Eusebio e Trabucco. Carteggio
- Autore: Eugenio Montale
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Adelphi
È la storia di un’amicizia, una delle più affascinanti della letteratura italiana del Novecento: quella sorta fra Eugenio Montale (Genova 12 ottobre 1896- Milano 12 settembre 1981), allora trentasettenne, e Gianfranco Contini (Domodossola 4 gennaio 1912- ivi 1 febbraio 1990), un critico letterario poco più che ventenne. Nel 1933 quest’ultimo dedicò al poeta degli “Ossi di seppia” uno dei suoi primi scritti. Quel saggio brillante non mancò di colpire profondamente Montale, che l’8 giugno così scriveva al suo sconosciuto ammiratore:
“Ho chiesto e avuto da Falqui il Suo indirizzo, e posso così ringraziarla. Lo faccio proprio di cuore. Raramente l’opera mia è stata esaminata con tanta intelligenza e tanto amore. Lei m’era ignoto fino a poco tempo fa; ciò accresce il mio interesse e la mia riconoscenza”.
Né Contini né Montale potevano lontanamente immaginare che quella lettera avrebbe decretato un sodalizio destinato a durare quasi mezzo secolo. Contini fu per il poeta una sorta di acutissima coscienza critica, sempre attentamente ascoltata, e insieme un fedele compagno di vita. A Montale dedicherà i saggi di “Una lunga fedeltà”, il cui titolo richiama proprio la dimensione “umana” del loro rapporto. Inizia una corrispondenza privata fra i due uomini, nel periodo che va dal 1933 al 1978.
Le lettere che si scambiarono sono state pubblicate da Adelphi nel novembre del 1997, col curioso titolo di “Eusebio e Trabucco”, classici soprannomi montaliani. Il lettore avrà così il privilegio di ripercorrere, come scrive Isella nella sua Prefazione, un
“memorabile itinerario dell’intelligenza e dei sentimenti che si svolge, scavalcando anche i silenzi e gli ostacoli del tempo di guerra, nel corso di mezzo secolo: un dialogo teso, inebriante, non mai facile”.
Ricostruire il contesto delle missive è complicato. Esse risultano così enigmatiche da sembrare talvolta scritte in codice. Inoltre, non tutte sono state conservate, quindi nella lettura fra una e l’altra si avvertono dei vuoti temporali. La scrittura di Montale in questo carteggio si fa più libera, a volte diventa quella di un adolescente, mentre Contini conferma la sua fama di critico e di osservatore attento della storia. Curiosa la lingua in cui i due si scrivono, con frequenti italianizzazioni di parole straniere.
A partire dagli anni Cinquanta le lettere si fanno più rare e talora più fredde, per poi tornare fitte nel decennio successivo. Alle missive, Montale univa quelli che allora erano componimenti inediti, come “La storia”, nell’ottobre 1969:
“La storia non è magistra
di niente che ci riguardi”
dove sottolineava l’aspetto negativo di questa realtà e demoliva tutte le teorie che alla storia avevano dato grande peso.
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