Chi ha avuto la fortuna di studiare latino a scuola avrà sentito almeno una volta la celebre espressione latina historia magistra vitae: scopriamo insieme la sua origine e il suo significato.
L’espressione historia magistra vitae è estrapolata da una frase contenuta nel trattato Sull’oratore di Cicerone e significa letteralmente “la storia è maestra di vita”.
Oltre alla traduzione letterale sarà interessante chiederci perché Cicerone abbia espresso questa posizione, che cosa pensasse sulla storia e quali sono le concezioni filosofiche sottese a questo motto.
Historia magistra vitae: cosa significa?
Come già chiarito, la traduzione letterale dell’espressione latina historia magistra vitae è “la storia è maestra di vita”. La locuzione offre una definizione del termine storia, per questo sarà opportuno chiarirne, innanzitutto, l’etimologia: questa parola deriva dal greco ἱστορία, da cui poi il latino historia, da intendersi come indagine, ricerca, conoscenza; in greco, infatti, ἴστωρ (istor) è colui che sa ed entrambi i vocaboli derivano dalla radice οἶδα «sapere», di origine indoeuropea.
La storia, potremmo dire semplificando, è dunque la disciplina che si occupa di accertare, prima di tutto, la realtà e la verità di certi fatti, chiarendone poi le cause e gli effetti.
Inoltre, definire la storia come maestra di vita significa anche affermare, più o meno implicitamente, che dal passato si possono e si devono trarre degli insegnamenti per il futuro. Ciò può valere per la storia collettiva dove il passato è studiato anche per rintracciare analogie con il presente e, quindi, per evitare che si eventi già accaduti possano ripresentarsi. Non è un caso che in qualsiasi talk show televisivo quando si parla delle attuali guerre in Ucraina e in Israele, i commentatori di qualsiasi opinione e partito non tardino a richiamare fatti precedenti per dare un significato e una chiave di lettura di quel che sta accadendo ora.
Che la storia sia maestra, e quindi ci offra insegnamenti per la nostra vita, è un assunto che poi può valere anche per la storia individuale, senza scomodare la coazione a ripetere di Freud spesso ci rendiamo conto che facciamo sempre gli stessi errori, che mettiamo in atto sempre gli stessi comportamenti: è come se non potessimo fare a meno di farlo e raramente impariamo davvero da quel che abbiamo già vissuto prima, anche se dovremmo. Questo semplicemente perché cambiare è la cosa più difficile del mondo.
Cicerone e l’origine dell’espressione historia magistra vitae
Ritroviamo l’espressione historia magistra vitae nel De oratore (II, 9, 36) di Cicerone dove il grande uomo politico e retore romano afferma:
“Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis”
Ossia:
"la storia è veramente il testimone dei tempi, luce della verità, memoria rediviva, maestra di vita, messaggera dell’antichità"
In questo trattato di retorica scritto tra il 55 e il 54 a.C., nella forma del dialogo platonico,
Cicerone indaga gli elementi fondamentali di un’orazione efficace, distinguendo tra:
- inventio (invenzione dell’orazione);
- dispositio (disposizione delle argomentazioni in un preciso ordine);
- elocutio (lo stile e la scelta del linguaggio, quindi delle parole);
- memoria (l’abilità nel ricordare gli argomenti e la loro successione);
- actio (la capacità di pronunciare in pubblico l’orazione, in modo convincente e persuasivo).
Nei tre libri che compongono l’opera, ambientata pochi anni prima, nel 91 a.C., nella villa di Licinio Crasso, nei pressi di Tuscolo (antica città dell’area dei castelli romani), differenti personaggi esprimono le loro posizioni sull’arte oratoria e chiariscono quali sono gli elementi da curare maggiormente affinché un’orazione risulti vincente.
Le due posizioni che però si contrappongono, e si distinguono in modo più netto, nell’opera sono quelle di Antonio e di Crasso: mentre il primo è convinto che siano soprattutto l’inventio, la dispositio e la memoria, ossia gli aspetti esteriori a decidere dell’efficacia di un’orazione, Licinio Crasso, che incarna la posizione di Cicerone, crede che tutti gli aspetti di quest’arte vadano studiati e tenuti in considerazione per formulare un discorso convincente. Oltre alla scelta degli argomenti, al loro ordine e alla necessità di ricordarli facilmente per Crasso è essenziale il modo in cui l’orazione viene pronunciata in pubblico e le parole che si impiegano: uno stile scarno e improvvisato sarebbe, a suo modo di vedere, un chiaro segnale della mediocrità dell’oratore.
Al di là della tematica dell’opera, l’espressione historia magistra vitae, che compare nel secondo libro, sottolinea la fondamentale importanza della storia: una disciplina che ci permettere di cogliere la verità sul passato (lux veritatis), che può offrire argomenti molto validi all’oratore, impegnato nell’invenzione di un discorso, ma anch’essa arte oratoria che, però, deve limitare i suoi argomenti a ciò che è davvero accaduto.
Il significato della storia e la sua funzione nel mondo classico
Limitandoci all’antichità, Cicerone non è certo il primo autore che si interroga sul significato e sul valore della storia.
Per Erodoto, primo grande storico dell’umanità e autore della Storia delle guerre persiane, la storia doveva servire a non dimenticare le grandi gesta del passato ma anche a comprendere i motivi per i quali quegli eventi erano accaduti. L’altro grande storico greco, Tucidide, autore de La guerra del Peloponneso, propone una visione più vicina a quella di Cicerone: per lui la storia deve ricercare la verità, a differenza di quanto fanno i poeti e i narratori di vicende passate ma anche mitiche (i cosiddetti logografi).
Come testimonia la posizione di Cicerone, il mondo romano riprende almeno parzialmente la visione di Tucidide seppur con una maggiore attenzione alle scelte umane, alla condotta etica e alle azioni politiche. La storia, infatti, non deve solo far emergere la verità riguardo al passato ma ha anche una funzione pedagogica.
Tutto il mondo antico condivide una visione del tempo ciclica, dove gli eventi storici, proprio come le stagioni nel mondo naturale, si ripresentano sempre uguali a sé stessi, in una serie infinita di corsi e ricorsi storici. Se questo è vero, la storia va studiata e ha una sua utilità perché si integra profondamente con l’azione politica: solo la conoscenza degli accadimenti del passato può permettere di pianificare in modo efficace le scelte future e orientarle verso il meglio.
Posizioni simili si ritrovano anche in Tacito, l’ultimo grande esponente della storiografia romana. Maestro della brevitas, egli è convinto, come molti altri storici precedenti, che la storia sia opus oratorium maxime, quindi un genere letterario con precise regole, che però deve concentrarsi solo sui fatti realmente accaduti. Per questo Tacito analizza costantemente le fonti e si interroga sulle cause che hanno determinato gli accadimenti studiati: come Cicerone egli vuole far emergere la verità su fatti reali, la sua principale preoccupazione è garantire l’obiettività.
Nel significato dell’espressione historia magistra vitae, in definitiva, ritroviamo molti elementi interessanti per comprendere qual è la funzione e l’utilità della storia non solo per chi ha detto questa frase per primo ma anche per gran parte del mondo classico.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Historia magistra vitae: significato, chi l’ha detto e origine dell’espressione latina
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