

Quando ci è capitato di parlare con una persona di buona cultura, con qualcuno che ha studiato le lingue classiche, potremmo esserci trovati di fronte all’espressione latina Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?
Si tratta di un modo di dire che ha un significato ben preciso, per comprendere il quale è opportuno ricordare chi ha detto per primo questa frase e in quale contesto l’ha utilizzata.
Ciò sarà utile non solo per soddisfare la nostra curiosità ma anche per capire che cosa vogliano dirci le persone quando usano locuzioni simili, come il semplice Quousque tandem o il più ridotto Quousque tandem patientia nostra che non sono altro che varianti della nostra frase.
Significato dell’espressione Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?
Se letteralmente tradotta, la frase Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? suonerebbe in italiano come:
“Fino a che punto abuserai, o Catilina, della nostra pazienza?”
È il celebre attacco improvvisato (incipit ex abrupto) con il quale Cicerone apre la prima Catilinaria, un’orazione pronunciata nel novembre del 63 a.C. di fronte al senato romano, riunito in una seduta straordinaria nel tempio di Giove Statore, e alla presenza dello stesso Catilina.
Approfondiremo più avanti il contesto storico di questo evento, per ora basti dire che Catilina e i suoi seguaci, pochi giorni prima, avevano ordito la famosa congiura nella quale Cicerone, allora console, avrebbe dovuto trovare la morte. Cicerone, informato delle intenzioni dei facinorosi, convoca allora il senato proprio per smascherare le loro trame e per mettere Catilina sotto scacco.
Quest’ultimo, che incarnava le istanze delle classi più povere e ambiva a diventare console, era stato fino ad allora tollerato, di fronte a un evento tanto grave, però, anche il moderato Cicerone sente l’esigenza di sferrare un attacco, oratorio ma anche politico, di estrema durezza, che metta definitivamente fuori gioco l’avversario.
Ciò perché, appunto, Catilina ha abusato della pazienza del senato e dei consoli, è andato oltre ogni limite tollerabile nella battaglia politica, con un’azione che, se effettivamente realizzata, avrebbe messo a rischio la tenuta dell’ordinamento repubblicano.
Come si usa oggi l’espressione Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?
Se, dunque, al giorno d’oggi ci troviamo davanti alle espressioni Quousque tandem? o Quousque tandem, patientia nostra?, non si tratta, in genere, di una citazione colta che chiama in causa un’antica congiura o le trame destabilizzatrici di un rivoltoso, quanto piuttosto di un modo di dire che, ricorrendo a uno stile ricercato e alla lingua latina, indica la sfrontatezza e l’eccesso di qualcuno che non ha saputo rispettare dei limiti, che non ha praticato il giusto contegno in una determinata situazione o nel suo modo di fare abituale.
Può trattarsi di una frase usata in tono canzonatorio, da un insegnante che vuole far capire ai propri studenti che stanno disturbando una lezione oltre il dovuto, oppure di un modo sottile per indicare a qualcuno che il suo è un atteggiamento eccessivamente polemico, e che, pertanto, sta mettendo a dura prova la sopportazione e la tolleranza degli interlocutori.
Chiaramente si tratta di una frase celebre del linguaggio politico, che proprio in quel contesto trova la sua origine e che, quindi, potrebbe essere frequentemente utilizzata nel confronto parlamentare o nel circo mediatico che ne consegue.
Se, ad esempio, un imprenditore straniero che ha ottenuto grandi successi nei settori dell’aerospaziale e delle auto elettriche affermasse che i giudici di un altro stato dovrebbero essere cacciati, un politico potrebbe, opportunamente, rivolgersi a lui con la nostra fatidica domanda, perché, evidentemente, il primo è andato oltre ogni sua prerogativa, si è sentito autorizzato a fare affermazioni che, nonostante i suoi grandi numeri, non aveva alcun diritto di esternare.
Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? e le sue abbreviazioni sono, quindi, frasi che possono essere efficacemente utilizzate con chi pratica uno stile di vita eccessivo, con chi ama aprire la bocca a sproposito, con chi mette al primo posto le sue esigenze trascurando quelle altrui, con i logorroici, con le persone piene di sé, con gli arroganti e gli strafottenti che hanno scarsa o nulla percezione del contesto in cui si muovono. Ovviamente, prima bisogna essere sicuri che l’interlocutore capisca almeno un po’ il latino.
Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra: chi l’ha detto?
Abbiamo già chiarito che la paternità dell’espressione va attribuita a Cicerone che pronunciò questa frase di fronte al senato romano e allo stesso Catilina. Sallustio che ne La congiura di Catilina dà conto dello stesso evento, riporta una frase lievemente diversa ma conferma sostanzialmente le parole pronunciate da Cicerone, come poi faranno, nei loro resoconti, anche Tito Livio e Quintiliano.
Per contestualizzare meglio la frase è opportuno ricordare che Cicerone era un avvocato proveniente dal ceto equestre (i cavalieri) che percorse tutto il cursus honorum fino a diventare senatore. La sua moderazione gli permise di ottenere l’appoggio della nobiltà e di realizzare, anche se per breve tempo, quel progetto politico che avrebbe dovuto coalizzare le classi più abbienti (i cavalieri e la nobiltà, appunto), al fine di evitare il declino, inevitabile, del regime repubblicano.
I ceti più umili di Roma e delle province romane, di contro trovarono un ambiguo rappresentante proprio in Catilina, un nobile decaduto che concorreva con Cicerone per la carica di console.
Le quattro orazioni che vanno sotto il nome di Catilinarie vennero pronunciate nel 63 a. C., quando Cicerone era console, per questo confluiscono nel più vasto gruppo delle cosiddette orazioni consolari. Con esse Cicerone rivelò al senato le trame sovversive di Catilina e giustificò la sua decisione di giustiziare i suoi sodali per direttissima, senza processo.
La prima Catilinaria, della quale Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? costituisce l’inicipit, è l’orazione che brilla maggiormente dal punto di vista stilistico: il nostro modo di dire è sconvolgente perché stravolge le regole classiche della retorica. L’avvio di un’orazione dovrebbe connotarsi per dei toni pacati e dimessi, il discorso dovrebbe rivolgersi ai destinatari dell’orazione, eventualmente con una captatio benevolentiae che ne attragga l’attenzione e susciti il loro favore, qui, invece, Cicerone si rivolge direttamente a Catilina, che lo sta ascolta, con toni che fin dall’inizio sono veementi e minacciosi, il susseguirsi di domande, poi, rende il discorso ricco di pathos, realizza un ritmo incalzante e un crescendo emotivo che culmina nella perorazione finale. Un ultimo aspetto interessante di quest’opera è l’uso di una figura retorica che Cicerone non aveva mai impiegato prima: egli introduce una prosopopea della Patria che viene immaginata nell’atto di rivolgere a Catilina parole di severo biasimo. In tal modo Cicerone da un lato identifica sé stesso con la Patria stessa, dall’altro impastoia Catilina nel ruolo di oppositore e di attentatore di Roma stessa.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?”: significato e chi l’ha detto
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Ottima spiegazione, sia dal punto di vista storico che rapportato al nostro tempo.