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Storia della letteratura

La “pioggia d’aprile” nelle poesie di Saba e Pirandello

La pioggia improvvisa di aprile da sempre affascina i poeti. Scopriamo testo e analisi dei componimenti di due celebri poeti italiani, Umberto Saba e Luigi Pirandello, dedicati proprio a questo tema.

Alice Figini
Alice Figini Pubblicato il 04-04-2022
La “pioggia d'aprile” nelle poesie di Saba e Pirandello

La pioggia d’aprile arriva per scrosci improvvisi, senza avvertire, preannunciata soltanto da un lieve adombrarsi del cielo.
È fulminea e rapida, fende la terra come una spada, e dopo aver ripulito il mondo scorrendo in un fiume d’acqua impetuoso se ne va, così com’è venuta. Per queste sue caratteristiche peculiari ed evocative la pioggia d’aprile da sempre affascina i poeti che colgono nel suo manifestarsi un’intricata rete di metafore sottintese. È una pioggia implacabile e feroce che sembra portare redenzione e lavare le impurità della terra, spazzando via ogni male per permettere ai germogli, radicati nel profondo del suolo, di rifiorire.

Il mese di aprile sembra sprigionare un’energia quasi spirituale, perché è il mese delle fioriture che vede le gemme degli alberi sbocciare e schiudersi. La primavera inoltrata simboleggia la crescita, ma rappresenta anche una lotta nascosta tra due equilibri opposti: a guardar bene lo sbocciare dei fiori non è mai dolce e delicato, si accompagna a movimenti occulti, a disequilibri interni che portano alla rinascita.
La pioggia d’aprile è emblematica di questo conflitto che, come un lento processo di gestazione, conduce al trionfare di una nuova vita.

Di questo tema in particolare hanno parlato Luigi Pirandello, nella poesia dal titolo omonimo Pioggia d’aprile, inclusa nella raccolta Mal Giocondo (1889), e Umberto Saba nella lirica L’arboscello, detta anche Pioggia d’aprile, contenuta nel Canzoniere (1951).

Scopriamo testo e analisi delle due poesie dedicate alla pioggia d’aprile.

Pioggia d’aprile di Luigi Pirandello: testo

Attoniti, dai nidi
nuovi, sui vecchi tetti
guardano gli uccelletti.
mettendo acuti gridi,
cadere l’invocata
pioggia di mezzo aprile.
Tu dietro la vetrata,
dalla finestra bassa
come lor guardi e ridi.
È nuvola che passa.

La poesia Pioggia d’aprile di Pirandello ha il ritmo scandito di una filastrocca che si articola in una serie di rime baciate e alternate.
Nella prima parte del componimento la pioggia viene narrata dal punto di vista degli uccellini appena nati che osservano, dal caldo dei loro nidi ben imbastiti (il poeta li definisce non a caso “nuovi”, per sottolineare la novità della nascita, Ndr) la pioggia improvvisa che si abbatte sui rami. I piccoletti spaventati emettono acuti stridi che si riverberano nell’aria, come una melodia di primavera.

Pirandello associa alla pioggia di aprile l’aggettivo “invocata” paragonandola quasi a una benedizione: è infatti un prodigio atteso dalla terra indurita dall’inverno che festeggia l’acqua che cade dal cielo come linfa di nuova vita.
Si può cogliere in questi due versi “cadere l’invocata/ pioggia di mezzo aprile” tutto il riflesso spirituale che il poeta stesso affibbia a questo affascinante fenomeno atmosferico.

Nella seconda parte del componimento il focus si sposta su un altro punto di vista, stavolta umano. Il poeta si rivolge alla misteriosa figura dandole del “Tu”, il suo volto e la sua persona rimangono in ombra, dietro il vetro bagnato di una finestra. Chissà perché al lettore viene spontaneo immaginarsi una donna, costei guarda alla scena con una sensibilità acuita dai richiami degli uccelli che sembrano invocare una protezione materna.
Anche la figura osserva gli scrosci improvvisi della pioggia stando al riparo all’interno della propria casa, come gli uccellini; ma a differenza degli animali nutre una diversa consapevolezza. Sa che quella pioggia è passeggera, portata da una nuvola, e non provocherà certo la fine del mondo.
La figura alla finestra sorride, incantata da quel ritorno improvviso e implacabile di una nuova primavera che appare come una rinascita della terra.

Pioggia d’aprile di Umberto Saba: testo

Oggi il tempo è di pioggia.
Sembra il giorno una sera,
sembra la primavera
un autunno, ed un gran vento devasta
l’arboscello che sta - e non pare - saldo;
par tra le piante un giovanetto alto
troppo per la sua troppa verde età.
Tu lo guardi. Hai pietà
forse di tutti quei candidi fiori
che la bora gli toglie; e sono frutta,
sono dolci conserve
per l’inverno quei fiori che tra l’erbe
cadono. E se ne duole la tua vasta
maternità.

Il titolo originale della poesia di Umberto Saba è L’arboscello, tuttavia la lirica viene spesso riportata sotto la denominazione di Pioggia d’aprile che meglio descrive il contenuto del componimento.
Proprio come Pirandello, anche Saba sembra osservare l’avvento della primavera da un doppio punto di vista, dandone quindi una duplice lettura.
La pioggia d’aprile si abbatte funesta sulla natura, colpendo un alberello appena nato, trafiggendolo come un arco che scocca frecce letali. Il piccolo arbusto, ancora troppo giovane e fragile, sembra piegarsi sotto quei colpi.
Saba riesce a cogliere l’esatto momento in cui la primavera sembra trascolorare nell’autunno: “Sembra la primavera un autunno” dice, evocando nella mente del lettore quelle giornate primaverili che in un attimo si adombrano ricordando la cupezza di novembre.

L’arboscello descritto da Saba viene paragonato con una metafora a un “giovinetto alto”. È come un adolescente, giovane e inesperto, che viene colpito all’improvviso dalle sventure della vita che sono forse troppe per la sua età ancora infantile.
Proprio come nella poesia di Pirandello anche Umberto Saba nella seconda metà del componimento cambia il punto di vista. Terminata la descrizione del mondo esterno, funestato dalla pioggia improvvisa di aprile, il poeta si rivolge a un “Tu”.

La critica identifica quel “Tu” con la moglie di Saba, Lina, che accanto a lui osserva la pioggia di aprile dalla finestra. Lo sguardo del poeta si sposta quindi dall’esterno all’interno, esplorando i pensieri nascosti dietro l’osservare - solo in apparenza quieto - della moglie.

Saba allude dunque alla pietà tipicamente femminile - e materna - che strazia il cuore della donna nel vedere il giovane albero annientato dalla pioggia. “Se ne duole la tua vasta maternità,” afferma Saba, facendo riferimento al senso di protezione, alla volontà di accudimento onnicomprensiva della donna che vorrebbe poter proteggere nel suo grembo ogni cosa del mondo, persino quell’arboscello appena nato.
La pietà della donna sembra avvolgere in un abbraccio materno tutti quei fiori e frutti primaverili che cadono sotto i colpi funesti della pioggia martellante. Saba si fa portavoce del suo pensiero carico di rammarico: quei fiori non potranno mai sbocciare e i frutti non diventeranno marmellate per l’inverno. Il poeta sembra comprendere l’angoscia della moglie, ma riconosce che non è in grado di alleviare il suo senso di impotenza.

La pioggia d’aprile dunque porta con sé un carico di dolore inespresso, un male ingiusto ma necessario, che come la morte fa parte della vita.

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