La bambina che guardava i treni partire
- Autore: Ruperto Long
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2017
Ruperto Long, autore di “La bambina che guardava i treni partire”, romanzo che ricostruisce molti brani di storia vera, è un saggista e uomo di cultura uruguaiano, che esordisce nella narrativa con questo libro che “ha commosso il mondo”: per una volta la fascetta che la casa editrice ha apposto sulla copertina del volume non è retorica, ma risponde davvero alle emozioni che il lettore prova nel lungo racconto che ha per principale protagonista la bambina del titolo, Charlotte.
Figlia minore di una coppia di ebrei di Liegi, nella Vallonia belga, Blima e Léon, ricchi e increduli che la persecuzione degli ebrei possa toccare anche loro, hanno parenti sparsi in Europa: il cugino Alter raggiungerà la Polonia, dove sono rimasti i genitori, il fratello Paul, tagliatore di diamanti ad Anversa, esita prima di decidere di abbandonare l’Olanda e i suoi affari. Loro stessi, Lèon, Blima, Raymond e Charlotte, finalmente si convincono a lasciare il Belgio neutrale ma invaso dai tedeschi e dopo essersi cuciti diamanti nella imbottitura dei vestiti, forniti di documenti falsi che li identifica come la famiglia ariana Wins, affrontano un drammatico e pericoloso viaggio in treno che li condurrà, credono in salvo, a Parigi. Comincia così il calvario di questi quattro esseri umani, costretti a nascondersi come topi, terrorizzati di essere scoperti e denunciati, inseguiti dalle retate che continuamente portano via le famiglie di ebrei che ancora avevano resistito agli arresti di massa, conducendoli verso Est, luogo sinistramente sconosciuto da cui ormai si sa, non si torna: proprio la piccola Charlotte, di appena nove anni, nelle sue solitarie e rare passeggiatine, si accorgerà di questi lunghi treni fermi sul binario, da cui si levano lamenti strazianti.
Le storie raccontate in “La bambina che guardava i treni partire” sono però affidate alle voci dei tanti protagonisti che hanno vissuto la tragedia della seconda guerra mondiale: prendono la parola testimoni, vittime, carnefici, soldati, semplici cittadini, baristi, volontari, combattenti della Legione straniera venuti dall’altro mondo: infatti proprio dall’Uruguay partiranno come volontari alcuni giovani decisi a dare una mano all’Europa invasa e soggiogata dalle truppe hitleriane: ecco Domingo Lopez Delgado, Anton Salaverri, Facundo Pelaez e altri che dopo aver attraversato l’oceano e il canale di Suez, vengono arruolati nella Legione Straniera al servizio della Francia libera del generale Da Gaulle, che con le forze della Resistenza si opponeva ai nazisti, e combatteranno molto valorosamente in Africa, fino alla battaglia di El Alamein che deciderà le sorti del conflitto in modo definitivo, nel calore accecante del deserto, sottoposti alla tortura della sete. Ma lo scacchiere europeo è vasto, e il libro ne parla raccontando del ghetto all’interno delle città polacche, dove gli ebrei saranno sterminati a decine di migliaia, e dove perderà la vita Alter, nobile figura di patriota ebreo, protettore del suo popolo. Ci saranno anche le voci dei carnefici, come accennavo: quando la famiglia Wins tenta di sistemarsi a Lione, nel sud della Francia, ecco che arriva in città uno dei peggiori aguzzini allevati dalla ideologia hitleriana, Klaus Barbie, appena ventinovenne, sadico assassino intenzionato ad uccidere tutti gli ebrei ancora annidati nei territori occupati, paragonati ad un cancro da estirpare; Charlotte e la sua famiglia riescono a scampare dalla cattura per un raro colpo di fortuna.
Le testimonianze, il coro di voci narranti, molti scomparsi, alcuni sopravvissuti, ci spiegano con esempi e documenti cartacei, lettere, fotografie, come quella terribile guerra sia stata davvero mondiale: francesi, spagnoli, inglesi, russi, georgiani, ucraini, polacchi, belgi, uruguayani, argentini, palestinesi, libanesi, italiani, persiani, tutti sono stati coinvolti in combattimenti feroci, in stermini di massa, in assedi cruenti, in battaglie all’ultimo sangue. Vittime e carnefici nella più grande strage di popoli della storia, alternano le loro voci in questa puntuale ricostruzione: voci infantili, come quella di Charlotte e delle sue poche amiche perdute, voci come quella dei soldati disperati sul punto di capitolare, quella di Miss Susan, unica donna sul campo di battaglia, quella dei comandanti, costretti a fare scelte drammatiche sulla pelle dei loro soldati, quella dei deportati avviati ai treni senza ritorno, quella di Michelle, una cantante francese che attende il suo compagno membro della Resistenza, quella dei legionari francesi, costretti ad essere coraggiosi malgrado tutto, quella degli ebrei braccati in tutta Europa.
“La guerra ci rendeva sempre più insensibili”
dirà uno dei militari coinvolti nelle atrocità commesse un po’ da tutti, mentre si cerca affannosamente il cibo sempre più raro, non ci sono abiti con cui coprirsi, i rifugi sempre più scarsi e pericolosi, il nemico implacabile anche se ormai in procinto di subire la sconfitta definitiva.
“La bambina che guardava i treni partire” è un romanzo interessante soprattutto perché mette a fuoco un punto di vista altro, lontano, diverso: come se uno storico sudamericano potesse guardare alla tragedia della Seconda guerra mondiale e alla Shoah con occhi più lucidi, più oggettivi. E Ruperto Long ha certamente centrato il bersaglio, regalandoci un libro importante, una voce potente, contro ogni tentativo di negazionismo.
La bambina che guardava i treni partire
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