1918 Monte Grappa. Diario di Guerra di un “Ragazzo del ’99”
- Autore: Giuseppe Perrozzi
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Prime ore del 24 ottobre 1918. Un caporale degli arditi arretra gemendo, “Mamma mia”. Respira con affanno, si comprime il petto. Il sangue sgorga a fiotti, mentre la vita gli sfugge. Rantola addosso al soldato sul quale si è accasciato, un caporale anche lui, sdraiato nella trincea avanzata del Monte Solaroli, sul massiccio del Grappa. Artigliere guardafili per la sua batteria da montagna, è l’abruzzese Giuseppe Perrozzi, non ancora diciannovenne, futuro autore di un diario di guerra nel quale descrive l’episodio con partecipazione, insieme a tanti altri dei quali è stato protagonista e spettatore, oltre cento anni fa. A cura di Piero Tessaro, quel memoriale scritto in prosa felicissima ed evoluta è stato dato alle stampe dalle Edizioni DBS di Seren del Grappa a marzo del 2017, col titolo 1918 Monte Grappa. Diario di Guerra di un “Ragazzo del ’99”. Un bel volume di grande formato e 302 pagine, impreziosito dalle foto dell’album di guerra dello stesso ex caporale d’artiglieria e da quelle a colori scattate un secolo dopo dal curatore, su quelli che sono stati i campi di battaglia del Grappa.
Peppino Perrozzi di Vasto (1899-1973), che sarà pubblicista, dirigente sportivo e poeta dialettale molto apprezzato, aveva lasciato la famiglia e gli studi liceali per andare a combattere volontario al fronte, spinto da un irrefrenabile amor di Patria. C’era stata la rotta di Caporetto e sentiva di
dover dare il suo contributo in un momento tanto grave per l’Italia in pericolo. “Noi, imberbi della Classe 1899, non possiamo marcire nelle caserme mentre i nostri coetanei già si battono valorosamente sul Piave e sul Grappa!”.
Sette mesi in prima linea sulle montagne del Grappa, dal 26 aprile 1918. Nelle ore libere compilava un diario di guerra, stampato una prima volta nel 1974. Vi annotava scrupolosamente ogni sua azione e tutto quello che gli accadeva attorno, commentando saggiamente, non risparmiando osservazioni e critiche a commilitoni e superiori e senza rinunciare ad accenni di misurata ironia.
Curiosamente, il giovanissimo caporale della 887a Batteria da Montagna (cannoni rigidi da 70 mm, Caposaldo 11, quota 1.590, subito sotto Cima Grappa), farà di tutto fuorché sparare come artigliere, a parte qualche impiego sporadico, soprattutto nel corso della battaglia di giugno, puntatore del terzo pezzo. Appena aggregato, viene subito distaccato presso un osservatorio a stendere e manutenere linee telefoniche, a ridosso delle trincee di prima linea, fortemente battute dall’artiglieria nemica.
Poco dopo la Battaglia del Solstizio del 15-23 giugno, partecipa al rischioso recupero di nostri mortai da 149 mm abbandonati in un arretramento. Ad agosto è trasferito alla Pattuglia E, a Monte Medata, un reparto avanzato di osservazione e collegamento in primissima linea, con compiti di osservatore, telefonista e segnalatore con razzi multicolori. Servizi decisamente pericolosi, soprattutto la riparazione dei cavi telefonici alla "Busa del Morto", sotto le granate austriache.
La sera del 24 ottobre, Peppino assiste alla partenza di arditi e fanti all’assalto per l’offensiva finale, coglie e descrive lo stato d’animo, l’ansia, la trepidazione di chi va ad affrontare coraggiosamente la morte.
Il 30 ottobre 1918, gli austroungarici hanno cessato di opporsi e il suo reparto torna nelle retrovie. Scendendo a Crespano, incrocia altri giovanissimi con le uniformi fiammanti, che salgono per inseguire il nemico in fuga. Si sente privato di un premio. Questi ragazzi libereranno le terre occupate ed entreranno a Trento e Trieste. Avranno la soddisfazione a lui negata, nel momento in cui
“nelle vallette Feltrine le baionette d’Italia si appuntavano nelle terga del nemico”
. Il 5 novembre gli viene comunicata l’ammissione al tanto desiderato Corso Allievi Ufficiali: a guerra finita, ha tutta l’aria di un’altra beffa.
Solo due cenni sui contenuti, tra tutti. Colpisce in una nota del 29 agosto l’esigenza di lavare il viso, “che non sente acqua” da tempo. Non è facile vincere anche la burocrazia militare per procurarsi una latta d’acqua, con cui lavarsi dopo dieci giorni abbondanti.
Prima di spostarsi su altri rilievi e lasciare il caposaldo 11, volle visitare la Madonnina del Grappa, un tempietto innalzato nel 1900 quasi sulla vetta, sovrastato dalla statua della Vergine, che non trova. Una granata enorme da 305 l’aveva fatta cadere e riempita di schegge il 14 gennaio 1918, quando gli austriaci cercavano di forzare per dilagare nella pianura veneta. Trasportata nella chiesa di Crespano e restaurata, sarà ricollocata a Cima Grappa il 4 agosto 1921, con solenni festeggiamenti. Ora è custodita nella cappella sopra le tombe italiane del grande Sacrario Militare dedicato ai caduti sulla sommità del Monte.
Peppino è rimasto sempre legato al suo Grappa. Nel diario, descrive anche geograficamente con tanta efficacia luoghi e postazioni visitate nel corso della guerra e nelle visite successive, ripetute quasi ogni anno, da ex combattente, poi da adulto e anziano.
Un giorno, assalito dalla commozione, ha scritto la poesia “ Una notte sul Grappa” (Che giammai sia vano il nostro sacrificio), riproposta nel libro.
Il curatore, Piero Tessaro di Alano di Piave, Belluno, già Carabiniere e sottufficiale pilota nel Servizio elicotteri dell’Arma a Pratica di Mare, Roma e Bolzano, si dedica da anni al recupero delle tradizioni e della memoria storica del Feltrino e Trevigiano. Imponente la quantità e qualità dei testi editi dal 1995.
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