

Fin dalla notte dei tempi, la primavera è la stagione maggiormente trattata in poesia, dove assurge a simbolo della straordinaria e misteriosa capacità della natura di rinascere e di autorigenerarsi. I rigori dell’inverno sono come il fuoco sotto la cenere: nell’apparente grigiore e nella monotona piattezza che ci avvolge, la fiamma continua ad ardere in attesa del momento in cui tornerà a splendere più alta e possente che mai. Dunque la natura si riposa, aspettando la nuova esplosione di profumi e colori di cui si ammanterà all’arrivo della bella stagione.
In Scintille, il grande poeta indiano Rabindranath Tagore, premio Nobel per la Letteratura nel 1913, cattura l’essenza stessa della primavera e la racchiude in pochi, meravigliosi versi carichi di suggestione e di un raro e coinvolgente potere evocativo che ne evidenzia l’incredibile talento artistico. Analizziamo approfonditamente il testo e vediamo qual è il suo significato più profondo.
“Scintille”: testo della poesia
Vieni, primavera, vieni
a svelare la bellezza del fiore
celata nel bocciolo
tenero e delicato.Lascia cadere le note
che porteranno i frutti,
e passa con cura il tuo pennello
d’oro di foglia in foglia.
“Scintille”: la rinascita del creato a primavera


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Ci sono due modi per vivere appieno la bellezza della primavera: uscire e immergersi nella natura che si risveglia oppure leggere Scintille di Rabindranath Tagore. Per quanto questa stagione sia onnipresente in poesia e in letteratura, infatti, è oltremodo difficile imbattersi in un autore altrettanto capace di coglierne e renderne la sostanza più vera come fa lo scrittore, poeta, drammaturgo e filosofo indiano in questo breve componimento, non a caso considerato fra i più riusciti sul tema.
In esso Tagore cerca, desidera, invita la primavera a entrare affinché sveli, come ogni anno, le meraviglie del creato rimaste celate ai nostri occhi nei lunghi e freddi mesi invernali. Infatti è finalmente giunto il momento più atteso, quello in cui la natura esplode nei colori e nei profumi per i quali tanto la amiamo, dimostrando ancora una volta quella sua incredibile potenza di rigenerazione che non sappiamo spiegare e che non finirà mai di stupirci.
Quanto tutto ciò sia strettamente e intimamente correlato all’animo umano è evidente: la forza vivificante della natura ci infonde una nuova e contagiosa energia, ci invita a riconnetterci con i suoi ritmi e a seguirli, ci sprona a realizzare i sogni e i progetti rimasti nel cassetto durante l’inverno e ci spinge a un rinnovamento fisico e morale che sa di rinascita purificatrice e corroborante.
La primavera, ci dice Tagore, è la stagione in cui lo splendore si manifesta, come accade per i fiori che da boccioli si schiudono e aprono al mondo le loro corolle variopinte e odorose. E infine il poeta ci ricorda che pure l’uomo è parte del creato, con cui si fonde e si confonde soprattutto in primavera, quando anch’egli germoglia, rifiorisce e rinasce diventando un tutt’uno con il paesaggio che lo circonda.
“Scintille”: il trionfo della luce sull’oscurità
Il verso conclusivo di Scintille, che recita “e passa con cura il tuo pennello / d’oro di foglia in foglia”, si inscrive in quella lunga tradizione letteraria e filosofica, anche indiana, che vede nella primavera la concretizzazione del trionfo della luce sull’oscurità.
Le interminabili e buie giornate invernali, così come il grigiore e l’uggiosità che le caratterizzano, lasciano il posto a ore e ore di luminosità, allegria e giocosità, in un piacevole contesto di generale fermento che fa bene allo spirito e rincuora da ogni amarezza.
In questa poesia di Tagore la primavera si umanizza, agisce e sembra di vederla all’opera mentre, come fosse un pittore, dipinge foglie e fiori. D’oro naturalmente, sinonimo della solarità che porta con sé e che generosamente elargisce a ciascuno di noi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Scintille”, l’essenza della primavera nei versi di Rabindranath Tagore
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