Borgo Polmone
- Autore: Stefania Bustelli
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Il Saggiatore
- Anno di pubblicazione: 2025
Borgo Polmone è un nessun luogo. Un avamposto dell’Ade fluttuante tra essere e nulla. È un groviglio ipnagogico di anime nere nella corrente. Un abbaglio. Una morgana. Una terra infetta/infettante. Borgo Polmone è un’isola senza mare, ma stagliata lo stesso contro un cielo scuro come nel dipinto di Bocklin. Anche alle pagine di Borgo Polmone di Stefania Bustelli (Il Saggiatore, 2025) si addice l’accompagnamento sinfonico di Rachmaninov. Un trip dalla scrittura impeccabile, se fosse un film sarebbe un film visionario, alla Terry Gilliam, solo molto più cupo, al limite dell’angoscia orrifica di Thomas Lingotti. In una prosa poetica e superbamente descrittiva, Stefania Bustelli dà vita (?) ai luoghi oscuri della coscienza di ogni essere vivente-morto-morente. L’esordio narrativo della Bustelli sa di fulgida premessa di futuro, in quanto sorretto da scrittura pulsante, senza cadute di ritmo. La trama è impalpabile, quasi pretestuosa per ciò che si legge piuttosto come un sogno a occhi aperti/chiusi alla Arthur Schnitzler.
Come le storie che introduce e lascia a mezzo, Borgo Polmone si sottrae a categorizzazioni di genere. Trasla il gotico rurale ad ambiti ulteriormente sfrangiati, metafisici di visioni fantasmatiche, infestazioni. D’altro canto Borgo Polmone è un villaggio che non esiste. È un pianeta (nel pianeta) vivente, come il Solaris di Tarkovskij. Tra le sue arterie occhieggiate da ruderi, battute da fantasmi e da un vento inesausto, si aggira un anonimo viandante. Chissà se in fuga. Chissà se da un sogno
Chissà se per inconscia pulsione di morte. Stando a questa ipotesi, Borgo Polmone potrebbe anche essere il finis terrae. Una sorella geografica di Samarcanda nel Talmud ebraico. Il protagonista del romanzo – per ritornare alla flebile trama – non ha una storia, probabilmente nemmeno un futuro. La sola certezza che ha coincide col puro istinto di sopravvivenza: abbandonare il paese spettrale dove è capitato (precipitato?), e farlo al più presto. Deve riuscire a scalare la vetta di un organismo intriso di morte, morente a sua volta (il polmone da cui discende l’onomastica del titolo). Lasciarsi alle spalle i meandri di un microcosmo putrido, abitato da spettri, percorso da sinistre epifanie: donne che hanno perduto l’ombra e fanno di tutto per riappropriarsene. Orrendi pasti sacrificali. Carcasse di balene abitate da Geppetti più inquietanti e misteriosi. Alberi assassini, capaci di intrappolare gli uomini nella loro resina…
Per restituire una vaga idea dei modi in cui Borgo Polmone si declina per trame (nella trama), segue un estratto dalle pagine 92-93. Rispetto al resto, quasi un anti-climax.
Il vento sibila.
"Ho amato a lungo un uomo, incontrato tante persone, la mia casa è piena di volti racchiusi nelle cornici. Eppure sono sola." Si guarda di nuovo intorno, scrutando il vicolo, come in attesa di qualcuno. "Ho sepolto tutti i miei figli." Porta le mani sul volto, da sotto i palmi scende un rivolo di lacrime. Provo una pena immensa per questa donna, prigioniera in un corpo centenario, sofferente per il tormento dei ricordi che le brulicano dentro senza sosta. Sopravvissuta alla morte, morta da viva. Senza aggiungere altro, la signora si allontana nel gelo del vicolo; il suono dei tacchi mi batte in testa come un martello.
Borgo polmone è questo infine: il totale incerto scaturito da percezioni allucinatorie. Un sogno cattivo che sorprende alle spalle. E che assale il subconscio fino a invadere la realtà. Un poema infernale. Un girone dantesco in cui vagolano anime morte - corrose da colpa-peccato-dolore-paura-ricordi-rimorsi-sgomento - da cui è impossibile uscire indenni. Incorrotti. Lettore compreso.
Borgo Polmone
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