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Premio Strega

Chi era Fausta Cialente, la narratrice dimenticata del Novecento

Il 25 febbraio 1898 nasceva a Cagliari Fausta Cialente. Narratrice impegnata, traduttrice, giornalista militante, è stata una delle figure centrali della letteratura del Novecento. Scopriamo la sua storia.

Alice Figini
Alice Figini Pubblicato il 25-02-2022
Chi era Fausta Cialente, la narratrice dimenticata del Novecento

Il 25 febbraio 1898 nasceva a Cagliari Fausta Cialente, considerata una delle interpreti più significative del Novecento letterario italiano.
Cialente vinse il Premio Strega nel 1976, alla veneranda età di settantotto anni, con il libro ritenuto il suo capolavoro Le quattro ragazze Wieselberger, basato sulle sue vicende familiari.
Fu il suo ultimo romanzo e senz’altro l’opera tramite la quale Fausta ricompose i fili intricati della sua esistenza appianandoli in un racconto che segue le trame della memoria.

Le foto di repertorio del Premio Strega la ritraggono come una donnina magra, compunta, dai nitidi occhi azzurri, che sembra più giovane dei suoi quasi ottant’anni. Dietro quello sguardo amabile, quel portamento elegante, si nascondeva tuttavia un fuoco indomabile, che animava la sua scrittura.

Scopriamo vita e opere di questa grande autrice, considerata l’anticipatrice del femminismo moderno in Italia.

Fausta Cialente: la vita

Nata il 25 febbraio 1898 da padre abruzzese e madre triestina, Fausta Cialente condusse una vita apolide, spostandosi continuamente da un capo all’altro del mondo.
Iniziò in tenera età per seguire il lavoro del padre, Alfredo, un ufficiale di fanteria, che costringe l’intera famiglia a continui cambi di residenza. Una volta cresciuta continuò a viaggiare al seguito del marito, Enrico Terni, compositore e agente di cambio con cui si trasferì per un lungo periodo ad Alessandria d’Egitto e quindi a Il Cairo.

Fu proprio durante la lunga permanenza in terra egiziana che Fausta riprese a coltivare la sua passione per la scrittura. Aveva iniziato a scrivere da bambina, piccole storielle, che già rivelavano un certo talento artistico. Il soggiorno in una terra esotica apre il suo sguardo e dona nuovo vigore alla sua scrittura. Cialente scrisse il suo primo romanzo, Natalia (1931) seguito da Cortile a Cleopatra (1936) e dalla raccolta di racconti Ballata levantina (1961). La sua era una “scrittura di confine”, che mescolava il modo di vivere nomade dell’autrice alla contaminazione di culture, usi e costumi d’Oriente.

Nelle sue opere presto si fa strada il pensiero socialista e antirazzista: Fausta Cialente si afferma sì come scrittrice, ma anche come un’attivista contro il regime autoritario di Mussolini. Nei suoi libri l’autrice trattava temi inconsueti per l’epoca, anticipando il femminismo moderno.
Durante la Seconda guerra mondiale collaborò alle trasmissioni di Radio Cairo, conducendo il programma di propaganda antifascista Middle West. In parallelo Cialente si dedicò al giornalismo militante dirigendo dirige il giornale per i prigionieri italiani Fronte Unito (1943-1945) e Il Mattino della domenica.

Da lontano Fausta assistette impotente allo sgretolamento della sua famiglia: il padre Alfredo, criticato dalla società borghese per il suo ruolo militare e costretto a separarsi dalla moglie, è morto. Un lutto ancora peggiore attende la scrittrice: la morte dell’amato fratello Renato Cialente, attore affermato, che viene ucciso dai fascisti in un attentato, punito per aver portato in scena un dramma sgradito al regime.

Nel 1947, a guerra conclusa, Fausta Cialente tornò in Italia per ricongiungersi alla madre ormai anziana. In questa seconda fase della sua vita iniziò a dedicarsi a tempo pieno al giornalismo, collaborando con varie riviste Rinascita, Italia Nuova, Noi donne, Il Contemporaneo e con il quotidiano comunista l’Unità. In questi anni riprese anche a pieno ritmo l’attività di scrittrice, affermandosi nel mondo letterario dell’epoca.
Dopo la separazione dal marito si trasferì a Roma con la madre. Alla morte di quest’ultima andò a vivere per un breve periodo nella villa di famiglia a Trevisago sul Lago Maggiore. Presto Fausta Cialente riprese la sua vita apolide, continuando a viaggiare per il mondo, spostandosi spesso tra l’Italia e il Kuwait dove viveva la sua unica figlia, Lily.

