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Recensioni di libri

Sarò io la tua Fortuna di Loredana Frescura, Marco Tomatis

Giunti, 2015 - L’affetto di due quattordicenni, Rigo e Fortuna, nelle retrovie del fronte in Friuli. La violenza della Grande Guerra non avrà la meglio sui loro cuori semplici aperti al futuro

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 07-08-2015

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Sarò io la tua Fortuna

Sarò io la tua Fortuna

  • Autore: Loredana Frescura Marco Tomatis
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Giunti
  • Anno di pubblicazione: 2015

Il “soldatino ausiliario” insegna che non è normale uccidere

Friuli, estate del 1916. Due ragazzini, una grande guerra poco lontano, tanto dolore e rovine, ma un futuro davanti, a condizione di non perdersi in quel disastro. Sono i teneri Rigo e Fortuna, protagonisti di un romanzo che lascia una traccia calda nel cuore. “Sarò io la tua Fortuna” (Giunti, 2015, 216 pagine, 10 euro) è una storia di sentimenti delicati in un momento disperato, mentre intorno muore anche la pietà. Gli autori sono Loredana Frescura e Marco Tomatis, che si cimentano ancora una volta in un libro per ragazzi, a quattro mani.

A quattordici anni non si era in età per andare in guerra, nemmeno nel 15-18, ma a quindici si poteva essere arruolati nei servizi ausiliari in seconda linea. Sfruttando il fisico sviluppato e dichiarando d’essere nato nel 1901, il piccolo Rigo si presenta con la complicità del soldato Toni all’ufficiale, che lo mette al corrente delle regole: retrovie sul Monte San Michele, corvè civile nei servizi logistici. Età minima 15 anni. Due lire al giorno, pagamento ogni sabato, lavoro sei giorni a settimana, dall’alba al tramonto, ma anche di notte e di domenica, se necessario. Gli attrezzi li fornisce l’Esercito, il rancio è quello dei militari. Chi non lavora, sgarra o ruba, viene cacciato e perde l’ultima paga.
Il ragazzino sa leggere, scrivere e fare i conti con i decimali. È sprecato per portare viveri e acqua o scavare trincee, infatti è impiegato nell’ospedale da campo come segretario e scrivano, oltre a dare una mano ai soldati feriti per le lettere a casa. Il medico militare al quale è affidato è solo, impegnatissimo e questo lo rende a volte molto severo.
La prima volta che Rigo si è affacciato nella stretta corsia della baracca ha dato di stomaco. Ha vomitato gli odori nauseanti, scrivono Frescura e Tomatis, ha vomitato il dolore straziante di non avere più zia Rosa, zio Claudio, il cane Sole che abbaiava alle galline e sua madre che è morta per farlo nascere. Ha vomitato un padre mai conosciuto, scomparso prima del matrimonio riparatore, forse fuggito.
Abitava ai margini di un paesino friulano. Gli austriaci hanno tirato sulla stazione, alle tradotte piene di soldati, centrando invece una cascina. Due morti soltanto, dice un piantone, ma erano i buoni zii che avevano adottato il piccolo. Tutto è andato bruciato ed ora vorrebbero mandarlo in orfanotrofio, ad imparare un mestiere, se non intervenisse quel bravo soldato del genio, Toni, che lo ha allontanato in salvo dal rogo e lo spinge a presentarsi per il lavoro ausiliario.
Viene portato con altri giovanissimi nella zona del San Michele, una modesta altura davanti a Gorizia, basta un’ora a passo lento per salire dal piano alla cima. Un militare scrive al padre, per mano di Rigo, che per compiere lo stesso percorso e strappare il monte al nemico i nostri soldati hanno combattuto 412 giorni, per poche centinaia di metri di terreno, pieni di pietre ed arbusti.
Attraverso le lettere che i feriti analfabeti o mutilati fanno scrivere alle famiglie si apprende dell’andamento della guerra e della ferocia di quello, come di tutti i conflitti.
In quello scenario di sofferenze, di rabbia impotente del dott. Salvini e di odore di disinfettanti e sangue, irrompe una figura tutt’altro che guerresca. Non è una donna, o quasi. Non è una bambina, o quasi. Ha i capelli scuri, sciolti sulle spalle, gli occhi che ridono, come la bocca. È Fortuna, coetanea di Rigo, figlia di una donna che si accompagna agli ufficiali. La ragazza aiuta lo zio negli spettacoli di burattini, molto apprezzati dai soldati nelle retrovie. Ora è lì, accanto all’ospedaletto, indossa un cappottino azzurro della mamma, glielo ha ristretto. Anche Rigo ha un cappotto militare, grigioverde, puzza di sudore, ma tiene caldo, apparteneva ad un soldato minuto al quale non serve più. Glielo ha procurato Toni, sempre presente e di buon umore, anche se qualche volta sembra che un’ombra gli attraversi la mente. Ha una moglie Annina e una figlia, Sandrina, che adora. Fa promettere a Rigo che se gli dovesse capitare qualcosa al fronte, il ragazzo dovrà raggiungerle per portare gli ultimi saluti del marito e padre.
L’offensiva si scatena, l’artiglieria incendia l’orizzonte, i camion vomitano feriti. Cartellino bianco: ferite leggere. Verde: curabili. Rosso: inutile perdere tempo.
Che contrasto tra l’affetto dei due ragazzini e la guerra insensata. Rigo dice che da grande farà il maestro: per insegnare a non uccidere.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Sarò io la tua Fortuna

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