Come un romanzo
- Autore: Daniel Pennac
- Genere: Scuola
- Casa editrice: Feltrinelli
Questo libro è un prezioso strumento che aiuta, dal genitore all’insegnante, a comprendere il difficile rapporto dei ragazzi con i libri e le ansie e le frustrazioni che a volte suscitano.
“Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere”.
Questo saggio, scritto nel 1992, è uno straordinario omaggio alla lettura e, decisamente, una gradevole testimonianza della passione che il nostro Pennac profonde nel difficile mestiere dell’insegnamento, mestiere che, per altro, ha svolto per ventotto anni in un liceo parigino. Proprio dalla grande attenzione che l’autore ha sempre dedicato ai giovani nel corso della sua carriera, deriva l’oggetto di quest’opera che, naturalmente, non poteva non rivolgersi soprattutto a due grandi categorie di pubblico: i genitori e gli insegnanti (anche se la parte finale è ampiamente dedicata al lettore in generale).
Il testo parte subito con una secca premessa:
“Il verbo leggere non sopporta l’imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo amare…il verbo sognare…”.
Queste due righe saranno le fondamenta sulle quali reggerà l’intero trattato. Proprio così, come non si può obbligare qualcuno ad amare o a sognare, tanto meno si può obbligarlo a leggere! Ne ci si può trincerare dietro i soliti luoghi comuni secondo i quali i ragazzi di oggi sarebbero figli della loro epoca dominata dal consumismo e dalla televisione, telespettatori passivi che fruiscono di pillole preconfezionate di immagini, suoni, atmosfere con musiche di sottofondo, bruciando terreno all’immaginazione. E spesso, purtroppo, neanche la scuola, con i suoi programmi anacronistici, riesce a colmare le distanze tra i ragazzi e la lettura. Propinare schede di commento col rispetto di una scadenza significa svilire l’interesse, soffocare ogni tentazione di sogno, spegnere quell’aura di intimità attraverso cui il lettore innalza il proprio spirito. Proprio per questo Pennac insiste molto sul concetto di gratuità: la lettura di un libro dovrebbe essere concessa gratuitamente senza richiedere alcuna contropartita, senza pretendere di inculcare alcun sapere, fin dall’infanzia. A sostegno della sua tesi si avvale della testimonianza di una studentessa che a distanza di quindici anni ricordava ancora stupita il suo professore (Georges Perros):
“Leggeva camminando, con una mano in tasca e l’altra, quella che teneva il libro, un po’ tesa, come se leggendolo lo offrisse. Tutte le sue letture erano dei regali. Non ci chiedeva niente in cambio. […] Attraverso la sua voce noi scoprivamo d’un tratto che tutto ciò era scritto per noi. Quella scoperta giungeva dopo che per lunghi anni l’insegnamento delle Lettere ci aveva tenuti a rispettosa distanza dai libri. Cosa faceva dunque di più dei nostri altri professori? Niente. Per certi versi faceva addirittura di meno. Solo che, ecco, non ci somministrava la letteratura con il contagocce analitico, ce la serviva a gran bicchieroni…”
Allora quando usiamo dire mio figlio, mia figlia, i giovani non amano leggere, usiamo proprio il verbo giusto poiché si tratta veramente di una mancanza di amore di cui non possiamo incolpare soltanto la televisione, i tempi moderni o la scuola. L’appetito del lettore va stimolato sin dalla sua tenera età finché non comincerà a scegliere da solo le sue pietanze.
Nella parte finale del libro c’è un interessante decalogo dei diritti imprescrittibili del lettore che stabilisce, in sostanza, la facoltà di instaurare un rapporto con i libri basato sulla libertà… compresa quella di non leggere.
“L’uomo costruisce case perché è vivo ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra potrebbe sostituire.”
Come un romanzo
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