

Radio Libertà. Dalla radio della Resistenza alla resistenza della radio
- Autore: Michele Anelli
- Genere: Musica
- Anno di pubblicazione: 2013
A un certo punto i dj delle radio si misero a parlare inglese, a trasmettere qualsiasi cosa suonasse inglese, comprese le più improbabili (sempre più Duran Duran e sempre meno Pink Floyd): fu l’inizio della fine, la fine delle radio libere - “ma libere veramente”, come cantava Finardi -, del movimento giovanile, delle canzoni con dentro qualcosa da dire, con loro. Il tempo mercificato del bla bla e dei singoli-pilota-usa-e-getta si inaugura, come molto del peggio in circolazione, all’alba degli anni Ottanta. L’alba dei morti viventi che viene fuori dalle strisce del primo numero di Dylan Dog e deflagra, pur se tra mille sbrilluccichii, per la penisola fintamente/perdutamente “in tiro”.
Si intitola “Radio libertà. Dalla radio della Resistenza alla resistenza della radio” (Vololibero, 2013) il saggio che Michele Anelli dedica a genesi-sviluppo-sopravvivenza delle radio come mezzo di comunicazione pregnante e mai titolo è suonato più opportuno. Si parte da lontano, dai fuochi della guerra del novecentoquarantaquattro, da quando sulle note di “Fischia il vento”, l’emittente partigiana “Radio Libertà” diventa simbolo di lotta di liberazione. Si va avanti col tempo e nel tempo, con le epigoni della controinformazione e della musica ribelle anni Settanta, i loro nomi sono altrettante leggende: Radio Alice, Radio Onda Rossa, Radio Aut (quella di Peppino Impastato), Radio Popolare, sacche resistenziali contro l’informazione ingessata/omologata - tra una canzone di Lolli e una di De Andrè, Springsteen, Finardi, Dylan, i Clash -, insofferente ai diktat del marketing: notizie, canzoni e consapevolezza al prezzo di uno, ancora un volta, una volta di più, sotto la bandiera della libertà (la sola degna di garrire davvero).
Intercettando le esperienze locali di Radio Libertà (Piemonte) e quelle nazionali delle emittenti ancora libere (malgrado tutto), Anelli ci propone dunque il suo “romanzo popolare” sull’Italia “che resiste”, pretesto per un discorso sull’affrancamento dal valore quasi pedagogico, che non la mena, però, con pistolotti e sermoncini vari. Quella di Anelli è, infatti, una ricostruzione storica meticolosa ma non noiosa (passa da aneddoti, citazioni, interviste), irrobustita da Musica e Parole con tanto di maiuscole: le stesse che suonano ancora sulle frequenze di certe radio.
I miei detrattori dicono che ce l’ho con la musica straniera, ma si sbagliano: non sopporto piuttosto la paccottiglia pop anglo-americana che ci viene ammannita per musica, oggi come oggi. Voglio chiudere, alla faccia loro, con una citazione di Woody Goothrie, mutuata da questo libro di Michele Anelli:
“Non si possono cantare canzoni che non protestano, non gridano, non lottano”.
Potrebbe valere anche per le emittenti radiofoniche: se le parole sono pietre, quelle delle canzoni possono esserlo di più.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Radio Libertà. Dalla radio della Resistenza alla resistenza della radio
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