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Recensioni di libri

Soggiorno in una casa di campagna di W.G. Sebald

Adelphi, 2012 - W.G. Sebald, nato in Germania, lasciò la Svizzera nel 1966 con pochi libri in valigia, da Hebel a Keller a Walser, ai quali aggiunse negli anni Rousseau e Morike per trasferirsi in Gran Bretagna...

Teresa D'Aniello
Teresa D’Aniello Pubblicato il 11-01-2013

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Soggiorno in una casa di campagna

Soggiorno in una casa di campagna

  • Autore: W.G. Sebald
  • Casa editrice: Adelphi
  • Anno di pubblicazione: 2012

“Gli scrittori, prigionieri del loro mondo di parole, a volte sanno dischiudere scenari di una tale bellezza e intensità, quali ben di rado può fornire la vita stessa.”

W.G. Sebald, nato in Germania, lasciò la Svizzera nel 1966 con pochi libri in valigia, da Hebel a Keller a Walser, ai quali aggiunse negli anni Rousseau e Morike per trasferirsi in Gran Bretagna dove, insegnando letteratura tedesca contemporanea presso la University of East Anglia di Norwich, è rimasto per tutta la vita.

Soggiorno in una casa di campagna è un omaggio di Sebald ai suoi amati autori. Egli abbraccia quasi due secoli di opere scritte e degli autori constata la vita interamente dedicata alla scrittura:

quello strano disturbo del comportamento che costringe a trasformare tutti i sentimenti in parole scritte, contro il vizio della scrittura non sembra esserci rimedio, molti scrittori sono stati preda e persistente è anche la loro tenacia nello scrivere oltre ogni limite.

L’autore ci racconta con dei piccoli saggi la deriva compulsiva della scrittura di Rousseau che nel suo rifugio sull’isola di S. Pietro continua a scrivere sino alla morte; di Keller, che all’età di 56 anni lascia il suo impiego come dipendente pubblico per dedicarsi all’attività letteraria; di Walser che si fa interdire per liberarsi dal desiderio di scrivere.

W.G. Sebald visita la stanza di Rousseau sull’isola di S. Pietro. E’ una camera con mobilio scarso, un canapè, un tavolo e una sedia. Quando Rousseau arrivò qui era già sull’orlo di un totale esaurimento psichico e fisico, le tavole del pavimento in legno di abete hanno un avvallamento al centro della stanza. Negli anni di esilio, i più felici, scriverà migliaia e migliaia di pagine spaziando dalle opere di botanica a quelle filosofiche e politiche. L’autore ci racconta di Morike, sopraffatto dalla paura che l’ispirazione possa venire meno, seduto sul letto con la penna nella mano tremante alla ricerca della parola giusta e incapace di trovarla. Morike scriveva tutto ciò che gli passava per la mente su bigliettini e fogli volanti, per poi strappare subito gli appunti in minuti pezzetti di carta e cacciarli in fondo alle tasche della vestaglia. Ci rivela di Keller la sua familiarità con la povertà, acquisita fin da ragazzo in seguito alla morte del padre e l’economia domestica materna fondata sulla parsimonia. La sua critica all’economia nasce quando deve constatare sulla propria pelle che i beni risparmiati con spirito di scarifico vengono poi messi a carico della generazione successiva sotto forma di debito, una critica che va al di là del suo risentimento personale e si concentra sul rischio di una corruzione generalizzata. Uno dei meriti di Keller è di aver riconosciuto con anticipo i danni irreparabili che la proliferazione del capitale ingenera nella società e nella vita affettiva degli uomini. La sua scrittura a scarabocchi è profondamente malinconica, ci sono intrecci di linee, spirali, colonne e occhielli.

Nulla è più in grado di rischiarare le ombre da cui è invasa la sua anima devastata, anche il miglior ordine delle parole possono ben poco contro il peso della delusione.

L’autore ci narra di Walser che non possedeva libri, nemmeno i propri. Ciò che leggeva lo prendeva in prestito. Anche la carta su cui scriveva era di seconda mano. Elias Canetti scrive che la particolarità di Walser consisteva nel fatto che, scrivendo, egli disconosceva sé e l’angoscia nel profondo del suo animo. Estraneo agli eventi del mondo che non lo toccano, anche alla guerra, l’unica cosa certa è che scrive senza mai fermarsi sino al limite della sofferenza.

“La mia schiena si ingobbisce, perché rimango seduto per ore e ore, curvo su una parola che deve compiere il lungo cammino dal cervello alla carta“.

L’autore ci induce, con la sua erudizione e con la sua indagine per i più piccoli dettagli, a riflessioni e idee. Come in un viaggio nel tempo, si rimane affascinati ed inebriati dalla lettura del libro. Sebald ci ha lasciati nel 2001, a seguito di un incidente stradale lungo le strade della sua amata Inghilterra, ove amava fare lunghe passeggiate. “Soggiorno in una casa di campagna” termina con un’autentica dichiarazione d’amore verso i suoi amati autori:

“Le migliaia e migliaia di pagine che ho da allora non hanno minimamente mutato il mio giudizio positivo verso quei libri e i loro autori, e se oggi dovessi trasferirmi su un’altra isola, essi senza dubbio troverebbero di nuovo posto nel mio bagaglio”.

Soggiorno in una casa di campagna: Su Gottfried Keller, Johann Peter Hebel, Robert Walser e altri (Opere di W.G. Sebald Vol. 9)

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Soggiorno in una casa di campagna

  • Altri libri di W.G. Sebald
Gli anelli di Saturno
Il passeggiatore solitario

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