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Storia della letteratura

Edipo re di Sofocle: la tragedia perfetta

Che cosa sia il "complesso di Edipo" di freudiana memoria è praticamente noto a tutti, sebbene in modo superficiale. Ma quanti conoscono davvero il mito di Edipo? Vale la pena di leggere o rileggere quella che Aristotele considerava la tragedia perfetta.

Cristina Giuntini
Cristina Giuntini Pubblicato il 23-05-2021
Edipo re di Sofocle: la tragedia perfetta

Secondo Aristotele, Edipo re di Sofocle è la tragedia perfetta, principalmente perché rispetta in pieno, nella sua trama, quel rapporto di causa-effetto che è una delle basi della sua “Poetica”: in pratica, l’unità di azione. Ogni evento è concatenato ai precedenti e sarebbe impossibile eliminare una scena, un personaggio o una serie di battute senza che l’equilibrio totale dell’opera ne venisse totalmente compromesso.
Ma c’è anche un altro, importantissimo fattore: la catarsi. L’uomo, sostiene Aristotele, prova piacere dall’apprendimento, e la tragedia, che, per mezzo dell’imitazione della vita, racconta le storie di uomini migliori di noi (sostanzialmente re ed eroi), ci impartisce, attraverso la catarsi, una lezione di vita e di morale. Gli errori e le conseguenti disgrazie dell’eroe devono provocare nel pubblico pietà e terrore ed è attraverso questi due sentimenti che l’anima giunge alla sua purificazione, la catarsi appunto. Una tragedia ben scritta, sostiene Aristotele, ha valore anche alla sola lettura, pur se l’allestimento scenico è sicuramente un valore aggiunto.

Il mito di Edipo

Il mito di Edipo è noto, e, come sempre succede (poiché, secondo l’unità di tempo, una tragedia si svolge dall’alba al tramonto; travalicando questi limiti temporali, si parla di epica), il testo teatrale ne fotografa un momento ben preciso, lasciando ai racconti dei personaggi il compito di ricordare al pubblico ciò che è successo fino a quel momento, così come di riferire ciò che succede fuori scena (solitamente le scene più cruente). Risulta oramai inutile e quasi fastidioso scomodare Freud e la sua elaborazione del “complesso di Edipo”, l’avversione del figlio per il padre visto come un “rivale” nell’affetto della madre: al giorno d’oggi, e non è detto che sia un bene, la sua teoria fa ormai parte dell’aneddotica spicciola alla portata di tutti. Più utile risulta ripercorrere nel particolare tale mito.

Laio, re di Tebe, sposato a Giocasta, crucciato per la mancanza di un erede, consultò l’Oracolo di Delfi per chiedergli una soluzione al suo problema. L’Oracolo, spiegandogli come una presunta disgrazia spesso si riveli essere un bene, gli predisse che, se mai lui e la moglie avessero generato un figlio, questi sarebbe stato destinato a giacere con la madre e a uccidere lui, suo padre. Sconvolto, Laio decise di ripudiare Giocasta, ma ella, tenuta all’oscuro della previsione dell’Oracolo, riuscì a fare ubriacare il marito e a giacere con lui. Alla nascita del figlio, Laio ordinò a un servo di abbandonarlo e lasciarlo morire, ma questi, intenerito, lo consegnò invece a un pastore, che lo portò ai regnanti di Corinto. Essi lo crebbero come loro figlio, ma, una volta adulto, Edipo, informato della profezia e credendo riguardasse coloro che aveva sempre conosciuto come genitori, si allontanò da casa. In cammino verso Tebe, giunto a diverbio con Laio, da lui non riconosciuto, lo uccise. Poi, affrontando, come è noto, la sfinge, divenne re e sposò Giocasta.

La tragedia di Sofocle inizia nel momento in cui il coro dei tebani supplica Edipo di attivarsi per porre fine al morbo che flagella la città. L’indovino Tiresia, che conosce la verità, viene dapprima sollecitato, poi violentemente respinto. Ma è con l’arrivo di un messaggero da Corinto, che gli annuncia la morte di colui che egli crede il padre e gli rivela che egli non era suo figlio, che i nodi iniziano a sciogliersi: sarà determinante la testimonianza del vecchio servo di Laio.

Edipo è quindi colpevole, benché involontario, e solo espiando la propria colpa potrà salvare il suo popolo. Tocca ancora al messaggero riferire ai tebani del suicidio di Giocasta e di come Edipo si sia accecato con le fibbie del suo vestito. Egli, infine, rientra in scena per dare un ultimo saluto alle figlie, che affida allo zio Creonte poiché avranno più bisogno di protezione rispetto ai maschi (altra spia della pessima condizione della donna nella civiltà greca), e prende la via dell’esilio, inseguito dalla pena degli spettatori per la sua condizione e dal loro terrore per gli atti da lui commessi: la catarsi si è compiuta.

Edipo re è un classico, non solo dal punto di vista mitologico, ma anche da quello strettamente "tecnico" per quanto riguarda il teatro. Semplicemente da leggere.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Edipo re di Sofocle: la tragedia perfetta

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