

Bestiario privato
- Autore: Zeno Rotondi
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
Una vita da economista nell’università e in banca per il sessantatreenne Zeno Rotondi, appassionato di noir e che s’intende di criminologia. Lo scrittore, nato a Cave, nel Lazio, vissuto a Roma e ora in pensione a Ferrara, poteva mai non esordire con un poliziesco? Infatti, troviamo il suo primo titolo con la livrea giallonera dei Gialli Damster, marchio delle Edizioni del Loggione di Modena, nel catalogo e nelle libreria fisiche e digitali, Bestiario privato (maggio 2024, 350 pagine).
E cosa combina un giallista al debutto, se ha sempre coltivato la scienza criminologica, specialmente interfacciata con la psicoanalisi? Quello che nessun autore collaudato oserebbe: resta dalla parte dei lettori piuttosto che paludarsi con la zimarra degli arrivati. Chi azzarderebbe mai che la scena di un crimine rappresenta “il tramite inconsapevole, simbolico, del messaggio dell’assassino al mondo”? Zeno lo fa ed è assolutamente geniale quello che sottolinea: il delitto è un messaggio e la vittima è il postino al quale l’omicida mittente affida la lettera da recapitare a un destinatario, che può variare di caso in caso e solo raramente risulta il mondo intero, la collettività, la comunità civile indistinta.
Il vicequestore aggiunto Nico Alpi si ritrova a considerare tutto questo davanti al cadavere più recente, nella carriera che lo ha portato a dirigere la Squadra Omicidi della Questura di Roma. È diventato ipersensibile ai morti ammazzati, è una delle conseguenze del suicidio della figlia, da cui non si è ripreso. Per terra c’è una bella donna, sulla cinquantina. Il pallore della pelle, gli occhi neri, i lineamenti delicati del viso stonano con la stoffa lacerata e zuppa di sangue dell’accappatoio bianco, unico indumento indossato. Il corpo presenta numerose lesioni inferte con un’arma da taglio.
Passa in rassegna gli elementi. La brutalità dell’omicidio e l’ambiente domestico indirizzano verso il movente passionale, mentre l’assenza di segni d’effrazione suggerisce che l’assassino godeva della fiducia della vittima, sola in casa, in tarda serata, quando si stava preparando per la doccia. Eppure, non è convinto di un omicidio in ambito domestico; sulla scena del crimine manca un elemento essenziale, che non riesce a mettere a fuoco.
Alpi soffre d’insonnia notturna e il debito di riposo determina la sonnolenza diurna che lo affligge. È anche sopraffatto da allucinazioni devastanti: vede tanti tipi di animali, che nessun altro scorge, bestie in atteggiamento sempre più sofferente, il suo zoo personale, il suo bestiario privato. Tutto questo dal suicidio di Aurora, overdose di eroina, una punizione che lei si è autoinflitta e che lui ha ereditato.
Qualcosa non quadra con il movente dell’omicidio passionale della professoressa Elisa Pagani. Si concentra sull’arredamento del soggiorno e capisce che manca il caos, c’è troppo ordine, o meglio, un disordine normale. L’aggressione non è avvenuta per un atto di follia, in una discussione accesa; sembra sì un raptus omicida, ma controllato e tanto fulmineo e inatteso da aver negato alla donna la minima difesa. È come se l’assassino fosse entrato con l’intenzione di uccidere e avesse tenuto la furia sotto controllo, fino al momento in cui aveva potuto scatenarla, senza lasciare scampo alla vittima. Forse si tratta di un assassinio premeditato. Chissà quale azione o frase della Pagani poteva avere innescato l’attacco omicida. Probabilmente anche solo un gesto.
Il vicequestore si lascia trasportare con l’immaginazione al vortice di sensazioni della vittima mentre si consumano gli ultimi istanti di vita. Grido che si strozza in gola. Occhi che si chiudono. Respiro rotto dalla paura. Tamburo nel petto che batte sempre più forte. Torrente di sangue in piena. Lama che penetra nella carne, nelle vene, nelle arterie. Denti che si stringono. Schiena che si curva. Mani che cercano qualcosa cui aggrapparsi nel vuoto. Occhi che si riaprono per riflesso condizionato. Cervello che si rifiuta di morire. Scarica di adrenalina. Pressione arteriosa che s’impenna. Cuore che smarrisce il ritmo. Poi più nulla.
Descrizione eccezionale? È di Zeno Rotondi. Una scrittura fin da subito serrata, coinvolgente. Periodi brevi, scanditi. Ritmo, tanto ritmo. Magari è un tantino esagerato, ma si direbbe che scrive da dio. Altra domanda: cosa farebbe un giallista provetto davanti a quel delitto? Punterebbe al marito. Il vice questore lo fa. Alberto Morra, il pittore, viene messo sotto torchio, sentito e risentito. Ma Nico Alpi non è un soggetto ovvio e scontato, tanto meno Zeno Rotondi. State certi che saliranno sopra le righe e anche oltre.
Il romanzo ha vinto la quinta edizione del concorso letterario GialloFestival 2023-2024, meritando la pubblicazione, ma questo autore porta da tempo nello zaino il bastone da maresciallo napoleonico, pardon, dello scrittore di valore. Sarebbe riuscito comunque a farsi notare.
Retrocediamo un attimo alle allucinazioni. Il vicequestore vede bestie ferite, in preda a sofferenze, che comunque conservano un atteggiamento minaccioso. La figlia amava gli animali. Non sopportava di vederli soffrire e li curava amorevolmente. Gabbie dappertutto nella sua stanza. Cibo e e farmaci veterinari nell’armadio. Di colpo, un giorno aveva portato tutte via le bestiole, distribuendole tra chi poteva accudirle al suo posto. Un segnale che la psicanalisi può cogliere. L’animale ferito adesso era lei. Alpi interpreta le visioni come un modo della figlia morta di comunicare con lui, e Zeno ne fa uno strumento per farlo restare in comunicazione con lei.

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