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Storia della letteratura

“San Martino” di Carducci: parafrasi e analisi della poesia

“San Martino” è una poesia di Giosuè Carducci pubblicata per la prima volta nel 1883. Tra le più celebri e amate, vediamo insieme testo, analisi e parafrasi della poesia.

Ilaria Roncone
Eleonora Daniel - Ilaria Roncone Pubblicato il 10-11-2022
“San Martino” di Carducci: parafrasi e analisi della poesia

San Martino è stata pubblicata nel terzo libro di Rime Nuove, la più completa raccolta di poesie di Giosuè Carducci, poeta verista e sostenitore del classicismo. In questo articolo vedremo il testo, la parafrasi e l’analisi di San Martino, spiegando quali fossero le intenzioni comunicative del poeta.

In questa poesia ci sono termini identici a una poesia di Ippolito Nievo (patriota e autore italiano) datata 1858. Per questa ragione sono molti gli studiosi a sostenere che Carducci si sia ispirato a lui in maniera diretta per la composizione del testo.
Non solo: l’estate di San Martino è un tema in generale molto caro ai poeti dell’800, infatti anche Pascoli ha dedicato nella sua la poesia Novembre una riflessione a questo periodo dell’anno.

San Martino: il testo

La nebbia agl’irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;

ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar.

Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
sull’uscio a rimirar

tra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.

Parafrasi de San Martino

La nebbia, lasciando una pioggerella leggera, sale verso i colli carichi di alberi spogli, e intanto il mare è in tempesta, pieno di schiuma e di onde, a causa del vento Maestrale. Per le vie del borgo, però, c’è festa e il mosto che fermenta nei tini, diffondendo un odore aspro per tutto il paese, rallegra gli animi.
Sulla brace accesa e scoppiettante gira intanto lo spiedo; mentre il cacciatore sta sull’uscio fischiettando, intento a guardare, tra le nuvole rosse del tramonto, uno stormo di uccelli neri che, come fossero pensieri vagabondi, si allontanano in direzione della notte.

Analisi del testo

Questa poesia si compone di quattro quartine, ognuna composta da settenari. Lo schema delle rime si ripete uguale per ogni strofa: il primo verso è libero, il secondo è il terzo rimano tra di loro e il quarto (sempre tronco) rima col verso finale di tutte le altre strofe (-ar). Questo schema si chiama anacreontico.
Questa poesia racconta, in pochi versi, un mondo intero: si tratta di un confronto tra il paesaggio malinconico di una natura tempestosa e grigia, tipica della stagione autunnale, e la felicità nel borgo che aleggia tutto intorno al poeta.

L’atmosfera festosa nel paesello maremmano (fatto coincidere o con Bolgheri o con Castagneto) deriva dalla giornata in corso, San Martino, che porta le strade a riempirsi del buon odore di vino e carne succulenta cotta allo spiedo. I pensieri di Carducci, però, volano lontano da questa atmosfera festosa e la figura del cacciatore riporta il lettore alla malinconia iniziale, caratteristica dell’ora del tramonto e del volo degli uccelli migratori, che in questo caso sono come pensieri che vagano, simbolo di irrequietezza, affanno e insoddisfazioni tipici della natura umana.

Nella prima strofa di San Martino, Giosuè Carducci descrive il paesaggio rurale, colmo di tristezza per la stagione in corso (nebbia, pioggia, tempesta), che si contrappone con la quieta festosità del borgo nel giorno di San Martino descritta dall’autore nella strofa successiva.
Il “ma” presente al primo verso della seconda strofa assume un valore doppio, segnando non solo il cambiamento di luogo, ma anche quello del sentimento suscitato.

Inoltre la lirica è piena di notazioni visive e di colori, che contribuiscono a rendere ancora più forte il contrasto nell’animo del poeta rispetto a ciò che vede. L’insistenza sugli aspetti sensoriali è particolarmente forte. La pioggerella della nebbia che fine si posa sui colli, il mosto che ribolle, il mare che "biancheggia" spumoso, lo spiedo che cuoce scoppiettando, le nubi rosse: non c’è riflessione diretta, è tutto affidato al dipinto, praticamente fisso e immutabile, di quanto accade. Questa fissità è ottenuta anche grazie alle scelte operate da Carducci con i tempi verbali: presente, gerundio e infinito, in assenza di alcuna coordinata spaziale o temporale precisa (se escludiamo il fatto che il tutto si svolge durante la festa di San Martino), trasmettono un senso di immobilità.

L’ultima strofa vede il paragone tra gli stormi di uccelli neri che volano all’orizzonte con i pensieri fuggenti dell’uomo, rivelando un partire dal concreto per arrivare all’astratto caratteristico del componimento.

Le figure retoriche presenti

La poesia è musicale grazie allo schema delle rime e alle molte figure retoriche presenti. Tra queste, si trovano:

  • Allitterazioni e ripetizioni sonore: torna in particolare con insistenza la lettera r, che trasmette un senso di asprezza.
  • Anastrofe: particolarmente presente è anche l’inversione dell’ordine sintattico consueto, come accade in "piovigginando sale" (v. 2), "gira su ceppi accesi / lo spiedo" (vv. 9-10), "nel vespero migrar" (v. 16).
  • Iperbato: "rimirar"-"stormi d’uccelli neri"-"nel vespero migrar" (vv. 12, 14 e 16).
  • Similitudine: "com’esuli pensieri" (v. 15).
  • Personificazione: il mare al v. 4 "urla".
  • Metafore: i colli sono "irti", carichi di alberi spogli (v. 1), "esuli pensieri" (v. 15).
  • Sinestesia: il mare "urla e biancheggia" (v. 4).

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Estate di San Martino: cos’è e perché si chiama così

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “San Martino” di Carducci: parafrasi e analisi della poesia

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