La genesi de "Il fu Mattia Pascal"
Approfondimento, analisi e video di Elisabetta Bolondi
Nei primissimi anni del ’900, Luigi Pirandello aveva lavorato alle novelle già celebri e a un primo romanzo, “L’esclusa”, pubblicato nel 1901, una storia di impianto borghese imperniato sull’adulterio, vicino alle tematiche che in quegli anni sviluppava anche l’altro grande romanziere italiano, Italo Svevo, il cui tema fondamentale, l’inettitudine che caratterizza molti suoi personaggi, si ritrova anche in alcuni tratti di Mattia Pascal, protagonista de "Il fu Mattia Pascal".
Pirandello dunque, abbandonata la novellistica regionale, esordisce con un romanzo a puntate, pubblicato tra aprile e giugno nel 1904, che mostrerà un’evoluzione del pensiero dello scrittore siciliano verso temi più introspettivi, attraverso uno scandaglio intellettuale che lo porta dentro la coscienza dei personaggi per giungere al tema dell’alienazione, che costituirà il nucleo centrale de “Il fu Mattia Pascal”.
L’assunto fondamentale del libro è la messa in rilievo del contrasto tra “vita” e “forma”, cioè tra quello che ciascuno di noi appare esteriormente (la forma che Pirandello chiama maschera), e la nostra vera realtà interiore. Ma anche questa realtà è opinabile, perché la nostra anima non è una, ma molteplice, formata da ragione e passione, istinto e volontà. Al di sotto della forma (convenzioni sociali, schemi logici su cui ci siamo costruiti) afferma Pirandello, la vita è un continuo divenire, è un flusso che cerchiamo di arrestare, di fissare in forme stabili.
In queste riflessioni si colgono gli influssi della cultura contemporanea allo scrittore, cominciando da Freud e i suoi studi sull’inconscio, e in parte di Bergson, che tuttavia col suo “slancio vitale” ha una concezione ottimistica dell’esistenza umana. Pirandello invece afferma il non consistere dell’uomo, il non trovare quiete, avvertendo che al di sotto della forma per lui, come unico sbocco dell’esistenza ci sono l’alienazione, la pazzia, la morte.
Da simili posizioni pessimistiche, dal rifiuto della realtà positivistica che aveva contrassegnato il secondo Ottocento, Pirandello approda alla concezione dell’umorismo, che non è comicità o satira, ma è “il riso amaro che nasce dal sentimento del contrario”, cioè, secondo Pirandello, la capacità di cogliere con senso critico la evidente frattura tra apparenza e realtà. L’umorismo porta a conoscere, ad indagare la vita, e non a rispecchiarla, e quindi nell’osservazione della realtà contraddittoria, drammatica, dal punto di vista stilistico porterà ad opere letterarie disarmoniche, piene di digressioni, disordinate, discordanti. Questo assunto spiega in buona parte la genesi del romanzo in diciotto capitoli, pubblicato a puntate e poi in volume nel 1904.
Il narratore esordisce sottolineando uno dei temi centrali del libro, quello della propria identità:
“Una delle poche cose, anzi forse la sola ch’io sapessi di certo era questa: che io mi chiamavo Mattia Pascal... Ma ignoravo allora cosa volesse dire il non sapere neppure questo, il non poter più rispondere, cioè, come prima, all’occorrenza: Io mi chiamo Mattia Pascal”.
Il romanzo è forse quello che meglio rappresenta l’intuizione pirandelliana della perdita dei valori di comunicazione con la realtà, da cui l’uomo si astrae andando incontro a un’esistenza assurda, paradossale, che gli è tragicamente del tutto estranea.
“Il fu Mattia Pascal”: trama del romanzo
Mattia Pascal è un bibliotecario di Miragno, un paesetto ligure, e ha una vita angusta, mediocre, in una famiglia ostile, con un matrimonio fallito. Nelle sue lunghe ore in biblioteca intuisce leggendo disordinatamente libri diversi, che esiste la possibilità di una vita più gratificante e complessa. Infelice, dopo un’ennesima lite domestica, Mattia improvvisamente decide di partire, si imbarcherà per l’America. Si ferma al Casinò di Montecarlo, dove per un colpo di insperata fortuna (tema letterario quello del gioco, caro a Dostoevskij e a Balzac) vince una somma che lo leva dalla miseria e dal bisogno.
Ancora stordito per la casualità della fortuna capitata, apprende da un giornale locale che un cadavere, ritrovato in un fosso, è stato riconosciuto dai suoi parenti come suo. Mattia dunque è ricco, è morto, può cominciare una nuova vita sotto falso nome. Viaggiando in treno verso Roma, sceglierà dunque una nuova identità; tagliati barba e capelli, cambiato cappello e abiti, si darà un diverso nome, Adriano, suggerito dal grande imperatore romano, e Meis, dal cognome del saggista De Meis di cui aveva letto qualcosa.
Giunto a Roma, città umbertina triste e grigia, troverà alloggio presso una squallida pensione: il proprietario Anselmo Paleari però la fa gestire dal genero, il disonesto Terenzio Papiano. Vive lì anche la signorina Adriana, figlia di Anselmo, il fratello epilettico di Terenzio, Scipione, e una finta medium, Silvia Caporale. In questo ambiente surreale e paradossale, Adriano/Mattia si innamora di Adriana, ma non può sposarla perché privo di documenti, non può denunciare i fratelli Papiano che lo hanno derubato, non può battersi a duello col pittore spagnolo che l’ha offeso.
