

Fatico a ricordare il tuo viso. E, ancora di più, la tua voce
- Autore: Giuseppe Cesaro
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: La nave di Teseo
- Anno di pubblicazione: 2025
Da un titolo così evocativo, tanto strazio. Giuseppe Cesaro è scrittore di ricordi e di vite vissute, perché erano corpi caldi che correvano, che parlavano, con cui si litigava, ma più si va indietro nel tempo e più si fa fatica a rammentare le persone che furono e ora non sono più da anni e anni. L’autore già ci dice il suo stile nel titolo, che sembra una giustificazione che si dà al proprio psicoterapeuta, ai cugini ritrovati, a zie che sono monadi delle nostre memorie. Ebbene sì, il titolo è Fatico a ricordare il tuo viso. E, ancora di più, la tua voce (La nave di Teseo, 2025, prefazione di Pupi Avati) ed è di per sé una poesia breve, un haiku sopraggiunto da altre culture. In Giappone c’è il culto degli antenati; nei paesi occidentali del nuovo millennio c’è la totale rimozione della morte e, quindi, della vita. Siamo ingranaggi di un orologio rotto, che poi a volte funziona; così nella nostra memoria, facendo grandi sforzi, ci ricordiamo di nonni e bisnonni, nemmeno a scriverlo, solo se erano famosi come cantanti, artisti, poeti, pittori, scrittori di bestseller, scrittori di ’classici’. Solo la notorietà ci mette in una condizione di tranquillità, perché è facile ricordare chi ha avuto il successo in vita.
Nella prosa sinuosa e difficile di queste pagine, che hanno un sottotesto poetico in cui è facile perdersi, ci sono Giuseppe, il più grande dei figli, e poi Giovanni di sedici anni e infine Benny, di tredici, i quali non hanno capito perché non possono parlare con la mamma. È arrabbiata coi figli? È scappata dal marito che, a volte, alza la voce? Non è ancora più brutto celare un fatto naturale, come la morte prematura di una madre? Che poi non c’è più per un "brutto male". Saperlo in quella maniera a Cesaro sembra che:
Un’onda di tsunami sarebbe stata meno impietosa.
E venti anni dopo fu così anche per il padre, con figli già grandi, strutturati, trattati come bambini che non possono capire.
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Questa intima e straziante scrittura di Cesaro ci destabilizza; allora moriremo senza lasciare niente? E i nostri ricordi andranno via da noi? Anche fisicamente, la madre è dimagrita in modo spaventoso, ma il sangue ancora passa, le mani sono calde. Siamo sicuri che non toccare più quel corpo ci fa stare meglio? Uno scrittore ci ricorda chi è stato in vita, ma chi lo sa? Solo i lettori, che stanno contemporaneamente leggendo quel libro; e per quanto riguarda un quadro, il ricordo del pittore vive in noi guardandolo insieme in un museo, quel suo quadro specifico. Giuseppe Cesaro ci ricorda una cosa che teniamo celata, ovvero che la morte è la parte degli altri di cui non sapremmo mai gli sviluppi futuri. E un successo il padre di Giuseppe lo ha avuto: ha avuto premi pubblici, una carriera, ma non è cambiato il modo in cui lo dicono quelli attorno ai figli, ormai grandi, coi capelli grigi, se i capelli sono ancora in testa. Un libro doloroso, poetico, difficile da digerire.

Fatico a ricordare il tuo viso. E, ancora di più, la tua voce
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