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Recensioni di libri

Del paesaggio e altri scritti di Rainer Maria Rilke

Adelphi, 2020 - Un testo che unisce il racconto alla saggistica, alla riflessione critica, alle prefazioni di altri libri, a lettere immaginarie e reali, con stile discorsivo e spesso lirico.

Graziella Atzori Pubblicato il 20-08-2020

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Del paesaggio e altri scritti

Del paesaggio e altri scritti

  • Autore: Rainer Maria Rilke
  • Casa editrice: Adelphi
  • Anno di pubblicazione: 2020

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Nell’ottima collana “Piccola Biblioteca” di Adelphi dalla copertina color carta da zucchero è apparso di recente il volume Del Paesaggio e altri scritti di Rainer Maria Rilke (Adelphi, p. 216, 2020), a cura di Giorgio Zampa, il massimo studioso italiano del poeta, con una Nota finale di Marco Rispoli.

Si tratta di scritti eterogenei, una sorta di zibaldone antiaccademico, antintellettualistico, che rompe gli schemi rigidi tra generi letterari; unisce il racconto alla saggistica, alla riflessione critica, alle prefazioni di altri libri, a lettere immaginarie e reali, con stile discorsivo e spesso lirico. I testi sono uniti da un filo conduttore, rilevato, secondo Rispoli, in quella

‹continua e sofferta meditazione sul rapporto fra il soggetto e il mondo che riappare, con cangianti riflessi, in ciascuno dei testi raccolti›

Sappiamo quanto l’uomo si sia allontanato da uno stato naturale, specialmente nel tempo attuale caratterizzato dall’inquinamento globale, e quanto sia vitale ricreare un’amicizia distrutta con madre terra, pena il disastro epocale e addirittura la scomparsa della razza umana, dopo l’estinzione di altre specie animali, nostre vittime. La tematica di Rilke è quindi quanto mai urgente. Senza conoscere gli attuali drammatici risvolti dei problemi ambientali, egli tuttavia pone l’accento sulla scissione uomo-natura. Sa che tutto è uno, ma lo sa innanzitutto perché è poeta e in momenti di grazia può sperimentare l’affinità tra sé e un albero, tra sé e un cane. È l’artista con la sua ipersensibilità a rivivere la comunione perduta.
Possiamo ricordare di sfuggita che il peccato originale sta proprio in ciò, in un’individualità separatrice che acutizza il dolore e la coscienza della morte della parte, mentre il tutto rimane.

Il Nostro ricompone l’esistente, nel quale l’essere umano non si trova sul piedistallo e non occupa un ruolo predominante, nonostante la superbia e la supponenza del sapiens lo faccia credere. La ricomposizione accade

‹sentendo uomini e cose tacitamente conviventi, come fenomeni di un’identica atmosfera›.

Francesco d’Assisi esprime l’identica poetica.
È la convivenza il culmine di un processo conoscitivo e affettivo, che parte, anche per Rainer Maria, dall’identificazione di sé negli elementi naturali, con l’accentuazione della propria anima, fino a giungere poi a operare un capovolgimento del sentire, fino a uno stato oggettivo, a dire il mondo, per quanto possibile, senza il filtro della propria personalità. Notevolissimo il passo sul paesaggio dipinto da Leonardo:

‹Nei suoi quadri, i paesaggi sono espressioni dell’esperienza e saggezza più profonde, specchi azzurri in cui arcane leggi si contemplano assorte, lontananze immense come il futuro e come questo imperscrutabili›.

Non proiezioni umane dunque, ma leggi universali sono dipinte negli scorci di natura leonardeschi.
Anche i gatti per Rilke sono creature delle lontananze; con i loro occhi misteriosi essi non ci guardano, sono rivolti ad altre realtà:

‹Non potrebbero, invece, fissandoci, opporre semplicemente un magico rifiuto delle loro pupille per sempre complete?›

Il paesaggio, come era stato per i Romantici, diventa immanenza dell’Assoluto. Ma il poeta celebra il terrestre, tutto il terrestre, come nell’immaginaria Lettera del giovane lavoratore, straordinaria per la compresenza di bene e male, ravvisato nell’arte delle antiche vetrate delle cattedrali, spesso riproducenti scene di caccia allegoriche e animali:

‹Nelle chiese antiche c’è tutto, nessun pudore dinanzi a nulla, [...] La è anche il maligno, il cattivo, il tremendo, il deforme, il miserabile, il brutto, l’ingiusto; e verrebbe fatto di dire che tutto ciò è in qualche modo amato per amore di Dio›.

Tragico quadro del quotidiano. Pur rimanendo segnato dall’incomprensibilità delle cose, da cui la solitudine ineliminabile, Rilke abbraccia e ritrova tutto, è partecipe e unito.
Anche le bambole nella loro fissità per lui sono icone della distanza ed educano l’infanzia alla distinzione e all’autoconsapevolezza dell’adulto. Sono gioco ma anche una perdita.

Altri saggi sono focalizzati sul problema educativo, sullo sviluppo cognitivo, inteso non costrittivo e non umiliante. Rilke aveva conosciuto la durezza del collegio militare e la rievoca nel racconto La lezione di ginnastica, che apre la raccolta di questi scritti, affascinanti come se fossero una conversazione tra amici, tenuta in un caffè letterario di tradizione mitteleuropea.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Del paesaggio e altri scritti

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