Se non ci fosse stato Elio Vittorini era davvero il caso di inventarlo. Non fu semplicemente uno scrittore; era un uomo capace di incarnare un ideale, un modello, uno stile di vita. Tra le sue opere più famose ricordiamo Uomini e no, edito da Bompiani nel 1945, il primo testo in prosa che narrava l’epopea della Resistenza italiana cui Vittorini diede un titolo esemplare che si proponeva di indagare, in uno dei momenti più difficili e tormentati della storia moderna, il discrimine tra “ciò che è umano e ciò che umano non è”.
Nella sua esistenza Vittorini fu molte cose e sempre diverse, ma in ciascuna rifletteva la propria essenza: fu antifascista militante, correttore di bozze, giornalista, scrittore pasionario e, non da ultimo, un editor brillante per la maggiori case editrici italiane, tra cui Einaudi per cui diresse la fortunata collana “I Gettoni”.
Nasceva a Siracusa il 23 luglio 1908, ma dalla sua Sicilia se ne andò presto per cercare fortuna (e libertà) altrove. Con la sua terra natale tuttavia continuò a intessere una conversazione ininterrotta che ancora oggi si riverbera nelle pagine malinconiche e dal fascino indiscusso di un altro suo libro capolavoro Conversazione in Sicilia (1941).
Elio Vittorini: una vita in fuga
Elio Vittorini era figlio di un ferroviere e sin dall’infanzia era solito spostarsi di frequente a causa del lavoro del padre, da cui ereditò quel nomadismo che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. La famiglia era povera e non lo orientò certo a una vita intellettuale. Terminata la scuola dell’obbligo lo costrinsero a iscriversi a ragioneria, con la convinzione che degli studi tecnici gli avrebbero consentito di “guadagnarsi da vivere”. Ma lui non voleva saperne, continuava a leggere libri alimentando la sua conoscenza letteraria da autodidatta, e con le orecchie ben aperte era pronto a cogliere ogni accenno di mutamento nelle intemperie culturali di quegli anni. Non sentiva la Sicilia come la “sua” casa, perché la sua casa era il mondo intero. A diciassette anni era scappato già tre volte; ma ogni volta i genitori l’avevano redarguito e costretto a recitare la parte del figliol prodigo riportandolo sulla via del ritorno, persino quella volta che aveva tentato di arruolarsi come pilota.
Nel 1924 lasciò per sempre la Sicilia per fuggire a Gorizia, dove aveva trovato un impiego in una ditta di costruzioni stradali come addetto al pagamento degli stipendi, e nel tempo libero decise di riversare la sua ribellione nella scrittura, iniziando a collaborare per diverse riviste letterarie.
Centrale fu la collaborazione con la rivista quindicinale La Conquista dello Stato diretta nientemeno che da Curzio Malaparte. Grazie al supporto di Malaparte il suo nome iniziò a circolare nell’ambiente letterario e Vittorini riuscì ad accedere a collaborazioni più numerose. Sulle pagine della Fiera letteraria apparve il suo primo racconto dal titolo Il ritratto di re Giampiero.
Nel 1930 si trasferì a Firenze con la moglie Maria Rosa Quasimodo, sorella del celebre poeta, da cui ebbe un figlio cui diede il nome di “Curzio” in omaggio al suo mentore. Nella culla del Rinascimento italiano iniziò a lavorare come segretario della rivista Solaria e come correttore di bozze per il quotidiano La Nazione, ed ebbe così modo di entrare in contatto con l’ambiente letterario dell’epoca. Gli articoli di Vittorini erano sferzanti, in un celebre pezzo attaccava - senza peli sulla lingua - il “provincialismo della letteratura italiana”. Le sue posizioni, sempre così nette, di certo non passavano inosservate. L’anno successivo diede alle stampe il suo primo libro Piccola Borghesia, una raccolta di racconti pubblicata dalla casa editrice affiliata alla rivista Solaria.
Elio Vittorini: gli esordi come narratore
La raccolta di racconti era un’opera ancora acerba, di un giovane autore che andava alla ricerca del suo stile. Il critico Sergio Solmi in una recensione la definì come “un’opera immatura”. In quelle pagine si poteva avvertire la passione palpitante di Vittorini per la scrittura e una certa originalità nei temi trattati, ma lo stile era ancora acerbo. Nel 1933 lo scrittore in erba iniziò a pubblicare a puntate, sempre sulla rivista Solaria, il suo primo romanzo Il garofano rosso, all’epoca censurato dal regime fascista che lo giudicò contrario “alla morale e al buoncostume”.