Negli ultimi anni della sua vita Fausta si trasferì definitivamente in Inghilterra, affiancando alla sua prolifica attività di scrittrice quella di traduttrice. In quel periodo tradusse in italiano molti classici della narrativa inglese, tra cui Piccole donne di Louisa May Alcott e Giro di vite di Henry James.
Morì a Pangbourne, nel Berkeshire, il 12 marzo 1994 all’età di quasi novantasei anni.

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Fausta Cialente: le opere

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Il primo libro di Fausta Cialente Natalia (1931) ebbe una vicenda editoriale controversa. Alla sua prima uscita incappò nelle maglie della censura fascista a causa della vicenda interamente imperniata su un’ambigua amicizia fra due donne. La qualità del romanzo era indiscussa, tanto che vinse il premio Dieci conferito da Massimo Bontempelli; ma non arrivò al pubblico, fu condannato all’oblio dalla censura fascista.
Dopo le difficili vicende editoriali che lo videro coinvolto, il libro fu ripubblicato nel 1982 quando Cialente aveva ormai ottantaquattro anni ed era ormai un’autrice affermata nel panorama internazionale.

I suoi primi romanzi furono caratterizzati dalle atmosfere esotiche e levantine, come Marianna (1931) (vincitore del premio Galante, Ndr), Cortile a Cleopatra (1936) e Pamela o la bella estate (1935) nei quali descrive una natura viva, colorata, profumata, in movimento. La psicologia dei personaggi viene resa da Cialente con gesti impercettibili e un’aggettivazione precisa e al contempo morbida. La sua è una prosa elegante che restituisce al lettore un nuovo modello di scrittura al femminile.

Dopo un lungo silenzio, nel 1961 Cialente pubblicò Ballata Levantina riproponendosi all’attenzione della critica. Cinque anni dopo si classificò quindi terza al Premio Strega con Un inverno freddissimo (1966), vicenda ambientata in una Milano invernale che descrive i problemi del difficile periodo postbellico.
Nel 1972 diede alle stampe il romanzo Il vento sulla sabbia e nel 1976 si aggiudicò finalmente il Premio Strega con Le quattro ragazze Wieselberger, romanzo in cui ricostruisce le memorie della sua infanzia, oggi considerato il suo capolavoro.

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Le quattro ragazze Wieselberger di Fausta Cialente

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Nel libro vincitore del Premio Strega 1976, Le quattro ragazze Wieselberger, Cialente tramite le vicende di un’imprevedibile famiglia, raccontava mezzo secolo di storia italiana, in una prospettiva rivelatrice.
L’autrice parte dalla biografia materna per narrare la sua storia. Il libro si ispira infatti all’infanzia della madre, Elsa Wieselberger, nella Trieste austroungarica dell’Ottocento.
Le quattro sorelle Wieselberger sono delle giovani nobildonne talentuose e aggraziate, che appaiono inconsapevoli del loro tragico destino. La storia delle famiglia Wieselberger si intreccia alle vicende del proprio tempo, quindi al furore della guerra, e infine alla vita della stessa Fausta Cialente che prenderà il testimone dell’eredità familiare concludendo la narrazione.

Tramite il racconto della sua epopea familiare Cialente sembrò chiudere il cerchio della propria attività letteraria realizzando il senso, più segreto e vero, della sua vocazione artistica.

Il romanzo Le quattro ragazze Wieselberger è stato recentemente ripubblicato dalla casa editrice La Tartaruga nel 2018, con una magistrale prefazione scritta da Melania G. Mazzucco.
Questa nuova edizione offre una rinnovata attenzione all’opera di Fausta Cialente e mostra al mondo contemporaneo la sorprendente attualità della scrittura di questa grande autrice novecentesca.

Si può ripercorrere parte del vissuto biografico di Fausta Cialente nel saggio Radio Cairo. L’avventurosa vita di Fausta Cialente in Egitto (Donzelli, 2018) scritto dalla giornalista Maria Serena Palieri, che ha lavorato a lungo sui diari inediti di Cialente. Un prezioso saggio testimonianza che ci restituisce la vita di questa straordinaria “scrittrice di confine”, facendo risorgere una figura cardine della letteratura italiana troppo a lungo consegnata all’oblio.

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