Piccola antologia in lingua italiana
- Autore: Raffaello Baldini
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2018
Raffaello Baldini (1924-2005) è stato un ottimo e fecondo poeta; ha pubblicato diverse raccolte di versi, quasi esclusivamente in romagnolo, e alcuni monologhi teatrali.
La casa editrice marchigiana Quodlibet gli ha dedicato una "Piccola antologia in lingua italiana", di testi che lui stesso aveva tradotto dal suo dialetto, auspicando così una maggiore fruibilità da parte del pubblico. Il volume, curato da Ermanno Cavazzoni e Daniele Benati, è corredato da un intervento critico di quest’ultimo, e da un’intervista inedita del 3 ottobre 2000.
Proprio partendo dall’intervista, possiamo delineare gli snodi fondamentali della vita e della produzione letteraria di Baldini, iniziata tardivamente, verso i cinquant’anni, e dopo il trasferimento a Milano come redattore della rivista Panorama. Quindi, gli studi filosofici, l‘amicizia con Tonino Guerra, il rapporto intenso con Santarcangelo di Romagna (l’ambiente naturale, gli amici, il bar) e con il dialetto: "Dalle mie parti ci sono ancora cose, paesaggi, persone, storie, che succedono in dialetto. Raccontarle in italiano vorrebbe dire tradurle", cioè perdere spontaneità, perché in termini militareschi:
l’italiano è sull’attenti e il dialetto nella posizione di riposo, in italiano sei in servizio, in dialetto sei in libera uscita.
Certi modi di dire dialettali perdono vigore e spirito se tradotti in italiano, ma la versione nella lingua nazionale è comunque inevitabile se si vuole essere compresi da tutti: e allora deve mantenersi fedele, essere un calco della scrittura originale. Daniele Benati sottolinea due fondamentali caratteri della poesia di Baldini, il suo servirsi di una voce monologante (per lo più, un personaggio solitario recriminante qualcosa: un’ingiustizia, una perdita, un tradimento), e l’attenzione all’immagine. “In questo mondo c’è il tempo di guardarsi dentro e c’è il tempo di guardare fuori”, chiosa il poeta.
Senz’altro l’uso che Baldini fa del dialetto ha un risvolto più emotivo che letterario, nel riscoprire il rapporto vissuto con le persone, di cui utilizza le espressioni quotidiane, gli intercalari ripetuti, le formule linguistiche che hanno un carattere tra il narrativo e il teatrale, e procedono per accumulo, quasi estemporaneamente:
gli impulsi improvvisi a parlare, i deragliamenti delle parole, e l’emozione della parole in cui si scaricano gli umori; allora c’è sempre qualcuno che parla a ruota libera, e perde il filo del discorso, poi lo ritrova, poi devia di nuovo ecc. Così alla fine si crea un impianto che è di tipo musicale, un gioco continuo di tema e variazioni
scrive Daniele Benati.
Ecco dunque alcuni di questi versi, che rendono coralmente il carattere di un paese, ritrovabile in molte delle nostre comunità locali, e che invece purtroppo va perdendosi nell’anonimato urbano, impersonale e conformista:
"Uno così schifiltoso non l’ho mai visto. / Tutto il giorno era dietro a lavarsi le mani. / Teneva il manico della tazza del caffè / verso l’alto, dritto al naso, / beveva dove non beveva nessuno”, “ma come si fa a non voler bene al mio Adriano, / con quegli occhi che non m’ha mai detto una bugia, / però mica addormentato, / le cose le capisce, fa dei discorsi / che non li faccio nemmeno io che sono suo padre”, “La Renata, quella sera. / Quattro balli di seguito, senza dire niente, le ho preso una mano / e mi è venuta dietro come una bambina”, “Orca, come si sente il treno, cambia il tempo. / Dev’essere un diretto, corre con una rabbia, / pare che insegua qualcuno. / Facesse davvero una burrasca, oggi è stato un caldo”.
Le macchiette del paese, l’abitudinario che non ama viaggiare, il semianalfabeta che non sa firmare una raccomandata, la maestra anziana che prova a fumare di nascosto, i rumori che si sovrappongono nell’aria (bestemmie, litigi, motori, latrati), il parroco stufo di confessare, il giocatore di ramino, rivivono in queste poesie, con le loro passioni, le invidie, gli amori che costituiscono la commedia e la tragedia del vivere.
Da Porta, a Belli, a Pascarella, a Trilussa, a Di Giacomo, per arrivare ai grandi poeti dialettali del ’900 (Noventa, Loi, Giotti, Bertolani, Buttitta…) fino proprio a Raffaello Baldini, è tutto un mondo colorato che parla, racconta, gesticola, si muove fuori dai binari stereotipati delle convenzioni letterarie, e ci regala atmosfere e sensazioni che rischiano ormai di dileguarsi, di illanguidirsi nell’indifferenza e nel livellamento sociale di oggi.
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