Quando parla Gaber
- Autore: Guido Harari
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Chiarelettere
- Anno di pubblicazione: 2011
L’Italia e gli italiani secondo Giorgio Gaber. Trent’anni di pensieri, parole, provocazioni del "filosofo ignorante" raccolte in un volume di Guido Harari per Chiarelettere.
Per dirla in parole povere: Gaber non amava i giornalisti (“cannibali, necrofili, deamicisiani e astuti / e si direbbe proprio compiaciuti / Voi vi buttate sul disastro umano / col gusto della lacrima in primo piano", li apostrofa in "Io se fossi Dio”). Quello che ha avuto da dire – sull’uomo, sul mondo, e persino sui massimi sistemi – lo ha detto attraverso i monologhi e le strofe del teatro-canzone, lo ha cantato/recitato, cioè, sulla scena, in maniera lucidissima, anticonvenzionale, spiazzante, coraggiosa. “Quando parla Gaber” (Chiarelettere, 2011), sistematizzazione di pensieri e parole gaberiane curata da Guido Harari, è quindi il frutto di fonti disparate (non solo interviste a mezzo stampa ma anche estrapolazioni dagli spettacoli), utili a restituire il quadro a tutto tondo di un maitre à penser del nostro tempo. E non vi suoni come definizione impegnativa. Giusto qualche assaggio delle riflessioni controcorrente che troverete nel volume, a beneficio dei più diffidenti:
“Della famiglia mi spaventa la rappresentazione di una routine felice (…) La famiglia intesa come ripetizione di gesti, come quotidianità non vissuta ma subita, va combattuta. E’ la realtà dei detersivi, delle convenzioni totali, delle pantofole”.
E ancora:
“Il livello di coscienza è basso, bassissimo. Il mercato detta tempi, ritmi, cose (…) Non so più se la democrazia sia un’allegra forma di idiozia”.
Basta come antipasto della vena caustica del Nostro? Della sua propedeutica disalienata, nonostante tutto? Del suo spessore speculativo, divergente & dirompente? In trent’anni e qualcosa di teatro-canzone Gaber ha illustrato come nessuno il declino – prima –, quindi il collasso della civiltà. Lo ha fatto in alternanza di toni e stile, lacrime e sorrisi, pietas e spirito di invettiva. Con l’ostinazione di un Diogene sempre e comunque alla ricerca di senso ontologico. Il sottotitolo del libro suona di per sé come dichiarazione di intenti: “Pensieri e provocazioni per l’Italia di oggi”,
recita. Mantenendo le promesse, alla faccia di crede ancora siano, in fondo, solo canzonette.
Quando parla Gaber
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