Farfalle e ghiacciai di Fosco Maraini

“La mia vita tra le montagne” è il sottotitolo di “Farfalle e ghiacciai” (Hoepli 2019, prefazione di Dacia Maraini, postfazione di Marco Albino Ferrari, curatore della collana “Stelle Alpine” di cui fa parte il volume) dello scrittore e poeta Fosco Maraini (Firenze, 15 novembre 1912 – Firenze, 8 giugno 2004) che contiene i brani più belli dedicati alle alte quote dall’etnologo, orientalista, alpinista e fotografo.

Che ti move, o omo, abbandonare le tue proprie abitazione delle città e lasciare lì parenti e amici et andare in lochi campestri per monti e valli, se non la naturale bellezza del mondo.

La convinzione di Leonardo Da Vinci, esergo del presente testo, è stata anche quella che ha guidato tutti i passi verso la cima di Fosco Maraini. Il profondo conoscitore di “case, mondi e universi” vedeva nella montagna e nella gente che si può incontrare (compagni di cordata, pastori, guide o custodi dei rifugi) due immense attrazioni. Le alte vette facevano da chiesa a Maraini, la montagna per l’etnologo era “Dio fresco. Dio libero. Dio diretto”, da qui si evince che Fosco Maraini, benché avesse sempre creduto nella ragione, “era anche abitato da una spiritualità profonda”, come precisa la figlia Dacia nella Prefazione del volume.
Incantarsi di fronte al volo di una farfalla per poi subito dopo perdersi con la mente osservando la solennità di un ghiacciaio. Seguire quindi quella “canoscenza” di dantesca memoria, non avere paura di affrontare a viso aperto i pericoli sulle Dolomiti, nel Sikkim o nel Tibet, affascinato dal rischio di arrivare su fino in cima per osservare entusiasta e sbalordito il maestoso panorama che si trovava davanti. Un entusiasmo e una determinazione che hanno portato Fosco Maraini in più continenti. Ed è per questo che il testo arricchito da un ampio album fotografico dell’autore, è stato diviso per sezioni geografiche: “Occidente”, “Oriente”, “Estremo Oriente”, che corrispondono anche ad altrettanti capitoli della vita di Maraini. I brani qui raccolti, scritti nell’arco di oltre sessant’anni, sono apparsi sul “Corriere della Sera”, sulla stampa locale, sulla rivista del Club Alpino Italiano e su pubblicazioni specializzate di viaggi e geografia. Il tema centrale è sempre l’alpinismo e la montagna che il piccolo Fosco scoprì molto presto, nel 1920 a soli otto anni, in vacanza con i nonni a Vallombrosa, in provincia di Firenze, quando dall’osservazione delle Alpi Apuane, lavate da un furioso temporale estivo, al bambino sembrò di assistere alla creazione del mondo. Le lontanissime Apuane, una selva di punte irte, irregolari e fantastiche, sembravano:

terre ancora da plasmare che emergevano da un vuoto sconfinato, color dell’incendio.

A quindici anni, all’adolescente Fosco scoppiò la passione della montagna, complice l’amico e compagno di scuola Bernardo, fu ancora una volta la vista dei profili drammatici delle Apuane a far venire l’idea di concepire la prima vera spedizione in montagna. Basta lunghe passeggiate in collina, le Alpi Apuane avevano raccolto la sfida.

Che ne dici Berna, si va sulle Apuane invece di perder tempo tra queste insulse colline?

Fosco Maraini, profondo conoscitore di case, mondi e universi, figlio di Antonio Maraini scultore ticinese e di Yoi Crosse scrittrice inglese, laureato in Scienze naturali a Firenze, si sposò con la pittrice siciliana Topazia Alliata, dalla quale ebbe tre figlie, Dacia, Yuki e Toni. Dopo l’8 settembre ’43 fu internato in un campo di concentramento nipponico con la sua famiglia per essersi rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò, alleata del Governo nipponico. Alla sua morte fu sepolto, come da sue espresse volontà, nel più alto e minuscolo dei cimiteri italiani, quello dell’Alpe di Sant’Antonio in Garfagnana, che si trova sotto le sotto le sue amate Apuane.