Recensione del libro
Il garofano rosso
di Elio Vittorini
Nel frattempo Vittorini rafforzava le proprie posizioni politiche antifasciste, schierandosi contro Francisco Franco e pubblicando opinioni molto nette sulla Guerra civile in Spagna. Stava scrivendo una delle sue opere più famose Conversazione in Sicilia, che a partire dal 1936 sarebbe stata pubblicata a puntate sulla rivista Letteratura, ma ancora una volta presa di mira dalla censura fascista che, come possiamo immaginare, non vedeva di buon occhio l’autore.
Recensione del libro
Conversazione in Sicilia
di Elio Vittorini
Due anni dopo, nel 1938, Vittorini si trasferì a Milano per lavorare come editor per Bompiani e per inseguire un nuovo amore, Ginetta Varisco, che sancirà la fine del suo matrimonio con Rosa Quasimodo già infelice da molto tempo. Nel capoluogo meneghino Vittorini fondò una nuova rivista, insieme a Carlo Cattaneo, che recava il nome de Il Politecnico. Su quelle pagine sarebbe stato pubblicato il primo racconto di un giovane Italo Calvino.
Nel frattempo Vittorini lavorava per Bompiani all’antologia Americana, una raccolta dei principali narratori statunitensi dell’epoca, che tuttavia non avrebbe avuto vita facile a causa della censura. Vittorini aveva appreso l’inglese da autodidatta - tutto nella sua vita era un costante processo di autoapprendimento, a quanto pare - e pian piano si era improvvisato traduttore scoprendo i romanzi di D. H. Lawrence e John Fante.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale Vittorini si schiera senza indugio al fianco della resistenza partigiana, avviando l’attività di stampatore clandestino.
“Uomini e no”: il romanzo della Resistenza di Vittorini
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Scritto durante la guerra, nel 1944, Uomini e no è uno dei primi testi in prosa a narrare la Resistenza italiana alla quale Elio Vittorini aveva partecipato attivamente in prima persona.
Nei capitoli del libro l’autore alternava le azioni dei partigiani, scritte in tondo, alle proprie riflessioni personali, riportate nei capitoli in corsivo. Il protagonista è Enne 2, capo dei partigiani milanesi, che ci narra le sue vicende esistenziali e amorose (l’uomo è infatti innamorato di una donna sposata di nome Berta, Ndr).
Attraverso quel titolo così evocativo Uomini e no, Vittorini non voleva esprimere l’opposizione tra ciò che umano e ciò che non lo è, ma la compresenza tra umano e bestiale che si incarna nella guerra, in ogni guerra. La morale del libro è un profondo messaggio di umanità e fratellanza.
Elio Vittorini e l’attività di editor
Nel 1951 Vittorini venne chiamato da Giulio Einaudi a dirigere la collana “I Gettoni”. Il suo lavoro di editor per la casa editrice di via Biancamano 2 ha lasciato un segno profondo nella nostra narrativa novecentesca. All’intuito di Vittorini dobbiamo la scoperta di autori entrati nel canone letterario come Beppe Fenoglio, Carlo Cassola e Italo Calvino.
Non solo scoperte illuminanti, però, il Vittorini editor einaudiano fece anche un gran rifiuto: Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa che sarebbe stato edito postumo da Feltrinelli. Nella lettera di rifiuto, spedita all’autore, Vittorini giudicava il romanzo “squilibrato” nelle parti e lamentava il fatto di avere altri venti manoscritti in riserva, che sarebbero usciti al ritmo di “non più di quattro l’anno”.
Dal 1960, negli ultimi anni della sua vita, Vittorini lavorò come editor per la casa editrice Mondadori per la quale seguì la collana “La Medusa” nella sezione “scrittori stranieri”.
Alla sua morte lasciò un romanzo incompiuto, Le città del mondo, che sarà pubblicato postumo nel 1969.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Elio Vittorini: vita e opere del narratore della Resistenza
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