Farmaco
- Autore: Almudena Sánchez
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2023
Accade spesso che “ci ritroviamo, d’un tratto, fragili e in fiamme”, in situazioni nelle quali a un certo punto ci svegliamo e ci ritroviamo bloccati, diventiamo incapaci di affrontare qualsiasi cosa, le gambe si trascinano, la testa si riempie di pensieri, lo sguardo cade nel vuoto e il sorriso scompare dai nostri volti. Ci ritroviamo incapaci perfino di pronunciare il nostro nome per completo. E per evitare di dire ad alta voce quella parola fragile che tanto spaventa la società odierna – depressione – derubrichiamo la cosa sotto il termine di “tristezza”. Ecco, con una schiettezza fuori dal comune Almudena Sánchez – celebrata come una delle dieci migliori scrittrici trentenni spagnole nel 2019 – invece ha il coraggio di dire le cose come stanno, di usare quella parola che spesso appare come un tabù nella società della iper-produttività e della felicità a tutti i costi: depressione.
Se pertanto “scrivere i propri pensieri è cominciare a viverli”, Farmaco (Polidoro, 2023. Trad. ita di Marta Rota Núñez) è la sua personale ricetta contro la malattia che si racchiude in un flusso impetuoso di pensieri che affiorano dalla mente dell’autrice-protagonista.
“La scrittura ha a che fare con l’acqua”
sottolinea la Sánchez, che ci descrive la sua personalissima esperienza con la malattia mentale in un racconto coraggioso, sincero, a tratti crudo, ma sensibile. La parola tanto celata dalla narrazione quotidiana ritrova nella precisione lessicale della scrittrice la sua forza prorompente; ci troviamo di fronte così a descrizioni perfette dello stato fisico e psichico in cui verte il corpo afflitto da quella che è
“la malattia più grande, invisibile, inaspettata, distruttiva, egoista, insana, paranoica, squallida, lurida e tendenziosa che abbia mai avuto”.
Una serie di attributi incisivi cui seguono metafore illuminanti: i pensieri che affliggono la nostra mente sono
“briciole di pane (pensieri infornati, farina cosparsa, lievito madre fiammeggiante) che bruciano, si appiccicano, risbucano sempre e provocano un pianto intermittente”.
I corpi di una persona depressa come “alberi che senza motivo né cause biologiche marciscono dentro”.
Parlare di salute mentale e di depressione oggi è un gesto probabilmente politico, rivoluzionario. Farlo attraverso la letteratura è soprattutto umano. Il rischio di cadere nelle generalizzazioni è alto, lo sa bene l’autrice che ricorda che
“se cerco su internet la parola depressione, tutto è depressione. È una parola piena, milleusi”.
Tuttavia la bellezza di questo Farmaco – un’esperienza di pazienza e di chimica, di malattia e guarigione –, sta nel coraggio e nella bellezza del suo racconto, nell’abilità dell’autrice di farci vivere, attraverso la parola che descrive, situazioni di fragilità con cui siamo portati a empatizzare.
Cerco di definire uno stato astratto. Mi sto curando ma non ho cicatrici per dimostrare che ho vissuto qualcosa di tremendo.
Almudena Sánchez ha dunque messo su carta la sua storia di caduta e risalita, il suo senso di smarrimento, la sua apatia e la sua lenta rinascita, con uno stile peculiare fatto di riflessione e brevi istantanee, capitoli che sembrano tweet e pagine che descrivono, all’opposto, lo stato d’animo alterato dagli psicofarmaci e il peso dei traumi infantili che affollano la sua mente alla ricerca delle cause e della cura del suo male.
Una narrazione sconnessa ma travolgente, dove l’autrice si aggrappa ai libri, al potere delle parole nella ricerca di una comprensione e di quell’ascolto che è necessario per rialzarsi dopo la caduta, vere e proprie “iniezioni di luce” fondamentali per curarsi e riuscire a tornare padroni del proprio benessere fisico ed emotivo.
Farmaco ha la franchezza di mostrarci una storia ricca di emozioni e sentimenti contrastanti, che mette infine i puntini sulle i ad un tema delicato ma sempre più attuale, con coraggio e con una scrittura intima, autobiografica, che si mescola col romanzo di formazione ma che ha la tenerezza e la bellezza di descrivere e fare luce sulle parti più sensibili del nostro io. E concederci di vivere meglio la propria fragilità, di mostrarla con un po’ più di serenità e un po’ meno paura.
Virginia Woolf difende noi malati depressivi. Era ora che la fragilità venisse alla ribalta. Addio al macho e al sacrificio femminile perpetuo. Che la morbidezza, il passo falso, lo strappo delicato appaiano nei libri. Senza piegarci sotto tutti quei colpi. Senza vanità né orgogliosa vendetta: piangere cinque grossi lacrimoni che pesino sul viso, come quando eravamo bambini. [...] Che ci sia pace. È giusto per l’umanità che l’inciampo trionfi. Che venga nominato, che si senta, che vibri. Gettiamo nell’inceneritore la moda dell’autoaiuto e piangiamo, piangiamo, scoperchiamo il vaso della desolazione.
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