelle abili e delicate di una ricamatrice. A pulire, a lavare, a cucinare, ad accudire le galline e il maiale ora ci pensava Nora ma spesso la ragazzina nonostante il divieto della madre, andava a trovarla alla laveria. Durante una di quelle volte all’improvviso un tuono rimbombò per la valle, Luigia aveva intimato a Nora di tornare di corsa a casa, perché stava per scoppiare un violento temporale estivo, ma la bambina seguendo un folle pensiero, accompagnata dal maiale Zelinda e dai sette maialini, aveva iniziato a correre su per la collina sfidando il vento, tuoni e fulmini. Quest’ultimi erano magici perché venivano dal cielo, dallo stesso posto nel quale si trovava suo padre, rifletteva Nora che aveva trovato rifugio sotto una grande quercia. La pianta era stata centrata da un fulmine, il corpicino di Nora era stato sollevato in aria e sbalzato a venti passi di distanza, lontano dall’albero, che si era aperto in due come un sottile giunco. Il cuore di Nora si era fermato, era stato celebrato il funerale ma all’alba del mattino dopo Toninu aveva sentito dei rumori provenire dalla cappella del cimitero che custodiva la bara di Nora. La bambina era ancora viva ma la sua seconda nascita le aveva regalato la capacità di vedere i defunti, era una “bidermortos”. Nora, inoltre, che ora costituiva un vero e proprio dilemma scientifico, aveva, “un’impressionante infiorescenza rossastra” sulla pelle dovuto al grande calore portato dal fulmine L’autrice con questa intensa figura femminile sembra conoscere il segreto di come entrare nell’animo di ciascun lettore.
“Nessun vascello c’è che come un libro possa portarci in contrade lontane né corsiere che superi la pagina d’una poesia al galoppo. Questo viaggio può farlo anche il più povero senza pagare nulla tant’è frugale il carro che trasporta l’anima umana”. Emily Dickinson
Fiore di fulmine
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