Il romanzo di Jules Verne, Viaggio al centro della terra, venne pubblicato per la prima volta nel 1864. Ricorrono 160 anni dalla prima pubblicazione.
È un’occasione per ricoprirlo al di là del cliché che ha assunto in Italia come romanzo di avventura adatto a ragazzi. Le versioni per ragazzi tagliano in parte le meticolose descrizioni scientifiche di mineralogia, di speleologia e di preistoria fatte dall’autore.
Tutto ha inizio quando Lidenbrock, che insegna mineralogia in un ginnasio di Amburgo, riesce a decifrare, grazie all’aiuto del nipote Axel, un antico manoscritto che in latino rivela il percorso per arrivare al centro della Terra.
Il manoscritto che il professor Lidenbrock scopre è un testo cifrato in cui è scritto che attraverso il cratere dello Sneffels, vulcano estinto dell’Islanda, è possibile penetrare fino al centro della Terra. Lidenbrock raggiunge la fredda isola dell’Islanda e intraprende l’avventurosa discesa nelle viscere del pianeta in compagnia del giovane nipote e di una guida locale.
Così lo scrittore Jules Verne ci propone quello che è, forse, il più straordinario dei suoi viaggi.
“Viaggio al centro della terra”: il romanzo più straordinario di Verne
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Infatti se in Ventimila leghe sotto i mari, l’autore si ispira alla creazione di un sommergibile che era stato inventato e realizzato e adoperato per scopi militari durante la guerra di secessione.
Se ne Il giro del mondo in ottanta giorni fa riferimento a un viaggio realizzato da un imprenditore americano che usa le ferrovie americane appena completate e il percorso che collegava il Regno Unito con la sua colonia più ricca, le Indie, attraverso le ferrovie che coprivano il territorio francese e italiano e i piroscafi che attraverso il canale di Suez - ultimato nel 1862 - giungevano in India.
Se in Intorno alla luna quanto meno a livello teorico poteva essere realizzato; ebbene per Il viaggio al centro della terra non sono mai stati trovati percorsi e inoltre la scienza ipotizza che sotto la crosta ci sia un enorme magma.
Recensione del libro
Viaggio al centro della terra
di Jules Verne
Jules Verne ne è a conoscenza. Sa che le temperature aumentano sotto la enorme pressione e che attraverso i vulcani la terra mostra magma rovente. Tuttavia ritiene che si tratti di teorie scientifiche. Nessuno si è mai recato nelle profondità del pianeta. E quindi potrebbero essere smentite.
E questo è un corretto modo di procedere della scienza, che oggi sembra dimenticato.
Nel corso dei secoli, l’uomo è stato irrimediabilmente attratto dalla possibilità di avvicinarsi al cielo e alle stelle. E dalla possibilità di svelarne i segreti, di carpire l’intima bellezza di ciò da cui sentiva dipendere, in qualche modo, la propria esistenza. Per quanto quell’esplorazione apparisse difficile, l’uomo l’ha sempre percepita come possibile.
Al contrario, ha trovato dei limiti invalicabili nell’esplorazione verso il basso. Neppure la sua tracotanza ha potuto tanto. Là, nelle viscere della Terra, gli antichi vi ponevano il regno di Ade, la tradizione cristiana vi pone l’Inferno.
Ma Verne non è questo genere di scrittore, la sua fantasia rimane ancorata alle conoscenze scientifiche. Le sfrutta in ogni loro anfratto, ne sottolinea le lacune; mai le trascende, mai le manipola. In altre parole, il rigore scientifico è necessario per dimostrare i limiti della scienza, e, di riflesso, i limiti dell’uomo.
L’impresa del professor Lidenbrock, di suo nipote Axel e della loro guida islandese appare dunque, come un vero e proprio atto di hybris e in qualche modo, Verne ne paga il dazio.
“Viaggio al centro della terra” di Jules Verne: fantasia e scienza
Il romanzo, che è piuttosto un testo di fantasia ma anche di divulgazione scientifica, nella prima parte si sofferma sulla difficoltà di interpretare un testo volutamente criptico. Poi descrive il viaggio che porta l’entusiasta professore e il riluttante nipote in mare in Islanda. L’isola merita una descrizione. Allora aveva solo diciottomila abitanti e viene descritta come luogo freddo e inospitale dove non si può coltivare quasi nulla, il terreno è in gran parte lavico e gli spostamenti sono difficili.
L’esigua popolazione vive di pesca e di un collegamento mensile con la Danimarca via mare che porta beni di prima necessità e torna indietro carica di pesce salato o affumicato.
Scopre inoltre che Arne Saknussen era uno studioso e viaggiatore del sedicesimo secolo morto in odore di eresia. Pertanto tutte le sue opere erano state bruciate. E questo spiega nella finzione letteraria lo stratagemma del messaggio cifrato. Il latino poi era sino al diciottesimo secolo la lingua delle persone colte.
La descrizione della povertà in cui vivono le persone al di fuori della capitale ed unica città è commovente, ma come tutte le persone isolate sono anche molto ospitali. E la guida ingaggiata si rivelerà molto fedele.
Il racconto viene condotto dal nipote del professore che in realtà è pieno di dubbi e di titubanze e fa da contraltare all’entusiasmo delle zio che crede davvero di poter giungere al centro della terra e di trovare percorsi che lo facciano scendere per migliaia di chilometri.
Si porta dietro tutti gli strumenti che la scienza di allora metteva a disposizione: barometri, bussole, strumenti per illuminare usando l’energia elettrica, altri misuratori della pressione.
Il viaggio poi diventa una sorta di percorso speleologico attraverso gallerie sotterranee che non scendono di molto, ma che danno luogo a zio e nipote di fornire conoscenze sui minerali e sui ritrovamenti preistorici.
Non manca la suspense nel momento in cui esauriscono.l’acqua e poi quando il nipote Axel si smarrisce nei cunicoli e prega Dio terrorizzato.
Un effetto acustico sotterraneo gli fa sentire la voce dello zio, che lo guida.
La seconda parte è quella in cui Verne opera di fantasia e solo di fantasia, immaginando che a qualche decina di chilometri sotto la crosta terrestre esista un mondo parallelo con luce, aria respirabile, vegetazione, animali preistorici, mare, e forse qualche traccia di essere umano.
“Viaggio al centro della terra”: l’impresa visionaria di Verne
Ciò che i tre vedono al di sotto della crosta terrestre è molto, troppo, simile a ciò che c’è in superficie, a ciò che la superficie ha già vissuto. Funghi giganti e mari infestati da mostri preistorici diventano quindi, l’affascinante scenografia per la descrizione, bellissima, della personalità e degli stati d’animo dei tre che in più occasioni arrivano vicini alla morte. La strada è bloccata e i tre esploratori risalgono attraverso uno dei camini magmatici del vulcano Stromboli.
La loro impresa è fallita, ma non quella dello scrittore. Jules Verne non ha osato spingersi oltre, in un estremo atto di rispetto delle leggi della natura. E della nostra fantasia, questa sì, libera di continuare il viaggio.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: 160 anni dalla prima edizione di “Viaggio al centro della terra” di Jules Verne
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