Cucinare un orso di Mikael Niemi

Avete mai pensato a quali disavventure possono accadere in un piccolo paesino di metà Ottocento, considerando soprattutto che potrebbe trovarsi immerso nella fitta vegetazione del nord Europa?

Cucinare un orso di Mikael Niemi (Iperborea, 2018, traduzione di A. Albertari e A. Scali), con tono divertito e allo stesso tempo tipicamente noir, propone una serie di accadimenti di dubbia origine, che avvengono tra i boschi del Nord e che vedono coinvolti abitanti del paese, pittori di una certa fama, donne dall’insolita professione e ispettori giuridici loschi.
Il paese sarà scosso da un susseguirsi di omicidi, suicidi ed eventi al limite tra il macabro e il poliziesco, le cui cause lasceranno per mesi l’intera popolazione nel dubbio e nel timore.
Arriverà un momento di svolta, che porterà non pochi guai per qualcuno, con la rivelazione successiva che lo stesso non sarà il solo e unico artefice degli accadimenti: indagini forsennate condurranno a scoperte sconcertanti.

Il romanzo eterogeneo, al limite tra differenti generi letterari, esce dalla penna esperta di Mikael Niemi, per raccontare di una minoranza, il popolo Sami, che vive nel profondo Nord della Svezia.

L’autore, divenuto di fama mondiale negli ultimi anni del ‘900, propone un testo che mette in luce le difficoltà degli orfani, di coloro che vengono emarginati e il prezioso e articolato ruolo svolto dai pastori all’interno delle piccole comunità ottocentesche. I pastori, oltre alla celebrazione delle liturgie, si occupavano infatti di questioni burocratiche: erano gli unici capaci di leggere e scrivere, e pertanto venivano considerati ufficiali lettori di missive, ma soprattutto erano figure sociali di riferimento per i nobili che dovevano svuotarsi la coscienza.
L’atteggiamento del pastore coprotagonista di Cucinare un orso, lascia intendere i molteplici ruoli sociali da lui ricoperti, e la difficoltà nel dover mantenere salda nei fedeli la fiducia nelle divinità e nelle altre persone. Si tratta, dunque, di un ruolo non facile, soprattutto nella società di fine 1800, che risentiva delle nuove correnti della filosofia e della psicoanalisi, molte delle quali mettevano in dubbio l’esistenza terrena e ultraterrena.