Corsia d’emergenza. La mia vita di medico in pronto soccorso
- Autore: Daniele Coen
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Chiarelettere
- Anno di pubblicazione: 2024
Infissi divelti, personale malmenato, sedie brandite, finanche tentativi di linciaggio. Non è un reportage dalla Striscia di Gaza devastata dai combattimenti, dalla Valle libanese della Bekaa o dal Donbass ucraino in guerra. Sono scene nei pronto soccorso italiani. Non si vedono soldati all’offensiva, ma non mancano certamente le vittime, i colpi subìti, i nervi distrutti, la voglia matta di mollare professione e occupazione. Sembra una corrispondenza dal fronte, ma è il racconto di un’esperienza di lavoro nell’Italia civile e moderna. Corsia d’emergenza. La mia vita di medico in pronto soccorso di Daniele Coen, appena edito da Chiarelettere (Milano, ottobre 2024, 208 pagine), nella collana Principio Attivo, è un libro necessario, indispensabile, per fare luce sulla sanità italiana.
I pronto soccorso dei nostri ospedali attraggono irresistibilmente i pazienti, per tante ragioni, lucidamente illustrate dal dottor Coen. Fatto sta che ambienti che dovrebbero essere asettici e offrire risposte serene alla domanda di salute dei cittadini si trasformano in una terra di nessuno, dove pietà l’è morta.
Le persone, tutte, tante, nello stesso tempo, avvertono piccole o grandi sofferenze, che a un certo punto per motivi disparati si fanno emergenza, da risolvere immediatamente, riconosce Daniele Coen. Si finisce in un collo di bottiglia e gli affollamenti rendono interminabili le attese di prestazioni classificate meno urgenti in fase di triage. Questo indispettisce pazienti e accompagnatori.
Le strutture diventano una frontiera, anzi, la vera trincea della salute in Italia. Tanto penalizza indubbiamente i camici, vale a dire i medici e il personale infermieristico, che vi sono impegnati. Ricade però anche sugli utenti, per i quali rappresenta la sola risposta alle rispettive esigenze, vere o presunte, l’unico presidio pubblico (senza alternative, questo è verissimo, salvo un bel conto in Banca) al quale rivolgersi nel momento del bisogno, reale o percepito, oggettivo o soggettivo.
Le riflessioni nel libro di Coen rivengono da trentacinque anni in trincea. Medico d’urgenza, direttore per un quindicennio del Pronto Soccorso dell’Ospedale Niguarda di Milano e membro del Direttivo nazionale dell’Academy of Emergency Medicine and Care, ha collaborato a lungo con le Associazioni dei consumatori, in progetti di educazione sanitaria e divulgazione. Ha pubblicato: Margini di errore (2020), L’arte della probability (2022) e Quella voce che nessuno ascolta (2023), con Valeria Raparelli. Scrive regolarmente di salute e sanità per il quotidiano “Domani”.
Coen fa presente che i pilastri sui quali si regge qualunque reparto ospedaliero sono la struttura, l’organizzazione e il lavoro di squadra, ancora più essenziali nel pronto soccorso. Per certi aspetti, è simile agli altri, ha un organico, una gerarchia, turni di servizio e di riposo di medici e infermieri, che devono assicurare in qualunque momento del giorno e della notte alcuni interventi essenziali, da eseguire al meglio: rianimare pazienti in arresto cardiaco; riconoscere in tempi brevissimi l’insorgenza di un infarto o di una peritonite; controllare una grave emorragia. Tuttavia, si differenzia dagli altri reparti perché il carico di lavoro non viene programmato dallo staff sanitario o dalla Direzione ospedaliera, ma dipende dai bisogni istantanei di salute dei cittadini che vi si rivolgono, di propria iniziativa e spesso senza filtro.
È spesso la prima porta alla quale “bussa chi si sente male”, senza stare troppo a pensare se il proprio malessere sia di natura fisica, mentale o sociale o se la struttura cui chiede aiuto sia quella giusta.
Un secondo aspetto fondamentale, che differenzia il PS, è che i medici non si occupano di un paziente per volta, ma devono rispondere nello stesso breve tempo a un numero potenzialmente illimitato di persone.
Il terzo, essenziale, è l’elasticità. In un pronto soccorso, se la situazione lo richiede tutti gli operatori sanitari devono essere disposti a ignorare il mansionario di categoria. I medici, ad esempio, non devono sentirsi oltraggiati ove occorra dover spingere una barella perchè infermieri e portantini sono oberati di lavoro. Sempre il personale medico deve “saper modificare le abitudini consolidate” e comportarsi in modo ora serio ora spiritoso, essenziale o paziente, rendendosi capace peraltro d’esporre la gravità di una situazione a chi si rifiuta di comprenderla.
Fa presente che quando lo ha lasciato, il pronto soccorso del Niguarda era diventato poco a poco una struttura d’eccellenza, eppure il lavoro risultava faticoso e la voglia di abbandonarlo forte. A qualche anno di distanza, la situazione è ancora più complicata e resiste solo perché collocato in un grande ospedale, dove si avvicendano molti giovani specializzandi, ancora affascinati dalla missione. “Nella gran parte degli altri è notte fonda”, mancano medici e infermieri, che scansano incarichi in pronto soccorso o fuggono verso altri reparti, quando possono. Crescono il burnout, la violenza nei confronti degli operatori e le denunce civili o penali contro di loro.
Dovrebbe essere evidente a chiunque che il pronto soccorso, quale sia l’impegno profuso all’interno, non può reggere la quantità e la qualità della domanda d’urgenza, se il resto dell’ospedale non se ne assume parte del carico. In più, è indispensabile che le autorità politiche e istituzionali mettano in campo sollecitamente, a sostegno degli ospedali, le risorse economiche, legislative e organizzative necessarie alla loro sopravvivenza.
“Con questo libro provo a dare il mio contributo nell’unico modo che conosco: raccogliere e distribuire informazioni”.
Corsia d'emergenza. La mia vita di medico in pronto soccorso
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