Di guerra e di noi
- Autore: Marcello Dòmini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2020
Il pediatra bolognese Marcello Dòmini esordisce con un romanzo fiume, una saga familiare tutta italiana, dal titolo molto preciso: parla “di guerra e di noi”, racconta cioè come una tipica famiglia contadina italiana, quella dei Chiusoli, originari del centro agricolo emiliano di Castenaso, vive dal 1917, durante la Prima guerra mondiale, alle giornate della Liberazione, nella primavera del 1945. Sabato 21 agosto Marcello Dòmini è stato decretato vincitore del Premio John Fante Opera Prima 2021.
Al centro del romanzo Di guerra e di noi ci sono due fratelli, Ricciotti e Candido, rimasti orfani dopo la morte in combattimento del padre. Difficile per la madre Rosa ancora giovanissima portare avanti il peso della campagna, degli animali, del raccolto.
Per Ricciotti, detto in famiglia Ciotti, ci sarà la possibilità di frequentare come convittore gratuitamente il collegio bolognese frequentato da ragazzi agiati, se non ricchi. Qui il ragazzino, sveglio e già maturo, farà incontri fondamentali per la sua formazione politica e umana, riuscendo a costruire relazioni importanti con vari compagni, che ritroveremo come personaggi che compaiono nel corso della lunga narrazione. Ricciotti è un ragazzo bello, solare, sorridente e queste caratteristiche gli saranno utili nell’affrontare un mondo in trasformazione.
Finita la guerra, la madre sarà costretta a vendere la terra e a trasferirsi in città. Il fascismo si sta affermando e il giovane Ricciotti, che ha terminato brillantemente la scuola, si presenta per cercare un impiego alla Casa del Fascio, dove il potente esponente del nuovo movimento, Leandro Arpinati, fa il buono e il cattivo tempo.
Convinto dal coraggio del ragazzino, lo assume come scrivano. Presto Ricciotti diverrà importante, quasi indispensabile, assumendo mansioni pratiche e facendo anche esperienze diverse: la segretaria, la signorina Teresa, lo inizierà al sesso.
Il personaggio di Arpinati diviene per il giovanotto una sorta di protettore, di punto di riferimento, di figura paterna che lo accompagnerà per tutta la vita. Un personaggio abilmente costruito dallo scrittore, perché racchiude in sé tutte le caratteristiche, buone e cattive, spesso contraddittorie, che hanno caratterizzato molti italiani durante il ventennio mussoliniano: Arpinati è un fascista, fedele al primo Mussolini dal quale si lascia incantare, salvo poi scoprirne le caratteristiche mediocri, l’appiattimento sull’abbraccio mortale con Hitler, l’accettazione dissennata delle leggi razziali.
Arpinati sarà condannato al confino, dove trascorrerà cinque anni che lo cambieranno completamente. Ricciotti intanto e suo fratello Candido sono cresciuti, hanno cambiato lavoro, si sono sposati, hanno avuto due figli ciascuno, dalle belle mogli, Pina e Gaetana. Ma la storia non si ferma e ormai si giunge alla vigilia della guerra: dapprima i bolognesi non credono che li riguardi davvero, ma poi i bombardamenti alleati, la presenza della dominazione nazista, le brigate nere dei fascisti obbligano tutti a schierarsi.
Lo faranno a modo loro anche Ricciotti e Candido, prendendo due diverse strade che li porteranno verso finali non uguali. La parte finale del libro, quella dedicata alla Resistenza dei bolognesi, è la più coinvolgente e più efficace del libro: contiene racconti per lo più inediti della orribile sopraffazione di nazisti e repubblichini, mentre cittadini normali si armano, dando vita a una resistenza di cui pagano prezzi di sangue drammatici.
Sorella Armida, il professor Scaglietti, don Paolo, padre Casati, lo stesso Arpinati divengono personaggi centrali nella storia cittadina, capaci di resistere, dando spunto allo stesso Ciotti per azioni coraggiose al limite dell’impossibile. A conquistar la rossa primavera del ‘45 si arriva con molte perdite, molti torturati, troppi morti.
Tante riflessioni fa fare ai suoi personaggi Marcello Dòmini, sulla libertà, sulla dittatura, sul fascismo, sul comunismo, sulla costruzione di un mondo nuovo, davvero libero.
Molta parte del testo rimanda a un dialetto, quello bolognese, non sempre facile da comprendere, ma il cui suono ci arriva come qualcosa di allegro, di positivo: note a piè di pagina e un glossario finale ci traducono ogni espressione, ogni modo di dire, restituendoci l’allegria e l’efficacia di una lingua/dialetto che dà sostanza e realismo al racconto.
Ricciotti e l’eccellenza Arpinati, il loro rapporto di grande devozione e di enorme affetto, di gratitudine, riconoscenza, apprezzamento, sono la parte più convincente di questo bel romanzo, che ci racconta un pezzo di storia con apparente semplicità, ma con grande efficacia politica: gli interventi di Marcello Dòmini nel sottotesto ci ricordano le tante tragiche contraddizioni che hanno caratterizzato la storia del secolo scorso e sembrano drammaticamente riproporsi anche oggi che ci siamo lasciati alle spalle quel periodo terribile.
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