Adriano/Mattia, sconvolto e frustrato, privo di stato sociale, decide di morite per una seconda volta, cambia di nuovo fisionomia, lascia un biglietto in cui dichiara la propria volontà di suicidarsi, abbandona cappello e bastone sul muro del Tevere e scompare. Decide di ritornare alla sua vecchia vita e riprendere possesso della sua perduta identità. Ma il suo posto non c’è più; sua moglie Romilda si è risposata e diventata madre, i morti non hanno più diritti. Non gli resta che portare fiori sulla sua tomba, ormai egli non è che “il fu Mattia Pascal”.
Recensione del libro
Il fu Mattia Pascal
di Luigi Pirandello
“Il fu Mattia Pascal”: analisi del romanzo
Il personaggio di Mattia Pascal vive nel tentativo di conciliare l’impulso all’autodistruzione, cosciente della propria mediocrità, e il desiderio di sopravvivere a se stesso, di continuare a vivere pur essendo morto. Mattia per due volte uccide non la propria persona, ma l’idea che di essa si era formato.
Dal punto di vista narrativo, da sottolineare che la fabula (la trama della storia) non corrisponde all’intreccio, cioè i tempi e i modi in cui la storia viene raccontata dallo scrittore, che ricorre ad un andirivieni nel tempo e nello spazio, a molte premesse, digressioni, ricorrendo spesso all’ironia, al sarcasmo, alla divaricazione tra il livello tragico e quello comico, entrambi presenti nel testo del romanzo.
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Fabula e intreccio: cosa sono e differenze
Il libro è denso di temi, di personaggi descritti in modo analitico, di dialoghi ben costruiti, di una lingua straordinariamente aderente a quanto l’autore si propone di dire:
“Ma aveva un cuore, quell’ombra, e non poteva amare; aveva i denari, quell’ombra, e ciascuno poteva rubarglieli; aveva una testa, ma per pensare e comprendere ch’era la testa di un’ombra, e non l’ombra di una testa, Proprio così”
“Io sono ancora vivo per la morte e morto per la vita”
è un esempio di sintesi di cui Pirandello fu maestro, di frasi rimaste scolpite nell’immaginario culturale italiano attraverso l’uso di una lingua complessa dal punto di vista sintattico, ma chiara sul piano lessicale.
Al teatro Ghione, lo scorso febbraio, è andata in scena una pièce teatrale, tratta dal romanzo di Pirandello, adattata ed interpretata da Giorgio Marchesi con musiche dal vivo di Raffaele Toninelli.
“Posso dire che da allora ho fatto il gusto a ridere di tutte le mie sciagure e di ogni mio tormento”
leggendo questa citazione tratta dal testo del romanzo pirandelliano, l’attore regista ha voluto raccontare le peripezie di Mattia con un linguaggio accessibile a tutti, anche ai più giovani, perché la “pesantezza” che generalmente viene associata ai classici della letteratura possa essere smentita dal racconto di un “caso davvero strano”.
La simulazione dell’Esame di maturità 2019 su Il fu Mattia Pascal
di Ilaria Roncone
Come simulazione della prima prova di maturità tipologia A il Miur ha scelto, in data 25 marzo 2019, un passo tratto dal XV capitolo de Il fu Mattia Pascal. Vediamo le caratteristiche del testo di Pirandello scelto per la simulazione di prima prova e una breve analisi del tormento vissuto da Adriano Meis, alias Mattia Pascal, che gira per le strade di Roma senza una meta precisa, conscio del fatto che aver perso la sua identità gli impedisca, tra le altre cose, di denunciare un furto subito e persino di amare.
La simulazione di maturità tipologia A proposta dal Miur il 25 marzo vede un passo del XV capitolo de Il fu Mattia Pascal posto all’attenzione degli studenti. Dopo aver letto il testo viene richiesto ai candidati di comprendere e analizzare ciò che hanno letto rispondendo a una serie di domande dopo aver riassunto il contenuto del brano. Tra le altre cose viene loro richiesto di individuare i temi centrali, appartenenti alla poetica di Luigi Pirandello, che traspaiono dal brano con opportuni riferimenti alle frasi più significative del testo. Dopo il contenuto è richiesta anche un’analisi della forma, ovvero della sintassi (frasi brevi, variazioni di discorso, figure retoriche) con particolare attenzione al legame che c’è con lo stato d’animo del protagonista in quel preciso momento. Viene infine domandato agli studenti di analizzare le ultime frasi del brano e di proporre un’interpretazione complessiva fornendo informazioni anche su tematiche, contesto storico e autore.
Ecco la traccia ufficiale simulazione prima prova di maturità Il fu Mattia Pascal:
Nel breve frammento di capitolo Mattia Pascal gira sperduto per le strade di Roma, osservando la propria ombra e capendo che, senza la sua identità, creduto morto da tutti, non può davvero essere nessuno. Solo l’ombra di se stesso è ciò che gli rimane, ombra che maltratta in maniera figurata facendo si che ci passino sopra carretti e persone, che un cane la calpesti e che “alzi l’anca”, fino a desiderare ardentemente di potersene separare.
Dopo la rabbia espressa nei confronti della sua appendice, però, Adriano Meis capisce che quella è tutto ciò che gli resta di Mattia Pascal, che quell’ombra è lui. Solitario, in giro per Roma, incapace di denunciare un furto subito, essendo privo di stato civile (quindi inesistente, privo di identità). Le riflessioni di Mattia lo portano a pensare che, tra le altre cose, non può nemmeno amare, pur avendo ancora un cuore, sempre perché privo di identità, solo l’ombra di ciò che era stato.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il fu Mattia Pascal: analisi e caratteristiche del romanzo di Pirandello
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