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Recensioni di libri

Avventure tragicomiche di una supplente di Beatrice Viola

HarperCollins Italia, 2018 – Che forti i ragazzi di oggi, hanno tanti problemi, ma sono vivi. Le disavventure di una precaria laureata con lode, che sa raccontare con leggerezza e acume, virtù e difetti della scuola.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 21-11-2018

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Avventure tragicomiche di una supplente

Avventure tragicomiche di una supplente

  • Autore: Beatrice Viola
  • Genere: Scuola
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: HarperCollins
  • Anno di pubblicazione: 2018

Beatrice Viola, probabilmente di nome fa davvero Beatrice, certamente non di cognome Viola. È lo pseudonimo prescelto da una creativissima giovane docente precaria per firmare il suo primo titolo, “Avventure tragicomiche di una supplente”, un romanzo vivo e dal vivo, divertente, ironico e auto-ironico, pubblicato da HarperCollins Italia a giugno 2018 (270 pagine, 17.50 euro).
Che sia o meno B.V., ai lettori poco importa, tanto per loro resterà “la Supplente”. Di certo è un’esordiente che scrive benissimo, unica e originale, scapigliata, ma non superficiale, come ha dimostrato sul suo blog “DiceBeatrice”. Osserva, annota, riferisce e tuttavia non emette sentenze non richieste sul mondo giovanile. Averne di professoresse così! Pardon, “prof.” o meglio “Profe”, come la chiamano gli allievi.
Trent’anni all’anagrafe, che di questi tempi non è una cattiva età. Laurea in lettere, gran bel curriculum, ma nonostante i titoli tutto quello che ha trovato è un posto precarissimo presso una cooperativa che assiste minori stranieri: insegnante di lingue, più esattamente “educatrice” a tempo determinato. Questo il suo status nel momento in cui avvia il racconto delle avventure professionali a singhiozzo, nel pianeta scuola. Al Nord.

La vocazione di fare la Profe c’è tutta, dunque, quando arriva la “chiamata”. Neo supplente, che significa un po’ di soldini veri invece dei pochi euro all’ora versati dalla cooperativa. C’è da sostituire una insegnante in maternità. La sede è a portata di bicicletta, il che significa soprassedere con sollievo al faticoso e non rimborsato pendolarismo. Sarà Supplente, sì con la “S” maiuscola, in un istituto di formazione professionale per operatori meccanici.
È qui che finiscono gli aspetti positivi e cominciano a vacillare le aspettative. Cinque classi, di cui quattro di aspiranti tornitori, solo maschi. Da rosa, il fondo dei pensieri di Beatrice vira tristemente verso il grigio. La preside le fa i complimenti per il curriculum, ma le spiattella in faccia che non la ritiene tagliata per quel compito. Le descrive la formazione professionale come una trincea della Grande Guerra: mai voltare le spalle alla classe, sono capaci di tutto, il tasso di abbandono degli insegnanti è altissimo. A quel punto il grigio si fa nero profondo, ma lei accetta impavida.
Questo libro è la divertente, sottile, intelligente ricostruzione di un semestre all’inferno, da gennaio a giugno e delle supplenze seguenti in una piccola media in mezzo ai monti e in un ITC, istituto per ragionieri.

Irresistibili i ragazzi della formazione, dai quali si evince che per questo campione statistico di under 18 l’aspirazione nella vita è fare il calciatore. In alternativa? Il calciatore, per riempirsi di soldi e avere tante donne (loro le chiamano in un modo più allusivo e volgare, ma lasciamo stare…).
Ancora più irresistibile la gita scolastica a Verona: un branco di cavalli selvatici appena liberati dal recinto. Il gesto propiziatorio di toccare il seno destro della statua di Giulietta, sotto casa Capuleti, degenera in un abbrancamento collettivo dell’emitorace bronzeo, che mette in serio pericolo l’aggraziato monumento.
Come fronteggiare la loro esuberanza fuori e soprattutto dentro le aule? Con note sul registro? Punizioni corporali? Niente di tutto questo: la sola consapevolezza che quando l’esasperazione ha la meglio sulla sopportabilità, alla Supplente non resta che piangere.

Dopo qualche lungo mese di inoperosità non remunerata, ecco una media di montagna e una prima classe in cui tutti hanno gli stessi cognomi, ma nessuno è parente, a parte due gemelli. Venticinque “nani” che riescono in un niente a trasformarsi in scimmie urlatrici, a sparare una raffica di domande e a smarrire qualunque cosa, matite, penne, pastelli, colazione. L’oggetto che più di altri tende a smaterializzarsi? Il volatile “astuccetto”.
Ecco poi la supplenza tra gli aspiranti ragionieri: il Grande Sonno. La sorpresa è che ‘ste ragazze e ragazzi sono bravi, ma non leggono, non sono abituati a scrivere e non c’è verso che ascoltino.

Andiamo a scuola. Punto. Ci stiamo cinque ore. Non basta?

Sono ore di Grande Sonno per la banda dei Nulla Facenti, sedicenni per i quali a malapena il Limbo è solo il ballo col bastone. Per lei, cinque settimane di ITC più altre cinque di proroga. La sonnolenza non lascia, raddoppia.
Da segnalare il comico scontro di Beatrice con la stolida burocrazia che rende l’INPS una palude con le sabbie mobili, nelle quali la Supplente è costretta ad affondare ad ogni fine sostituzione. INPS: Istituto Nazionale Pazzi Sclerotici o Pena e Sospiri o Poveri Supplenti.

Brava la Viola, non va mai fuori di testa, nonostante tutto e scrive in modo leggero, fresco. Pur restando per lo più al chiuso nelle aule, il suo racconto sa di aria aperta, è pieno di curiosità verso il mondo dei giovani. Si avverte autentico affetto per gli allievi, diavoli scatenati, ma creature piene di vitalità.
Difficile chiudere la valigia delle supplenze, eppure non è ingombrante, ha il peso lieve dei ricordi belli e un po’ malinconici. Accarezzano, come un sorriso.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Avventure tragicomiche di una supplente

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