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Recensioni di libri

Va tutto bene, signor Field di Katharine Kilalea

Fazi, 2020 - La storia di un uomo che tenta, dopo un grave incidente, di rifarsi una vita. Un romanzo intimo e doloroso, il sapiente esordio di Katharine Kilalea e la notevole traduzione di Silvia Castoldi.

Giovanna Giraudi
Giovanna Giraudi Pubblicato il 27-08-2020

8

Va tutto bene, signor Field

Va tutto bene, signor Field

  • Autore: Katharine Kilalea
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Casa editrice: Fazi
  • Anno di pubblicazione: 2020

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Katharine Kilalea, già conosciuta negli ambienti letterari come poetessa, è una giovane scrittrice nativa del Sudafrica alla sua prima pubblicazione in prosa con il romanzo “Va tutto bene, signor Field” (Fazi, 2020, traduzione: Silvia Castoldi).
Si tratta di una narrazione piuttosto particolare. Il signor Field, nominato nel titolo, è un pianista la cui carriera viene sconvolta quando è coinvolto in un incidente

“Le ossa del mio polso sinistro si erano frantumate, mi spiegarono, e adesso erano tenute insieme da un chiodo metallico la cui presenza, dato che non potevo vederlo (ma le bende ne confermavano l’esistenza), contagiava tutto di un’atmosfera gotica, facendo somigliare la garza insanguinata che l’infermiera, sibilando tra i denti, mi tolse dalla pelle a una ragnatela che attraversava i labbri del taglio...”

Per una persona comune, la frattura del polso è un “incidente” che recherà magari fastidio, che necessiterà di terapie temporanee ma, per un musicista, abituato a far correre le mani sui tasti del pianoforte l’una in sintonia con l’altra, con eguale levità o intensità a seconda del brano, tutto cambia. Una carriera finisce e proprio questo succede allo sfortunato signor Field che si rifugia, allora, con i soldi dell’assicurazione, nell’unico sogno rimastogli: acquista, insieme alla moglie Mim, una casa in Sudafrica.
Il signor Field, di cui non si sa comunque il nome, s’innamora di una villa assai particolare: si tratta di una dimora costruita sul modello della Villa Savoye di Le Corbusier.

“La mia casa era una delle tre sosia della villa: c’era la versione “ombra” di Canberra, che era identica ma dipinta di nero, la versione “mini” di Boston in cui ogni dettaglio dell’originale era stato ridotto del dieci per cento per rientrare nel budget del cliente, e la mia, la casa per lo Studio dell’Acqua, che riproduceva ogni minimo aspetto di quella di Le Corbusier tranne la posizione, dato che Villa Savoye originale si affaccia sul paesaggio rurale francese, mentre quella di Città del Capo dava sul mare”

A fargli conoscere i dettagli della casa è una studiosa sudafricana che aveva conosciuto Jan Kallenbach, progettista della Casa sull’Acqua. L’uomo è da tempo deceduto e a riceverlo e a consegnare al nuovo proprietario le chiavi dell’abitazione è Hannah, la vedova dell’architetto. La casa assume per Mr Field una valenza particolare: è ciò che lui ha ottenuto in cambio di una rinuncia cui fa solo cenno durante alcuni tentativi di avvicinarsi al pianoforte ed è comunque qualcosa di quasi unico nel suo genere. Alla nuova realtà e a un diverso signor Field non s’abitua Mim, moglie fino ad allora affettuosa e affezionata. La di lui tristezza, il tormento inespresso cambiano i rapporti fra i due e Mim, silenziosamente, lascia la casa e soprattutto il marito. L’uomo, però, non pare più di tanto turbato o addolorato: non è mancanza d’amore bensì la spirale depressivo-ossessiva che lo sta sottraendo alla realtà. Ecco, ha così intanto inizio una vera ossessione per Hannah Kallenbach , la cui voce gli risuona nella testa, la cui persona pare essere sempre lì accanto a lui. Il signor Field inizia anche a seguirla nei pressi della sua abitazione e non è nemmeno chiaro il perché da lei sia così attratto: non è innamoramento, bensì un percepire la realtà attraverso l’unica cosa rimastagli, la villa che proprio da Hannah gli è stata venduta.

“Immaginavo Hannah Kallenbach in piedi, accanto a me. -Va tutto bene , signor Field? - mi domandava”

Pian piano la parte cosciente del protagonista nonché voce narrante del romanzo si fa più ottenebrata: la solitudine, il cambio di vita, l’illusione che un luogo così unico possa soppiantare le relazioni quotidiane di cui fino allora s’era nutrito, danno alle sue giornate un aspetto irreale.

Va tutto bene, signor Field è un romanzo particolare, uno studio sulla solitudine disperata e sul lento deterioramento psicologico di chi soffre ma non sa manifestare ciò che sente. Katharine Kilalea racconta di un accadimento non probabile, ma possibile, in maniera assolutamente originale, brillante e le pagine scorrono senza sforzo nonostante la tormentata narrazione.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Va tutto bene, signor Field

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