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Recensioni di libri

Untold reveries. Ciò che nella notte si nasconde di Andrea Melino

Pathos Edizioni, 2021 - Il titolo dell’horror cita un brano metal, traducibile in "fantasticherie indicibili". Il romanzo ha forma e sostanza compiute, i caratteri dei personaggi sono ben sfaccettati e le situazioni descritte in modo efficace.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 19-07-2022
Untold reveries. Ciò che nella notte si nasconde

Untold reveries. Ciò che nella notte si nasconde

  • Autore: Andrea Melino
  • Genere: Horror e Gotico
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Anno di pubblicazione: 2021

Quello che non avrebbe dovuto essere è diventato reale. Concreto e tangibile, come mai sarebbe dovuto accadere. Victor se ne rende conto dolorosamente. Preferirebbe non avere visto e toccato quello che ha visto e toccato. Vorrebbe credere che siano state allucinazioni, perché l’alternativa alla pazzia sarebbe molto peggiore. Conduce in una terrificante realtà paranormale il romanzo Untold reveries. Ciò che nella notte si nasconde, opera prima di Andrea Melino, nella primavera 2021, per i tipi delle edizioni torinesi Pathos (302 pagine).

Il titolo dell’horror cita un brano metal, provo ad azzardare: untold reveries, traducibile in fantasticherie indicibili. Da poco trentenne, Andrea è stato voce di un gruppo musicale hard rock. Dice di abitare in un paesino nei pressi di Milano, con la compagna Elena, alla quale offre il volume in una post-dedica, riconoscendole di avergli insegnato “come l’odio sia lo specchio dell’amore”. Menziona con affetto i due “amatissimi” cani che vivono con loro e fa il punto con meno entusiasmo degli studi in un professionale alberghiero e delle sue occupazioni dopo i vent’anni in diverse ditte. A latere ha sempre dedicato tempo a due passioni: il fantasy e la sceneggiatura.

Per essere opera di un esordiente, il romanzo ha una forma e una sostanza compiute. I caratteri dei personaggi sono progressivamente ben sfaccettati e le situazioni descritte come si deve. L’insistenza sui particolari li rende solo un po’ ridondanti, com’è fisiologico per un prodotto di narrativa surreale. Come tale infatti la dimensione distopica immaginata dall’autore non deve rispettare una coerenza con la realtà.

Una telefonata di buona mattina scuote Victor Gooms dal sonno alcolico in cui era immerso, come d’abitudine. Da quando ho lasciato il Distretto di polizia e si è messo alle spalle il capitano Dwayne, tira avanti solo grazie ai superalcolici, amareggiato dalla vita, disilluso e segnato da una vicenda personale dolorosa. Aveva una fidanzata, Agatha. Progettavano di vivere insieme, ma era stato costretto a darle l’ultimo saluto a novembre, proprio il mese in cui si sarebbero sposati, per andare ad abitare nella casa che avevano comprato, la stessa in cui Victor vive da solo.
Si è congedato da detective della Polizia di Detroit, quello che l’ex collega Frederick Cooper è adesso, sul finire del 1990, sebbene per Victor resti un ragazzino, anche se ha superato i 30 anni. È ancora vivo il ricordo di quando faceva da chioccia al giovane novizio.

Fred gli chiede un favore personale: occuparsi privatamente di un caso che la Polizia sta trascurando. Due giorni prima un bambino bianco di otto anni, Colin Payne, non è tornato a casa da scuola e da quel momento non si hanno notizie. Superficiali gli accertamenti di rito, inconcludenti gli interrogatori alla madre Enrichetta e alla sorella Pamela (il padre è sempre al lavoro). Tutto condotto stancamente, senza motivazioni.

È per amicizia che Victor si mette in movimento. Raggiunge casa Payne, trova singolare la ragazzina — volto dolce, occhi espressivi, in contrasto con un aspetto trasandato — e vagamente reticente la signora, che non è in grado di rivelargli niente di nuovo, ma dà l’impressione di sapere qualcosa che non vuole dire. Un’occhiata nella camera del figlio la rivela in perfetto ordine, fin troppo rispetto al resto dell’abitazione, non ben tenuta. Colin è molto diligente, insiste la mamma. In terra, a semicerchio, disegni di mano del piccolo ritraggono un bambino e una bambina in lacrime, perché una grossa ombra sembra attagliarla. In un altro, c’è solo un grande triangolo e nell’ultimo un bambino con i capelli scuri. Il foglio è strappato sulla parte sinistra.

Qualche progresso viene dalla visita alla scuola elementare, la stessa frequentata oltre un trentennio prima dal detective. La preside, una donna molto bella, affabile, disposta a collaborare, rivela che Robert Payne, il papà, è un uomo molto autoritario. Conferma inoltre che il piccolo non si è presentato alla ripetizione di matematica nel pomeriggio, ma l’insegnante non aveva ritenuto di contattare la famiglia, perché rassicurata dal migliore amico, anche lui impegnato nelle lezioni di ripasso: Colin non si era sentito bene e aveva preferito tornare a casa.

In tutto questo, cominciano a manifestarsi stranezze. Victor avverte una percezione carica di angoscia all’ingresso e all’uscita da casa Payne. Gli sembra d’essere osservato da una figura indistinta, dietro la finestra del piano superiore. Nel corridoio della scuola, in un vociare dallo sgabuzzino delle scope aveva distinto un timbro infantile chiedere “Quando potrò venire con te?”. La risposta era stata una cacofonia di voci distorte, incomprensibili, salite di tono fino a diventare insopportabili. A quanto pare nessun altro le aveva sentite, però.

Si addormenta durante un percorso in taxi e, forse in sogno, sente un improbabile tassista vaneggiare di affetto e di avversione: da dove proviene lui l’Amore è forte, dice, mai però quanto l’Odio, sua controparte, che se incanalato nel modo giusto può diventare il sentimento universale più possente.
Si potrebbe dire di più, ma mi sa che già questo sarà sufficiente a sollevare una curiosità irresistibile.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Untold reveries. Ciò che nella notte si nasconde

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