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Recensioni di libri

Storia sentimentale del P.C.I. (anche i comunisti avevano un cuore) di Sergio Staino

Piemme, 2021 - I ricordi di prima mano di Sergio Staino coincidono cioè del tutto con le stazioni esistenziali della Sinistra – e della Sinistra a sinistra della Sinistra. Il loro riepilogo avviene “dal di dentro”, attraverso slanci e contraddizioni di cento anni.

Mario Bonanno
Mario Bonanno Pubblicato il 09-02-2021

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Storia sentimentale del P.C.I. (anche i comunisti avevano un cuore)

Storia sentimentale del P.C.I. (anche i comunisti avevano un cuore)

  • Autore: Sergio Staino
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Saggistica
  • Casa editrice: Piemme
  • Anno di pubblicazione: 2021

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Il Partito Comunista Italiano muore prematuro all’età di settant’anni. Soppresso per eutanasia riformista, malgrado la coscienza pura, gli strappi ripetuti con la casa madre URSS, malgrado Berlinguer, malgrado fossimo “comunisti a modo nostro” (Emanuele Macaluso), “diversi e uguali” dal resto dei partiti (Nanni Moretti). Sulla scorta emotiva della caduta del muro di Berlino e della crisi sovietica, Achille Occhetto e l’ala riformatrice con lui, pensano bene di ripudiarne il nome (da PCI a PDS) e successivamente il simbolo: quella falce e martello per la quale avevano trepidato i cuori di milioni di italiani (partigiani, operai, studenti, intellettuali); convinti che comunista significasse essere

“più di se stesso: era come due persone in una/ Da una parte la personale fatica quotidiana/ e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo/ Per cambiare veramente la vita”. (G. Gaber, Qualcuno era comunista)

La Storia sentimentale del P.C.I. (anche i comunisti avevano un cuore) di Sergio Staino (Piemme, 2021) riprova due ulteriori attitudini dell’ontologia comunista: la prima riguarda l’attitudine alle lacerazioni – politiche (sin dalla svolta di Livorno di un secolo fa) e interiori –; la seconda a un modus agendi, persino nella sua familiarità dialettica con la crisi, non assimilabile a nessuno, figuriamoci al pressapochismo intellettuale dell’odierna classe politica (dov’è finito il movente/collante dell’ideologia?).

Quando leggo le strisce di Bobo (il barbuto-panciuto-polemico-caustico-problematico militante forgiato dalla matita di Staino), mi succede una cosa che mi succede soltanto davanti ai primi due film di Fantozzi: piango e rido al tempo stesso. Piango di commozione perché Bobo “siamo noi” che ci abbiamo creduto e persino contro ogni logica continuiamo a crederci; rido perché per autodifesa ormai riesco a ridere solo delle battute intelligenti: le battute che si richiamano alla politica e – si parva licet – anche all’ambito più esteso della condizione umana di Bobo, per esempio. Bobo e Staino sono Bobo & Staino, un tutt’uno più ancora che madame Bovary e Gustave Flaubert (“madame Bovary c’est moi”). Un brand intellettual-marxista-leninista, diventato col tempo semplicemente progressista. Braccio e Mente di un diario caustico-affettivo sull’ex Belpaese visto da sinistra. Bobo & Staino sono complementari l’uno all’altro: oltranzisti della battuta amara, magnifici rettori di crisi ideali e personali, buonisti persino, se non altro “perché con la cattiveria non si costruisce nulla”. Insieme hanno attraversato controvento mezzo secolo di storia italiana e i settant’anni di P.C.I. vedendosela coi tempi che cambiano, i miti che crollano, i craxismi e i berlusconismi, oggi coi sovranismi; e tutto ciò alla luce ideale del medesimo donchisciottesco cipiglio da anti-eroi.

Storia sentimentale del P.C.I. muove dunque dalle campagne toscane del secondo dopoguerra e da un nonno di fede comunista e arriva a una vignetta dove si vede il cielo oppresso da una fitta nuvolaglia, e Bobo che contro ogni evidenza, assicura:

“Eppure, ragazzi, sono ancora convinto che, dietro dietro dietro…c’è il sole”.

Leggi il bel sole socialista dell’Avvenire.

Questo nuovo libro di Sergio Staino non è un libro furbo. Tutt’altro: è un diario sentimentale stra-ordinariamente denso e sincero, più di quanto ci si possa aspettare da un libro sui 100 anni del P.C.I., scritto da uno che di mestiere (per sua e nostra fortuna) non fa il politico e nemmeno il giornalista politico (o forse questo sì?... ci sono modi e modi di raccontare la vita e la politica). I ricordi di prima mano di Sergio Staino coincidono cioè del tutto con le stazioni esistenziali della Sinistra – e della Sinistra a sinistra della Sinistra. Il loro riepilogo avviene “dal di dentro”, attraverso slanci e contraddizioni di cento anni. Fatti, fattacci, fattarelli inediti, in quanto personali, che sfiorano l’Unione Sovietica, filocastrismi e filocinesismi, Che Guevara, Togliatti, l’Unità di Macaluso e quella di D’Alema e di Veltroni, snodi epocali ed errori fatali: quello che è stato fatto e quel che si poteva fare e non è stato fatto, fino alla caduta del Muro e all’estinzione in progress dell’ideale comunista. Sostituito invero da un finto ideale ben più subdolo e soggiogante: quello del Capitale.

Storia sentimentale del P.C.I. è un libro narrativo, ma la vignetta a cui Staino affida l’ultima parola mi rinforza nella speranza che in fondo in fondo in fondo le masse oppresse siano ancora e ancora in attesa, se non della dittatura del proletariato, quanto meno di un riscatto sociale. In politica ritengo si sia toccato il fondo e dal fondo dicono si possa soltanto risalire.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Storia sentimentale del P.C.I. (anche i comunisti avevano un cuore)

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