

Racconti di un povero diavolo
- Autore: Matt Bellino
- Genere: Horror e Gotico
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
Una bella copertina a tinte calde mostra un sentiero attrezzato e pulito verso una spiaggia. Il mare e il cielo sembrano meno sereni della terraferma, c’è più di una nuvola, come dopo un temporale. L’acqua è verdastra, poco invitante, ma nell’insieme l’immagine è amabile. Piace anche il romanzo, per quanto possa risultare strano, tanto strano questo collage narrativo senza essere un’antologia, Racconti di un povero diavolo, titolo d’esordio per un padovano di belle speranze, Matt Bellino, pubblicato da SBS Edizioni (Roma, ottobre 2024, collana Raccontando, 344 pagine).
Non ci si è soffermati a caso sulla copertina, ricavata da una foto elaborata dallo stesso autore. Di sicuro a Matt (nomen omen?) garba tanto il famolo strano, fuori registro. Non una ma due, le note biografiche a stretto giro di pagine. In quella succinta in quarta del volume, si presenta nato a Padova nel 1982. Aggiunge di vivere “tra alti e bassi” nella città del Santo, dopo avere collezionato corsi di laurea mai finiti. Si dedica a un lavoro manuale e alle sue passioni: cinema, libri e pensieri (troppi). Dicendosi finalmente pronto a presentare il suo primo romanzo, rimanda alla biografia completa all’interno, in appendice, dove risulta: Matteo Bellino, nato a Padova nel 1982 (poteva mai essere diverso?), dove tutt’ora vive con alterne fortune. Dopo avere ottenuto un diploma di maturità classica, ha provato vari corsi di laurea senza mai trovare un valido motivo per completarli. Al momento, si guadagna da vivere con un lavoro manuale, pensa molto (forse troppo) alle storie che ha in testa e le annota ancora con la penna su carta. Coltiva quando può le sue passioni: il cinema e la letteratura. Autori preferiti Salman Rushdie, Haruki Murakami, Fernando Pessoa, ma non disdegna altri generi, compresi l’horror e il fantasy. Si ritiene un autore incostante e insicuro, troppo innamorato di quello che scrive per azzardare un giudizio oggettivo. Nonostante questo, è fiero di presentare il romanzo d’esordio.
Non è una presentazione biografica da poco e va detto che la vita di Matt somiglia tanto a quello che scrive o quello che scrive somiglia tanto alla sua vita, soprattutto i percorsi di laurea intrapresi senza mai uscire dal tunnel. A ben vedere, in fondo, restare nel tunnel è quello che fa Andrea, il viaggiatore che s’incontra per primissimo (ma il protagonista è Marco, poi capirete) sulla banchina del sesto binario di una stazione ovattata da una nebbia antipatica, fredda, scostante (anche questo lo sapremo solo col senno di poi). È vestito con più o meno accortezza, più o meno trascuratezza, ben sbarbato, con tanto di Borsalino in testa e biglietto tra le dita della mano destra, mentre la sinistra governa una valigia.
Da aspirante passeggero del treno in transito, ha tutto di un uomo normale, che conduce una vita controllata e sedentaria. Fa pure tutto ciò che si fa in attesa di un convoglio, in una stazione ferroviaria: guarda insistentemente l’orologio, provocando un’osservazione inattesa, da un’ombra che si presenta davanti a lui o alle sue spalle, fa lo stesso. Lo avverte che non è il caso di avere fretta, perché non c’è fretta in quel non luogo e non tempo. Ansia e impazienza appartengono all’altra vita, ma cosa ci volete fare, è la forza dell’abitudine, che al momento stride col tran tran emotivamente asettico dei viaggi “dall’altra parte”. Perché Andrea è morto da tre giorni. Il suo corpo è già stato cremato, afferma senza provare il minimo turbamento. La sua anima è in attesa di salire sul treno, nella propria transizione graduale.
Il distacco dalla vita avviene in modo assolutamente personale, spesso è “potente, destabilizzante”, ma sempre affrontato in maniera soggettiva. Ognuno si figura alla propria maniera la fase lunga del trapasso e del futuro incorporeo. Così è nel romanzo, se vi pare.
C’è poco da capire nelle pagine di Matt, solo leggere e prendere atto. Del resto, è proprio quello che spiega un altro passeggero, con tono cordiale ma con un atteggiamento che favorisce una certa confusione. Entra goffamente, creando scompiglio, nello scompartimento dove ha trovato posto Andrea, occupato soltanto da una giovane donna, immobile, seduta compostamente, con lo sguardo rivolto verso il finestrino. La figura femminile è ferma, indifferente perfino allo scompiglio provocato dal nuovo entrato e terzo occupante, impacciato e a mal partito con una valigia molto pesante, che non riesce in alcun modo a sollevare. Si presenta, è un accompagnatore di anime, si chiama Bernardo, anche Alvaro. Sostiene di trovarsi a “essere tante persone in un corpo solo”, per un capriccio del destino. Chiede ad Andrea se abbia incontrato la Morte, “lo chaperon della sua dipartita”. Se gli abbia parlato. Sicché, quell’ombra tutto sommato rassicurante che negava l’importanza del fattore tempo era la Morte. Quante cose s’imparano da quest’altra parte. Anche poi a rimettere in ordine quello che “prima” non si è avuto la lucidità di fare bene o si è del tutto mancato di fare.
Questo è il biglietto da visita del romanzo a racconti. Più che un prologo, è un dépliant del contenuto. Va bene, si parla di trapasso, ma mica c’è da piangere in questa narrazione a fasi staccate, in cui Matt Bellino accompagna a riflettere su tante cose che accadono o possono accadere in vita, altro che dopo la morte. C’è ironia, non manca qualche considerazione profonda, si manifesta anche del brio in queste pagine, se non ci si lascia fuorviare dal disorientamento della transizione, molto meno cupa, però, di quanto immaginabile. C’è d’aggiungere che i personaggi di Matt sembrano tanto ordinari nella loro eccezionalità da poter essere gente vicina a noi, familiari, conoscenti o anche solo passanti, persone comuni che s’incontrano per strada. In molti dei loro caratteri, alla fine ci si può specchiare... piaccia o meno.

Racconti di un povero diavolo
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